Il lutto
domenica 14 Aprile, 2024
di Carlo Martinelli
Memoria preziosa della città e del Trentino, cronista attento, misurato e garbato ma sempre a caccia di notizie, uomo schietto e gioviale, capace di rapportarsi allo stesso modo con il politico o il potente di turno come con il più umile dei cittadini, curioso e viaggiatore, un democratico con passione civile: mancherà, eccome, Mauro Lando, giornalista di razza, scomparso ieri mattina all’hospice di Trento, dove era ricoverato da qualche giorno per l’aggravarsi del male che si era manifestato poche settimane fa. Lascia l’amatissima Gabriella, moglie e compagna di una vita.
Aveva 77 anni, era nato a Rovereto l’11 giugno 1946, dopo la maturità classica si iscrive alla neonata Facoltà di sociologia a Trento dove poi si laurea. «Per me — amava ripetere — il Sessantotto ha rappresentato tante cose, ma soprattutto, il 2 dicembre di quell’anno ha rappresentato l’ingresso nella redazione del giornale Alto Adige». In quel quotidiano, prima a Rovereto poi a Riva del Garda e infine dall’estate del 1970 a Trento, sarà, con la guida di Luigino Mattei prima e di Franco de Battaglia poi, colonna inamovibile del giornale, allora riferimento di quel mondo laico di cui Mauro Lando fu ostinato testimone. Quasi quarant’anni da cronista — sempre pronto a scarpinare, sempre pronto ad insegnare ai più giovani i rudimenti di un mestiere che iniziava un cambiamento epocale, lontano da protagonismi e vanità cari invece a certa parte del giornalismo, anche nostrano —, con lunghi periodi di responsabilità dapprima come caposervizio della cronaca di Trento e poi alla cronaca delle Valli. Lascia il giornale «Alto Adige», nel frattempo diventato «Trentino», nel 2006. E come per tutti coloro che per decenni contribuirono alle fortune di quel giornale, anche per Mauro Lando la subitanea soppressione dell’edizione trentina dell’«Alto Adige», nel gennaio 2021, diventa ferita dolorosa.
La sua vasta conoscenza della realtà trentina — nei suoi aspetti sociali, culturali e urbanistici —, alimentata da continue letture ed approfondimenti, gli permette anche di diventare autore di libri destinati a durare nel tempo. Scrive testi di divulgazione e di approfondimento sul tema dell’Autonomia e delle istituzioni, dell’energia, dell’edilizia e dell’urbanistica. Ricordiamo «Interviste sull’autonomia» con Ettore Zampiccoli (Temi, 1978) e «Le parole dell’autonomia» con Mauro Marcantoni (Pat, 1995). Lega poi il suo nome a quattro opere di vasto respiro, modello di ricerca archivistica e di passione autentica. «Trentino bollente» (Panorama, 1984) è il racconto — con appassionata introduzione dell’amico e collega Piero Agostini — di cinque avvenimenti (dal caso di Clara Marchetto ai putti di Mori) che avevano scosso l’opinione pubblica trentina. È poi autore, con Alessandro Gadotti, di «Alberi maestri» (Comune di Trento e Muse, 2017), studio certosino sugli alberi di Trento. Firma nel 2018 «Trento nuova» (Curcu Genovese): da via Cesare Abba a piazzale Zuffo la ponderosa ricerca, quasi 400 pagine, sulla storia di tutte le strade della città. Ideale appendice di quella che resta la sua opera più importante, un autentico gioiello: i due volumi (del 2008 il primo, del 2011 il secondo, Curcu Genovese editore) del «Dizionario dei fatti, dei personaggi, delle storie del Trentino» che coprono l’arco temporale dal 1945 al 2000. Una messe di notizie, nomi, cifre, episodi — dalla politica alla cronaca nera, dalle battaglie sindacali alla cultura — che sono lo specchio della sua onnivora curiosità unita ad una attenzione, una lodevole pignoleria, che sono state il tratto del suo essere giornalista attento e scrupoloso. Tutte caratteristiche che resero quasi automatico il suo approdo a servizio di un mestiere, di una professione che ha amato senza riserve. Così, dal 2003 al maggio 2018 è segretario dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige Südtirol e dal 2011 segretario generale del sindacato Unione nazione giornalisti pensionati (Ungp) aderente alla Fnsi.
Infine, ma va letta come notizia importante, perché attiene all’umanità di Mauro Lando, le sue passioni più personali. Le collezioni di cartoline e stampe, su tutte le immagini di Adamo ed Eva che — al fianco dell’inseparabile Gabriella — raccoglieva pazientemente. Alcune, nel 2005, finirono in mostra allo Studio d’arte Andromeda e lui volle, per l’occasione, che fosse stampato un minuscolo catalogo di 32 pagine. Lo titolò «La collezione che non c’è». Insieme Mauro e Gabriella lo dedicarono «ai tanti, parenti e amici, che in questi anni hanno partecipato in vari modi con entusiasmo, curiosità e affetto alla bizzarra esplorazione delle immagini di Adamo ed Eva. È anche grazie al loro impegno che questa collezione è cresciuta. E a loro diciamo grazie». Il tutto nello stile inconfondibile, fatto di garbo e rispetto, che era naturale in Mauro Lando.
I funerali si terranno martedì 16 aprile, alle 14.30, nella chiesa della «sua» Villazzano, il sobborgo dove abitava da decenni e a cui, fedele ad una missione di documentazione e memoria mai doma, ha dedicato più di una pubblicazione con il locale Circolo culturale.
«La morte di Mauro Lando è una grave perdita per la città e per tutto il mondo del giornalismo trentino, che rimane orfano di una delle sue voci più colte e profonde» così il sindaco Franco Ianeselli ricorda il decano dei giornalisti trentini, che in più occasioni aveva collaborato con l’Amministrazione comunale per descrivere, approfondire, ricostruire, far conoscere aspetti diversi della vita cittadina di ieri e di oggi. «Mauro Lando è stato un giornalista che ha onorato la professione con rigore e senso della misura», le parole del presidente dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige Gianfranco Benincasa.