il lutto
sabato 17 Dicembre, 2022
di Alessio Kaisermann
«Era un uomo che veniva dal nulla. Per questo aveva quella grande determinazione che lo ha fatto diventare un leader». Sono le prime parole, di getto, che butta lì Michele Cereghini ricordando Sinisa Mihajlovic. Il primo cittadino di Pinzolo conobbe il compianto allenatore del Bologna in occasione dei quattro anni in cui il club emiliano scelse la val Rendena per la preparazione estiva. La malattia aggredì Mihajlovic proprio quando i rossoblu iniziarono a frequentare Pinzolo. Nel 2019, primo anno di ritiro, il mister non fu con la squadra e non lo fu nemmeno l’anno dopo. Era il 2020, l’anno del Covid; impensabile rischiare. Però Mihajlovic si collegò con la piazza di Pinzolo, la sera della presentazione della nuova rosa. «Mandò un insieme di messaggi che toccò tutti – racconta Cereghini – Rispettare le regole contro il contagio, si certo ma c’era dell’altro nelle sue parole. Un invito a tenere sempre duro nella vita. A non piangersi addosso». Mihajlovic riuscì a salire in val Rendena nell’estate del 2021. Lavorò con la squadra facendo credere di averlo sconfitto quel brutto male. L’estate scorsa la saltò nuovamente e, a settembre, ci fu l’esonero. «Andammo a trovare il mister a Bologna – racconta Cereghini – Era sempre il solito tipo tosto. Nonostante tutto. Ricordo una conferenza stampa, durante il ritiro del 2021, quando un giornalista si lasciò andare a interpretazioni su come avrebbe dovuto giocare il Bologna. Mihajlovic lo invitò a prendere il suo posto». Il ricordo del primo cittadino si chiude con le parole che il mister pronunciò in una sera di chiacchiere: «Io sono forte perché sono nato povero. Aveva detto Sinisa. Per me il calcio è un riscatto sociale. Sapete perché emergono sempre meno giocatori italiani? Perché in Italia non c’è fame e i ragazzi di oggi non avvertono il bisogno di sacrificarsi per conquistare qualcosa».