ECONOMIA
domenica 12 Novembre, 2023
di Margherita Montanari
Il tessuto commerciale della città di Trento perde un altro pezzo di offerta. Celio, negozio della catena francese di abbigliamento maschile, dal 30 settembre abbassa le serrande definitivamente. Il punto vendita di via Oss Mazzurana aveva aperto nel capoluogo nel 2016, quando aveva chiuso lo storico negozio Vittorio De Lorenzi. Una cessazione che si aggiunge al continuo via vai di esercizi che interessa tutto il Trentino e che mette in allarme i sindacati. «Le chiusure sono sempre un campanello d’allarme di fronte al quale noi sindacati dobbiamo muoverci e la politica fare valutazioni che non restino in superficie. I temi sottesi sono il caro affitti e la scarsa valorizzazione delle realtà di vicinato rispetto ai grandi centri commerciali», commenta Lamberto Avanzo (Fisascat Cisl). Nel commercio quello delle cessazioni non è il solo fronte caldo. Al di là degli strascichi occupazionali che porta con sé ogni chiusura (da Celio lavoravano tre persone), i lavoratori del settore hanno il contratto collettivo nazionale scaduto da quattro anni. Le trattative con le parti datoriali sono già in corso, ma le parti sindacali chiedono passi avanti. Ragion per cui lavoratori e lavoratrici del commercio, ma anche di ristorazione, pubblici esercizi e servizi turistici, scenderanno in piazza il 22 dicembre nell’ambito dello sciopero nazionale convocato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.
Celio chiude
Il gruppo Celio vende moda prêt-à-porter maschile in 60 Paesi. In Italia la rete di 75 negozi si distribuisce in 35 città e dà lavoro a circa 400 dipendenti. Le serrande del punto vendita nel pieno centro di Trento, a otto anni dall’apertura, verranno però abbassate definitivamente il 30 novembre, come spiega un cartello esposto in vetrina. Nel negozio erano impiegati tre lavoratori e lavoratrici, al momento scesi ad una unità, che fino alla chiusura dovrà gestire la liquidazione delle merci, scontate del 50%. Una chiusura che mette in allarme e porta Stefano Picchetti, sindacalista di Uiltucs Trentino-Alto Adige, a chiedere maggior pianificazione del commercio e attenzione ai piccoli negozi. «Quando ci sono di mezzo le grandi catene, la realtà dei negozi è molto più instabile: aprono e chiudono con più facilità in poco tempo. Serve maggior attenzione», spiega.
Chiusure a catena
Nell’arco di un decennio, si sono persi 630 negozi in Trentino, riporta la Camera di commercio di Trento (Cciaa). L’analisi di medio periodo, dal 2010 ad oggi, restituisce un trend negativo del commercio al dettaglio in sede fissa, con un calo drastico dal 2015 in avanti. Un dato che si unisce a quello dei tanti locali sfitti: duplicati dal 2017 al 2022. La quota di immobili commerciali in locazione negli ultimi cinque anni è infatti aumentata del 118%.
Terziario in sciopero
Nel settore del commercio orbitano in Trentino tra le 28 mila e le 30 mila persone, in attesa dal 2019 del rinnovo del contratto nazionale collettivo, come tanti lavoratori e lavoratrici del terziario. Dopo quasi quattro anni Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs non vedono prospettive di rinnovo «degne di un personale che ha visto perdere potere d’acquisto a causa dell’inflazione», nota Avanzo. Motivo per cui i sindacati di categoria stanno organizzando uno sciopero per mobilitare tutti i lavoratori e le lavoratrici del terziario. Pubblici esercizi, ristorazione, commercio e turismo. In due momenti: prima la mobilitazione del 22 di novembre a Roma e poi lo sciopero generale il 22 dicembre. I sindacati respingono le richieste avanzate dalle parti datoriali, che «andrebbero a penalizzare la richiesta di permessi e la quattordicesima mensilità». Le richieste sindacali riguardano «incrementi salariali calcolati sulla base di quanto stabilito dagli accordi interconfederali siglati dalle parti e in linea con il calcolo dell’inflazione misurata con l’indice Ipca, al netto dei generi energetici importati», si legge nella nota che anticipa la mobilitazione. «La fidelizzazione dei lavoratori passa anche attraverso una valorizzazione degli stipendi – aggiunge Picchetti – Mentre molti altri settori hanno raggiunto questo traguardo, il terziario è ancora immobile. In vista del futuro, poi, ci preoccupano poi iniziative di negozi aperti senza personale».
Altri rinnovi attesi
Un altro ambito su cui si gioca il rinnovo contrattuale è quello delle cooperative del consumo. Circa 1.800 dipendenti delle Famiglie cooperative trentine sono interessati dalle trattative tra Federcoop e sindacati su due punti: l’accordo sugli arretrati e il nuovo integrativo. Sempre nel mondo della cooperazione di consumo, partirà a breve il confronto tra le parti sindacali e la Coop Alto Garda, con circa 150 lavoratori, dato che a fine anno scadrà il contratto aziendale. In scadenza sempre a dicembre il contratto del consorzio Sait, che copre più di 300 lavoratori e lavoratrici, e di Trento Sviluppo, società collegata al consorzio che conta un altro centinaio di collaboratori.