Il personaggio
mercoledì 10 Maggio, 2023
di Federico Oselini
Un live teatrale, un libro e un disco in uscita in autunno. La mia casa è il nuovo concept artistico di Raf, che farà tappa a Trento il 21 maggio all’Auditorium Santa Chiara con un concerto in cui l’artista pugliese – tra i più apprezzati cantautori italiani e autore di brani cult come Self Control e Battito Animale – si presenterà al suo pubblico in una versione più «narrativa», senza però rinunciare ai suoi grandi successi e a quell’imprescindibile voglia di divertire. Oltre al tour iniziato a fine aprile, e che lo vedrà calcare i più prestigiosi teatri italiani, l’artista è approdato proprio in questi giorni in libreria con l’autobiografia nata grazie alla complicità drammaturgica di Cosimo Damiano Damato e che rappresenta «una macchina del tempo che mi riporta a Sud sulla strada di quel ragazzo che aveva grandi sogni da inseguire». Sogni di chi ha conquistato «la serenità dopo l’inquietudine, imbracciando l’ironia, ascoltando il cuore e le sue ragioni e combattendo le piccole meschinità quotidiane con sentimenti profondi».
Raf, tornerà a Trento con il live «La mia casa». Che concerto sarà?
«Questo live affonda le radici in un concept la cui idea nasce durante la pandemia, quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura di un film per raccontarmi come non lo avevo fatto mai, e da lì è nato poi il libro e un album che uscirà probabilmente in autunno: sarà un concerto “teatrale” in cui mi racconterò più del solito e in cui riprenderò il libro e spiegherò le canzoni senza annoiare (ride, ndr). La prima parte sarà dedicata a brani che parlano di storie e sentimenti che riguardano tutti noi e che toccano in modo leggero argomenti impegnati quali la questione ambientale, tema a cui da anni sono molto attento, con un pensiero rivolto alle generazioni future. La seconda parte vedrà invece uno scenario differente, con al centro aspetti fondamentali per la mia musica come il ritmo e il divertimento».
Il titolo può racchiudere moltissimi significati, ce lo spiega?
«La mia casa è, nel concetto più assoluto, il pianeta terra. Sono viaggi, strade, palcoscenici, musica, poesia e le persone che mi hanno accompagnato nel mio viaggio fino ad oggi. Ma sono anche tutti i posti dove ho vissuto, che mi hanno lasciato qualcosa e in cui quando ritorno mi sento a casa: dalla Puglia a Firenze, Londra, Milano e Roma, fino a Miami dove oggi riesco a isolarmi e a trovare una visione complessiva del mondo. Senza la presunzione di avere una verità in tasca, è un lavoro in cui mi pongo delle domande e cerco di trovare delle risposte, trasmettendo tutto questo con le canzoni».
Venendo alla sua autobiografia, la definisce una «macchina del tempo».
«Il racconto va dalla mia adolescenza fino ad arrivare agli sguardi sull’oggi e sul futuro, mai in ordine cronologico. Non è un’autobiografia classica ma un libro, con tanta poetica e citazioni, scritto quasi in maniera futurista con molta ritmica, colore e suoni onomatopeici. È tutto da scoprire e penso che possa essere una sorpresa per quelli che non mi conoscono bene, che potrebbero scoprire cose insospettabili».
Pino Daniele, Renato Zero e Franco Califano: grandi artisti a cui dedica pagine intense.
«Non voglio rovinare la sorpresa. Vi dico che Pino Daniele è stato uno dei miei miti da ragazzo ed è poi diventato mio vicino di casa e amico: conoscerlo personalmente, al di fuori della veste pubblica, è stato un privilegio di cui vado orgoglioso. Pensi che ci siamo trovati anche a incidere dischi nello stesso studio di registrazione. Renato Zero l’ho invece conosciuto quando mi sono trasferito a Roma ed è iniziata una bellissima amicizia che dura tutt’ora. Franco Califano lo conobbi in un ascensore a Saint Vincent, in un momento per lui difficile, e poi a Roma approfondimmo la nostra conoscenza: lui mi adorava e volli capire il motivo di questo apprezzamento, scoprendo un grande uomo e un artista con una dignità immensa».
Parlando di incontri, quello con Laura Pausini è alquanto curioso.
«La incrociai in uno studio a Castelfranco Emilia: lei era giovane e timidissima. Ascoltai un suo brano e accettai di partecipare alla registrazione, scoprendo poi che lei mi adorava, che veniva ai miei concerti e che aveva i miei poster in camera. Questa semplicità lei la ricorda ancora e oggi è quasi una sorellina per me».
Tra passato e presente: dai primi passi con il gruppo rock-punk Cafè Caracas al successo degli anni Ottanta ad oggi, si sente cambiato?
«Non sono cambiato molto: la curiosità mi ha sempre spinto a scelte musicali che ritenevo interessanti. Sono passato con semplicità dalla musica anticonformista e non commerciale alle ballate pop e questo è stato possibile perché ho trovato qualcosa di interessante in questo genere: non il successo e i soldi, a cui non ho mai pensato, ma un universo da scoprire che mi ha permesso di ritagliare la mia dimensione».
Un gioco di immaginazione: chiuda gli occhi e ripensi alla sua lunga carriera, quale fotogramma le appare?
«È una domanda difficile, appaiono diversi flash. Due su tutti: l’apertura del concerto dei Clash nel 1980, con quella band di ragazzini in Piazza Maggiore a Bologna e la vittoria del primo Festivalbar all’Arena di Verona».
A proposito di ricordi, non ci ha detto se quel film su di lei vedrà la luce.
«È in cantiere e la cosa non è da escludere: lo immagino con scene recitate che mettano in evidenza anche il mio umorismo non-sense, che mi viene naturale e che poche persone conoscono. Le dico una cosa, se non avessi fatto il cantante avrei voluto lavorare nel mondo del cinema, magari come sceneggiatore o regista».
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