Il caso
mercoledì 18 Settembre, 2024
di Donatello Baldo
Aumentano l’aggressività, la dipendenza da alcol e sostanze, aumentano le chiamate al 118 ma anche alle forze dell’ordine. E aumentano pure i Tso. Quello che emerge dai verbali delle riunioni del Tavolo Migranti problematici è un quadro drammatico della situazione dell’accoglienza in Trentino, che mette in luce le gravi criticità e che ammette la mancanza di risorse per poter gestire la situazione. Tavolo convocato la prima volta dal Dipartimento di Salute mentale dell’Azienda sanitaria nel luglio del 2023 e poi nel successivo settembre, presenti Provincia, Comune di Trento, Questura, Carabinieri e tutte le realtà del Terzo settore. Poi nessun’altra riunione, forse perché attorno a quel tavolo erano in troppi, e alla vigilia delle elezioni provinciali — insinua qualcuno dei presenti — «meglio non far uscire certe cose».
Aumentano le dipendenze
Dicevamo dei verbali, delle relazioni dei referenti delle varie realtà che ogni giorno si interfacciano con le persone migranti. Il Comune di Trento, per bocca del capo dell’Ufficio Inclusione sociale, solleva come criticità «le problematiche di disturbo mentale e di dipendenza che presentano molte persone richiedenti asilo, senza fissa dimora». Alle preoccupazioni dell’assistente sociale dell’amministrazione comunale del capoluogo si aggiunge quella del referente del Gris (Gruppo Immigrazione Salute), un medico: «Negli ultimi tempi è emersa una richiesta di Pregabalin (un farmaco antiepilettico e antidolorifico usato anche contro l’ansia generalizzata, ndr) ad alti dosaggi che è più facilmente la spia di un vissuto di tossicodipendenza piuttosto che di un dolore neuropatico o di un’epilessia». Tesi sostenuta anche dalla referente dell’Unità operativa Dipendenze dell’Azienda sanitaria quella dell’aumento delle dipendenze: «Viene registrato un incremento di migranti con problematiche alcol-correlate»
Aumenta la rabbia
Mattia Civico è il direttore del Punto d’Incontro, luogo simbolo dell’accoglienza trentina, approdo di molte delle persone migranti costrette a vivere ai margini. «C’è un aumento consistente di richieste rivolte ai Servizi di bassa soglia», le cui risposte sono però gestite «con spazi e con risorse invariate rispetto al passato». Il risultato? «Maggiori tensioni che a volte sfociano in agiti autolesivi o violenti, difficilmente gestibili in quel contesto». E pala di «impotenza degli operatori» che assistono «a rotture esistenziali durante il periodo di attesa», quello che intercorre tra l’arrivo sul territorio e la presa in carico nelle strutture, e quello trascorso alla Residenza Fersina, a volte anche più di due anni. «Periodo di attesa — osserva Civico — durante il quale è più facile che si verifichino alleanze potenzialmente devianti». Quindi l’uso di sostanze, l’avvicinamento alla microcriminalità, l’insorgere di disturbi psichiatrici. E il sentimento di impotenza è lamentato anche dalla Caritas Diocesana, che riporta della «problematica inerente alla gestione delle persone con disturbi mentali» che utilizzano i dormitori: «Gli operatori non si sentono supportati a sufficienza». Questo invece il disagio manifestato da Stefano Canestrini, del Centro Astalli, che mette in luce il problema della mancanza di posti letto per richiedenti asilo: «I numeri delle richieste sono aumentati. Questo spesso genera frustrazione tra gli operatori e sfiducia nei confronti dei Servizi da parte dei migranti».
Disagio psichiatrico
Anche il Servizio di salute mentale sottolinea le criticità che osserva quotidianamente: «I comportamenti dissociali dei migranti, spesso espressione di percorsi migratori falliti». I migranti, dunque, «presentano talvolta problemi di deficit intellettivo, di salute mentale, di abuso di sostanze». Servirebbe intervenire in modo appropriato: «Sarebbero utili le strutture socio-riabilitative, ma non ci sono fondi». I Servizi psichiatrici ammettono dunque di non poter intervenire per limiti di budget e di personale: «C’è una carenza di personale medico a un aumento delle richieste di intervento». E quindi la richiesta del responsabile di Trentino Emergenza di «prevedere un intervento sul territorio H24 dal parte del Servizio di Salute mentale» è impossibile «A causa della carenza delle risorse umane — spiegano infatti i Servizi psichiatrici — la possibilità di intervenire direttamente sul territorio è in certi momenti limitata, e questo implica delle ripercussioni sulla presa in carico dei pazienti». Ed è così, come spiega Trentino Emergenza, continueranno «chiamate per situazioni di natura non prettamente sanitaria» e «le frequenti richieste di utilizzo in modo coercitivo di farmaci o addirittura effettuazioni di Tso del tutto privi di presupposti». Con questo commento: «Queste opzioni (Tso e somministrazione coercitiva di farmaci, ndr) per orientamento etico e professionale devono essere considerate l’estrema ratio a cui ricorrere, sempre in favore della persona assistita, e non utilizzate per risolvere i problemi di chi interviene in situazioni sia pure complesse».
«Mancano i servizi»
La sintesi, paradossalmente, viene fatta dai referenti al tavolo del Dipartimento di Politiche sociali della Provincia: «La criticità riscontrata è ascrivibile all’alta complessità delle esperienze biografiche dei migranti e delle situazioni da loro vissute, alle quali non si riesce sempre a rispondere in maniera adeguata. La Legge 50 del maggio 2023 (il decreto Cutro, voluto fortissimamente dalla premier Giorgia Meloni, ndr) prevede inoltre un taglio di alcuni servizi, per esempio i corsi di italiano, il supporto psicologico, il supporto legale, che potrebbe incidere negativamente nella gestione dei percorsi migratori». Va però ricordato che prima del decreto Cutro, dello scorso anno, c’è stato il decreto Salvini del 2019, a cui si è aggrappato il governatore Fugatti per tagliare anche in Trentino tutti i servizi di integrazione.
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