migrazione e accoglienza
sabato 15 Aprile, 2023
di Simone Casciano
L’afflusso di migranti in Italia non accenna a diminuire, persone a cui si dovrà dare risposta e mentre il governo dichiara lo stato di emergenza i posti per l’accoglienza in Trentino sono già saturi. Settecento quelli previsti dall’accordo tra Provincia e Commissariato del governo e 700 le persone attualmente accolte, molti quelli rimasti fuori, anche centinaia. «Il sistema è saturo – dice Stefano Canestrini coordinatore del Centro Astalli – Quindi quando la Provincia dice “siamo pieni” tecnicamente ha ragione, ma la domanda è se si potrebbe fare di più e soprattutto se c’è il bisogno».
Almeno 1000 posti
La necessità sussiste, si parla spesso degli sbarchi, ma la verità è che molti più migranti stanno arrivando dalla rotta balcanica. Quella che arriva a Trieste passando da Serbia, Croazia e Slovenia e su cui spesso si mettono in viaggio richiedenti asilo che arrivano dal Pakistan e dall’Afghanistan. «In Trentino avremmo bisogno di almeno 1000 posti in totale – stima Stefano Canestrini – Non sono numeri detti a caso, ma basati sulla nostra osservazione del fenomeno. Il dato ovviamente è variabile, ma abbiamo notato che il numero di persone che hanno chiesto accoglienza in Trentino varia tra le 800 e le 1000». Numeri corroborati anche da quanto osservato da un’altra realtà che si occupa della bassa soglia in Trentino: il Punto d’Incontro. Il centro di via Travai, che si occupa di fornire i pasti, ha uno sguardo privilegiato sui senza fissa dimora e su quei migranti che, non riuscendo ad entrare nel sistema di accoglienza, rimangono per strada. «Noi nel 2021 avevamo una media di 109 pasti erogati al giorno – spiega il direttore Mattia Civico – Questo numero era già salito a 147 nel 2022 e nel primo trimestre di questo anno siamo già a 208 pasti di media al giorno, con un picco di 260. Da inizio anno abbiamo già distribuito più di 16.300 pasti». Un fenomeno che va gestito dicono gli operatori, che rifiutano però i termini emergenziali. «Questa non è un’emergenza – dice Stefano Canestrini – I numeri sono in tutto e per tutto simili a quelli del periodo 2017/2018. Sappiamo come governare il fenomeno, ma manca la volontà di farlo. Voglio specificare che politiche attive in questo senso sono a beneficio di tutti. Sia del migrante che trova accoglienza, sia dei cittadini che non si trovano di fronte a questo continuo sistema emergenziale con aperture improvvise e chiusure repentine che lasciano le persone per strada. I migranti hanno bisogno di diritti e le persone hanno diritto a politiche e programmazione». Proprio in questi giorni però è venuto a mancare uno strumento che aiutava a governare il fenomeno
Il domicilio fittizio
Quando un migrante fa domanda di asilo non dovrebbe essere richiesto un domicilio. La normativa prevede che la domanda sia fatta nel paese di arrivo, ma non importa dove. È diventata però usanza comune per le questure chiedere un domicilio nel comune in cui si fa domanda, questo per permettere alle procure di gestire le proprie richieste e non quelle altrui. «Si tratta di una declinazione onestamente illegittima – commenta Stefano Canestrini – Ma ormai è previsto che un migrante debba dimostrare di essere stanziato nel luogo in cui fa domanda, di essere domiciliato lì». Ma come si fa per quei migranti che non hanno un posto dove stare quando fanno domanda? La questura di Trento e il Cinformi, un anno fa, avevano trovato come soluzione quella di utilizzare l’indirizzo del Punto d’Incontro come domicilio fittizio per queste persone. Una soluzione che permetteva di mettere in sinergia più realtà dell’accoglienza. Una possibilità che però da dopo Pasqua è venuta meno. «Il perché di questa decisione non ci sono note – commenta Stefano Canestrini – Però è chiaro che questo può diventare un problema enorme. Dipende dalle scelte che farà la questura». Secondo alcune segnalazioni il problema è già pressante. Alcuni migranti si sono visti impossibilitati a presentare domanda di richiesta di asilo proprio perché non hanno un domicilio.
Il 30 aprile
Intanto si avvicina un’altra scadenza che desta preoccupazione. Il 30 aprile termina l’apertura invernale dei dormitori. Questo pone un interrogativo sul futuro dei 24 residenti delle Bellesini. Si tratta di richiedenti asilo che avrebbero diritto all’accoglienza, ma che erano sistemati lì in attesa di entrare nel sistema. Che succederà a fine mese? Dovranno tornare per strada? «Siamo al lavoro affinché queste persone possano essere accolte – conclude Canestrini – Mancano due settimane, vediamo cosa succede».