Il lutto
giovedì 16 Marzo, 2023
di Francesca Dalri
Se n’è andata all’improvviso, lasciando tutti senza parole. Nel giro di un mese un tumore si è portato via il sorriso di Lorenza Spagnolli, figura storica del mondo del volontariato roveretano, nonché una delle anime della comunità di Santa Caterina. Una vita dedicata agli altri, a partire dal suo lavoro come assistente sociale. Aveva iniziato lavorando con i più piccoli: in una struttura in Bondone che all’epoca aiutava i figli di emigrati in Germania. Poi il lavoro in Comunità di valle, dove per anni ha seguito l’area adulti e in particolare i più anziani. Era andata in pensione da tre anni, nel 2020. «All’inizio è stato per lei un passaggio sofferto perché amava il suo lavoro – racconta Elisa, la figlia più grande –. Ma non se n’è stata certo con le mani in mano: si è data da fare per gli altri, come sempre. Ha dato tutta la sua vita per gli altri, con la sua gioia di vivere e l’ostinazione a vedere sempre il bello delle cose, nonostante il forte senso di ingiustizia che provava nei confronti degli ultimi».
Da sempre il volontariato è stato per lei una parte fondamentale. Nel 2006 è stata tra le fondatrici dell’associazione «Lucicate», nata per ricordare Caterina Brunelli e Lucia Tartarotti Armani. Tanti i viaggi in Romania dove l’associazione sostiene un progetto dedicato ai bambini che vivono nei tombini di Bucarest e la struttura per ragazzi «Casa Sperantei» a Campina, dove fino a poco prima del Covid Lucicate organizzava campi estivi animati dai ragazzi di Rovereto. «La notizia della sua scomparsa ha lasciato senza parole le suore della Romania – racconta Isabella, amica di Lorenza e volontaria di Lucicate –: l’avevano sentita al telefono proprio prima che si ricoverasse. Lei e “Beppe” (Giuseppe Piamarta, scomparso nel febbraio 2016, ndr) erano i nostri fari potenti: persone così piene di vita, punti di riferimento non solo per Lucicate ma per tutti quanti».
In queste ore a stringersi attorno alla famiglia di Lorenza è anche il Coordinamento accoglienza Vallagarina (Cav), una rete di associazioni nata qualche anno fa in risposta ai cosiddetti «decreti Salvini» sull’immigrazione. «Lorenza era una colonna portante – fa sapere il Cav –: ha sempre tenuto assieme tutti. Il suo impegno per un mondo migliore si è sentito fino all’ultimo. Quindici giorni fa, proprio prima del ricovero, ci ha inviato per messaggio i compiti da fare raccomandandoci di affrontare soprattutto il tema della sanità che, ci ha scritto, “nei prossimi anni causerà disuguaglianze che mi fanno piangere il cuore. Scendete in piazza e fatevi sentire”». «Fino a domenica – conferma la figlia – era occupata a stilare la lista delle cose da fare e a inviare messaggi. Non si capacitava della quantità di persone che le ha scritto negli ultimi giorni e alle quali non è riuscita a rispondere come avrebbe voluto».
Quando appena qualche settimana fa Lorenza ha comunicato che si sarebbe ritirata per un po’ dalle sue mille attività (la Caritas, il Cantiere famiglia, il Centro per la pace, il Tavolo di quartiere, il gruppo famiglie di Santa Caterina, solo per citarne alcune), tutti hanno pensato che si trattasse solo di una pausa. «Nessuno immaginava che la situazione potesse degenerare in questo modo e in così poco tempo», racconta la figlia. Lorenza si è spenta nel pomeriggio di martedì, dopo una quindicina di giorni trascorsi in ospedale, a un mese di distanza dalla diagnosi di un tumore estremamente aggressivo. Che ha spezzato i cuori del marito Flavio, dei figli Elisa e Stefano, di mamma Adriana, delle sorelle Maddalena e Chiara, di parenti e amici, e più in generale di tutta la comunità di Santa Caterina dove sabato alle 11.30 verranno celebrati i suoi funerali.
«In questo momento Lorenza non vorrebbe si parlasse di quello che ha dato, ma di quanto ha ricevuto – dice Emanuela, storica amica fin dai tempi delle medie –. I suoi genitori Adriana e Benito le hanno insegnato l’accoglienza e lei l’ha messa in pratica per tutta la vita con Flavio, per poi trasmetterla a Elisa e Stefano. Quante volte in questi anni la sua casa è stata accogliente nei momenti difficili. È sempre stata una persona attenta. Penso al Covid, quando lavoravo in farmacia e mi portava i pasti pronti. Ma penso anche ai tanti migranti che ha accolto per un pasto caldo o per sbrigare qualche carta. Sapeva stare con tutti e lo si è visto martedì sera quando dopo la notizia della sua scomparsa si è riempita la chiesa di Santa Caterina. C’erano tutti: dai trentenni di cui è stata più che una catechista, fino ai più anziani. Ha sempre voluto esserci per tutti, nelle belle e nelle brutte notizie».