Lutto
domenica 26 Gennaio, 2025
di Alberto Folgheraiter
«Nel maggio del 1976 – io ero appena diciottenne – mio padre mi chiese di accompagnarlo in una sua inchiesta. Fu così che lo seguii in Friuli, appena stravolto dal terremoto. Non era la prima volta, era già successo nell’ inverno dello stesso anno, in occasione delle Olimpiadi invernali di Innsbruck. Se allora mi era parsa un’occasione per perdere qualche giorno di scuola, nel 1976 avrei dovuto fargli da spalla e documentare fotograficamente il dramma dei paesi friulani sconvolti dalla scossa del 6 maggio.”
Così Giuseppe Gorfer, architetto, morto ieri a 67 anni raccontava a chi scrive il papà Aldo Gorfer, giornalista e scrittore, scomparso nel 1996. La trasferta in Friuli, per Giuseppe Gorfer fu la scoperta di un territorio martoriato, certo, ma soprattutto la rivelazione di un padre che fino a quel momento aveva visto distante, poco partecipe alla vita familiare, impegnato altrove: col lavoro e con la testa. È ciò che accade a molti padri e a molti figli, finché i primi non invecchiano e i secondi non maturano. «Avevo appena superato l’esame della patente di guida per cui mi aveva pure fatto guidare l’auto mentre andavamo in Friuli».
Le automobili, in particolare quelle d’epoca, sono poi diventate una delle passioni di Giuseppe Gorfer al punto da portarlo alla presidenza della Scuderia Trentina Storica. Dopo il liceo scientifico “Galilei” a Trento, la laurea in architettura a Firenze. La sua tesi di laurea, con le immancabili notazioni del papà Aldo sugli “itinerari”, si era condensata in un volume dal titolo “La collina di Trento – Storia e territorio” (edita da Saturnia nel 1986). Con il papà Aldo, Giuseppe Gorfer aveva cofirmato pure un altro volume «La regione dell’Adige – elementi per una storia urbana del Comprensorio C5 della valle dell’Adige» (edizioni Arca). E con la stessa firma era uscita pure una «Guida della città di Trento» alla quale Giuseppe Gorfer aveva collaborato con grafica e grafici sugli e degli itinerari urbani.
Fino alla maturità, raccontava, aveva considerato il papà giornalista «un rompiscatole. Poi si cresce e capisci che su tante cose papà aveva ragione e, soprattutto, te ne rendi conto quando ti viene a mancare. Ogni titolo che pubblicava, regalava una copia, con dedica, a me e a mia sorella Elisabetta. Libro che mettevamo regolarmente da parte. Ho cominciato a leggere le sue pubblicazioni quando mi sono reso conto che, professionalmente, mi potevano servire».
Libero professionista, Giuseppe Gorfer era divenuto negli anni presidente dell’Ecomuseo dell’Argentario e della Rete degli Ecomusei del Trentino.
Rievocando la figura del papà, Aldo, e le sue imperdibili pubblicazioni, Giuseppe Gorfer ammetteva: «Lo studio dello sviluppo urbano – eravamo agli inizi degli anni Ottanta – mi aiutò a capire lo stretto rapporto tra comunità e territorio, tra economia e cultura, tra macro-storia e le vicende dei singoli. In una parola: il paesaggio. Le esperienze successive mi fecero capire come il paesaggio non si poteva spiegare e comprendere in maniera teorica, ma solo attraverso una completa immersione nel tessuto territoriale, appropriandosi di tutti i risvolti e le sfumature. Cosa che lui sapeva fare in maniera egregia, secondo un metodo e con uno spirito che ha cercato di trasmettermi».
Giuseppe Gorfer se ne è andato ieri mattina, nella villetta che suo papà aveva fabbricato negli anni Settanta sul dosso di Vigo, a Piné, accudito dalla moglie e dai due figli. Il funerale, a Baselga di Piné, martedì 28 gennaio alle 14.30.