Il caso
lunedì 30 Settembre, 2024
di Redazione
150mila euro a testa. Era questo quanto le associazioni animaliste Lav e Lndc chiedevano alla Provincia come danni per l’abbattimento di M90 lo scorso febbraio. Una richiesta però che il Tar di Trento ha deciso di respingere. Il danno quantificato dalle associazioni era così diviso: 100mila euro ciascuna per danno di immagine e ulteriori 50mila per il «danno da perdita di chance per i mancati introiti che sarebbero potuti derivare dalle donazioni a sostegno delle attività sociali in caso di esito favorevole dell’azione giudiziaria volta ad impedire in cautelare l’ingiustificata uccisione dell’esemplare».
Oggi su questa richiesta si è pronunciato il Tar di Trento.
«Appare incongrua la pretesa delle associazioni ricorrenti di attendere il verificarsi di un evento di ancora maggiore gravità prima di assumere la decisione di rimuovere l’orso». Così la presidente del Tar di Trento, Alessandra Farina, nella sentenza sulla richiesta (respinta) di risarcimento danni avanzata da due associazioni animaliste a causa dell’abbattimento dell’orso pericoloso M90 a inizio febbraio di quest’anno. «Accogliamo con soddisfazione l’esito di questa ennesima controversia che parte dalla contestazione di provvedimenti che puntano a garantire la sicurezza delle comunità montane e di tutte le persone che hanno il diritto di frequentare i boschi in sicurezza» sono le parole del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti e dell’assessore provinciale alle foreste con delega ai grandi carnivori, Roberto Failoni. Il Tar ha esaminato in via incidentale anche l’ipotesi prospettata dalle associazioni animaliste riguardo l’illegittimità costituzionale della legge provinciale n. 9 del 2018, dichiarandola totalmente infondata e ritenendo la piena legittimità costituzionale delle disposizioni provinciali in materia di gestione dei grandi carnivori.
Con la richiesta di risarcimento, i ricorrenti intendevano evidenziare l’illegittimità del decreto firmato dal presidente della Provincia. Le associazioni lamentavano peraltro come l’esecuzione del provvedimento abbia frustrato il raggiungimento del proprio scopo. Nella sentenza, la presidente Farina è chiara: «La domanda risarcitoria deve essere respinta perché la motivazione posta a fondamento del decreto risulta sufficiente a sorreggerne la legittimità in relazione alle censure proposte, e la legittimità del provvedimento esclude il presupposto dell’ingiustizia del danno che le associazioni ricorrenti deducono di aver subito».
Il Collegio ritiene corretto affermare che la rimozione di un esemplare di orso dall’ambiente naturale è possibile, purché sussista la duplice condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la rimozione non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, della specie. Nel caso di M90, la captivazione permanente dell’animale – si legge nella sentenza – non avrebbe garantito l’incolumità della popolazione e degli operatori, come dimostrato dall’Avvocatura della Provincia.
Il Tar evidenzia peraltro come vi sia un limite alla possibilità di affermare l’esistenza di un «principio animalista» da bilanciare con le esigenze di tutela della sicurezza pubblica e della vita delle persone, ricordando come M90 – già munito di radiocollare – ha inseguito le persone «nonostante fossero state in precedenza realizzate, senza sortire l’effetto sperato, venti azioni di dissuasione con cani, munizioni in gomma, dardi esplodenti, luci e rumori». E conclude: «Le valutazioni svolte dall’Amministrazione circa la pericolosità dell’esemplare, nel caso di specie siano prive di vizi logici».