Scienza e divulgazione

mercoledì 26 Giugno, 2024

A Trentino2060 Massimo Polidoro racconta la meraviglia della scienza: «Ispirato dal rapporto con Piero Angela»

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Polidoro porta a Borgo la lotta alle fake news e le indicazioni del divulgatore: «Racconto la sua curiosità assoluta verso il mondo e ciò che abbiamo dentro»

Dall’immensità dello spazio all’incredibile complessità della nostra mente. Sono tanti i motivi per cui possiamo provare stupore e incanto di fronte a ciò che la scienza ci permette di capire un passo alla volta. Ed è proprio questo stupore l’oggetto del monologo di Massimo Polidoro che andrà in scena venerdì 28 giugno alle ore 20.45 in piazza Degasperi a Borgo Valsugana.
Un monologo – che si inserisce all’interno del Festival «Trentino 2060», organizzata dall’associazione Agorà – dal titolo evocativo: «La meraviglia del tutto».
Ma prima di parlare dell’evento introduciamo l’ospite d’eccezione: 55enne, giornalista, scrittore, divulgatore scientifico e blogger italiano, co-fondatore del Cicap, il comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. Fervido appassionato dei fenomeni paranormali – che ha cercato di smontare uno a uno –, può essere considerato uno dei massimi esperti della «psicologia dell’insolito», come Polidoro stesso definisce la materia.
Per 34 anni è stato amico intimo di Piero Angela. Amico al punto tale che Piero, prima di morire, ha chiesto a lui di scrivere il suo ultimo libro, dal titolo (e oggetto) omonimo a quello del monologo: «La meraviglia del tutto».
Massimo Polidoro, cominciamo da qui. Cosa vuol dire meravigliarsi di e del tutto?
«Questo è il titolo che alla fine abbiamo scelto per l’ultimo libro di Piero Angela, perché mi sembrava che rappresentasse bene la caratteristica più bella di Piero, cioè la sua curiosità assoluta per tutto quanto. Quando si inizia a guardare il mondo, la natura o anche quello che c’è dentro di noi, c’è veramente da stupirsi e da meravigliarsi».
Anche se ci sono passi in avanti, ancora oggi le materie umanistiche sono viste in antitesi con quelle scientifiche. Riprendendo il tema del festival di cui farà parte, «Basics. Riorientare il futuro», secondo lei per organizzare al meglio il futuro occorre modificare questa visione antitetica delle discipline?
«Sì. Sono materie che devono dialogare. Piero lo diceva sempre. Era molto dispiaciuto nel vedere un Paese come il nostro non riuscire a riconoscere la nostra tradizione scientifica e tecnologica straordinaria. Tantissime scoperte che ci hanno cambiato la vita, dal motore al telefono, vengono da italiani. Nel mondo in cui viviamo oggi, profondamente scientifico e tecnologico, la cultura umanistica, per quanto importantissima, non è sufficiente. Piero diceva che l’aveva molto colpito quando il presidente Obama aveva detto che gli Stati Uniti non sono un grande Paese perché hanno un grande esercito, ma perché hanno delle grandi Università. Loro investono tantissimo nella ricerca e nell’innovazione, perché sanno che è da lì che arriveranno i rendimenti più grandi. Non investire nella conoscenza vuol dire essere miopi».
Lei si è occupato moltissimo della «psicologia delle bufale»: pensiamo ai dubbi sull’atterraggio sulla luna, al «terrapiattismo» e ai negazionisti della pandemia. Cosa porta un uomo a negare la versione scientifica ufficiale delle cose?
«Ci sono vari meccanismi che entrano in gioco. Uno dei motivi per cui le persone si trovano a negare i fatti e l’evidenza è perché si sentono spaventate, in ansia di fronte a una verità che li spaventa, che li sconvolge e che li fa sentire impotenti. Un altro motivo che fa nascere questo sentimento di rifiuto è dato dalla difficoltà di farsi sentire. Tante persone si sentono prive di una voce, non si sentono rappresentate né riconosciute nei loro problemi, e quindi la loro reazione è quella di non accettare quelle che vedono come imposizioni, anche se i fatti sono fatti e dovrebbero essere uguali per tutti. Questo rifiuto le fa sentire in qualche modo contro il potere che cerca di importi verità. Quello che dice che la terra è piatta a casa sua viene guardato come un matto, mentre invece sul web trova altri come lui e si sente benvoluto, accolto. Si sentono speciali e quindi diventa poi difficile tornare indietro e ricredersi».
Un’altra tematica di cui si è occupato molto è quella dell’irrisolto e del mistero. Da dove proviene questa sua curiosità?
«Nasce da bambino, dalla passione che avevo per le tematiche misteriose, che mi nasceva dai film e dalle storie che leggevo. Ero molto appassionato. A un certo punto ho letto un libro di Piero Angela, “Viaggio nel mondo del paranormale”, che mi ha fatto scoprire un modo straordinario per affrontare questi argomenti».
Ed è da lì che è nata la vostra amicizia?
«Esattamente. Dopo aver letto quel suo libro gli ho scritto per ringraziarlo. Lui organizzò un incontro e ci conoscemmo. Siccome in quel momento veniva in Italia James Randi, il più grande indagatore di misteri del mondo, che era amico di Piero, ho avuto il piacere di conoscere anche lui e di starci assieme per due tre giorni. Ma in quelle giornate, a mia insaputa, Randi mi stava un po’ osservando e valutando su incarico di Piero Angela. Al termine delle giornate, infatti, Piero mi propose di andare negli Stati Uniti a studiare con Randi, diventando suo allievo e apprendista. Mi ha dato addirittura una borsa di studio per coprire tutti i costi che avrei avuto. Tutto questo di tasca sua, perché lui riteneva fosse importante investire nei giovani che potrebbero dare qualcosa alla società. Il mio fu un investimento, che penso e spero abbia un po’ fruttato bene. L’amicizia è poi proseguita per 34 anni con collaborazioni costanti, in tantissimi progetti, tra cui il Cicap e Super Quark».
Il 13 agosto saranno due anni che Piero Angela ci ha lasciati. Che ricordo ne conserva?
«È il ricordo di una persona assolutamente straordinaria e unica. È vero che ci sono anche altre persone e altri giornalisti che si sono occupati di scienza, ma lui è stato qualcosa di diverso e di più. Ha inventato un linguaggio, un modo di parlare della scienza, rendendola accessibile a tutti. Ha avuto la fortuna, la capacità, il talento di interessarsi di tante tematiche, quindi non solo della scienza tout court. Parlare con Piero voleva dire aprire finestre di continuo su argomenti in maniera sorprendente, in modo inaspettato, cosa che difficilmente capita con altri intellettuali e altri studiosi. Dal punto di vista personale, invece, conservo il ricordo di una persona allegra, sempre sorridente, profondamente umile e semplice. Faceva una vita veramente semplice con la sua famiglia, non aveva pretese di nessun tipo. Era felice di fare quello che faceva, non aveva e non desiderava alcun tipo di riconoscimento, anche se poi questi arrivavano di continuo. Ma non ha mai voluto fare altro se non quello che ha fatto per tutta la vita, cioè parlare di scienza a tutti».