Il confronto
sabato 9 Settembre, 2023
di Simone Casciano
Nel giorno in cui Fugatti firma l’ordinanza di abbattimento di F36, l’orsa protagonista di due incontri ravvicinati nei boschi sopra Roncone tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, la gestione dei grandi carnivori è al centro del dibattito organizzato a Trento nell’ambito del festival Relazioni Inseparabili. Moderati da Diego Andreatta, direttore di Vita Trentina, hanno ragionato sul tema Giuseppe de Marzo, responsabile sociale di Libera, Diletta Bellotti, attivista digitale, e Andrea Mustoni, zoologo del parco Adamello-Brenta e tra gli ideatori del progetto Life Ursus.
Tempi di decisioni difficili
«In Trentino non stiamo decidendo le sorti dell’orso, ma le sorti del nostro rapporto con la natura». Con queste parole Mustoni ha concluso un intervento quasi a cuore aperto sul tema dell’orso, ma in generale della sua vita al servizio della natura. Lo zoologo non si è nascosto sul tema dei grandi carnivori, rendendo chiara la sua posizione. «Non mi piace il termine esemplari problematici, parlerei di orsi dannosi e orsi pericolosi. I primi credo che si possano sopportare, abbiamo la capacità di ripagare i danni. Gli esemplari pericolosi invece credo vadano rimossi. Io non faccio distinzione tra abbattimento e cattura perché per un orso nato libero è la stessa cosa. Dico infine che si tratta però di una decisione difficilissima e bisogna fare tutto il possibile per non doverla prendere». E per farlo secondo Mustoni bisogna gestire meglio la fauna in Trentino. «In questi anni non si è sempre lavorato bene. Io paragono sempre la gestione faunistica a fare un buon vino. Come non bastano i movimenti meccanici di raccolta e spremitura a fare un buon vino, così nella gestione faunistica bisogna mettere insieme tanti passaggi con precisione per riuscire a produrre un buon vino, ossia una buona presenza di grandi carnivori. Ho visto troppi errori negli ultimi 20 anni. Non possiamo dare la colpa solo alla politica in un rimbalzo di responsabilità tra decisori e tecnici. Questi errori ci portano a dover prendere ora decisioni difficili». Mustoni si dice pessimista della situazione. «Quando ho iniziato a occuparmi di natura 30 anni fa eravamo pieni di entusiasmo, abbiamo iniziato con la reintroduzione. Lo stambecco fu un successo. Oggi vedo distanza da questi temi, grande attenzione solo agli aspetti economici. Ma se non ci occupiamo dei grandi temi non possiamo costruire un futuro che sia bello e sostenibile».
La pelle dell’orso
«Sull’orso è stata fatta grande propaganda», dice Diletta Bellotti, attivista e giornalista, impegnata nei temi del caporalato, dell’ecologia e dello specismo. «L’attuale sistema ci ha incatenato nel collasso climatico e nella crisi economica e sociale – dice Bellotti – Dobbiamo cominciare a renderci contro del nostro privilegio di specie. La forza della teoria anti-specista è riconoscere che anche se noi abbiamo più forza, se abbiamo più potere, non significa per forza doverlo usare, non significa dovere per forza sottomettere». Sui diritti degli animali invita a prendere una posizione netta. «Mettiamoci in ascolto della natura, riconosciamoci come non più al centro di esso. È inutile avere posizioni blande su queste questioni perché non c’è tempo. E anche se ci fosse non sarebbe in accordo con la nostra fibra morale». Bellotti ha poi concluso denunciando la violenza presente nell’attuale sistema. «Il nostro è un sistema che relega e nasconde la violenza dove non si vede ma rimane e anzi è estremamente violento. Per esempio a Roma più i quartieri centrali diventavano di lusso più i macelli degli animali vengono spostati in periferia, ma averli lontani dagli occhi non significa che quella violenza non esiste. Dobbiamo denunciare la dissonanza cognitiva con cui le persone riescono a separare le sofferenze animali dalla carne che hanno nel piatto».
Dare alla Vita il diritto alla vita
Il primo a prendere la parola è stato Giuseppe de Marzo, responsabile sociale di Libera. «Parliamo di relazioni inseparabili. Papa Francesco durante la pandemia apparve in una piazza san Pietro vuota e disse “pensavamo di essere sani in un mondo malato”. Una frase che sembra restituire forza ad anni di battaglie in quelle zone del mondo che da sempre soffrono per il colonialismo, l’estrattivismo e la crisi climatica». Secondo de Marzo il Papa pone due questioni: «Fragilità e interdipendenza». Attraverso questa lente possiamo leggere anche l’attuale situazione di collasso climatico, continua de Marzo, che ci pone davanti a un sistema che non è riformabile perché ci ha tirato fuori dalla natura e non riconosce una verità: «La vita è fatta di vite interconnesse. Tutte le entità viventi sono collegate e assicurano la vita anche alla specie umana». In questo contesto «quando l’uomo assume un debito verso la natura estraendo per il suo benessere ogni anno più della capacità della terra di produrre e rigenerare in 365 giorni, succede che la crisi di sistema che viviamo è legata all’insostenibilità del nostro modello culturale e economico». Fondamentale allora un cambio di paradigma, una rivoluzione copernicana. «Abbandonare il punto di vista che pone l’uomo al centro e la terra a sua disposizione. Pensarci in relazione con gli esseri viventi e gli ecosistemi, accettando la verità che la cooperazione è la risposta vincente, l’unica a massimizzare il risultato. Queste sono le relazioni inseparabili da cui partire». Da qui si passa ai diritti della natura. «La precondizione per fare giustizia sociale è la giustizia ambientale. Garantire l’accesso alle risorse e alla terra allo spazio bio riproduttivo. Basta questo? No, il vero motore è quando si arriva a capire che la nostra cultura ha oggettivizzato ciò che ci sta intorno. Per farlo, per fare tornare la natura soggetto, bisogna dare ad essa titolarità giuridica”».
Il progetto
di Robert Tosin
Approvato il progetto esecutivo. I proprietari dei terreni hanno presentato le loro osservazioni contrarie all’opera, ma la Provincia tira dritto per contenere le esondazioni dell’Adige