il lutto
martedì 24 Dicembre, 2024
di Francesca Dalrì
All’interno di una storia aziendale lunga più di duecento anni (traguardo festeggiato nel 2021) lasciare il proprio marchio è cosa affatto scontata: per farlo ci vuole visione, quella che ha contraddistinto l’imprenditore Vittorio Cova, scomparso domenica all’età di 96 anni, dopo una vita dedicata all’azienda di famiglia, la Cova Cucine di Denno. Un uomo «caparbio e risoluto», come lo descrive il figlio Walter, oggi amministratore delegato del gruppo (di cui fanno parte anche Delta Cucine e Ladinarredi), portato avanti assieme ai fratelli Paolo, che cura il marketing, e Alberto, che gestisce la produzione. Un uomo con una storia personale difficile, che ne ha forgiato il carattere portandolo a raggiungere traguardi ineguagliati in Trentino. «Oggi siamo rimasti l’unica azienda produttrice di cucine in provincia e una delle imprese più vecchie del territorio – ci assicura Walter Cova –. Il primo a intraprendere il mestiere di falegname fu Giuseppe nel 1821, cui seguì nostro nonno Enrico. Mio padre, classe 1928, non è quindi il fondatore dell’azienda, ma è alla sua visione che si devono gli ultimi cinquant’anni di sviluppo dell’attività». Fu proprio Vittorio nel 1984 a decidere infatti di aprire il primo showroom a Trento creando un marchio ad hoc (Delta Cucine). In totale Vittorio Cova ha guidato l’azienda per poco più di dieci anni (dal 1974 al 1985), ma la sua impostazione è stata fondamentale per indirizzare l’impresa verso il comparto cucine e permetterle di arrivare dov’è oggi, con circa cinquanta dipendenti tra la Cova Cucine di via Degasperi a Denno (il cui stabilimento è ancora quello del 1967, poi ampliato), gli showroom Delta Cucine a Trento e Cles, e Ladinarredi, l’azienda del gruppo dedicata al comparto alberghiero.
Quando nacque nel 1928, la famiglia di Vittorio Cova era tutt’altro che benestante. Ultimo di dieci figli, perse il padre all’età di sei anni: «È stato lo spirito di sopravvivenza che l’ha portato a diventare caparbio e risoluto», ci racconta il figlio Walter. Da Campodenno, infatti, la famiglia fu costretta a spostarsi a Denno, vendere tutto e ricominciare da zero; i fratelli più grandi andarono in guerra, le sorelle in giro per l’Italia a lavorare in famiglie nobili. Fu solo nel secondo dopoguerra che l’attività prese il volo. «Partendo quasi da zero mio padre ha saputo sviluppare un’attività che c’era ma che fino a quel momento era solo una piccola falegnameria – spiega l’amministratore delegato – permettendo all’azienda di arrivare a lavorare in tutto il Nord Italia e anche all’estero». Oggi infatti il gruppo Cova lavora con rivenditori di mobili di tutto il Triveneto e non solo.
Il traguardo più grande per Vittorio è stato quello festeggiato nel 2021 con una tre giorni a Castel Belasi: i 200 anni dell’azienda di famiglia. «È stata una festa che ha coinvolto tutti i dipendenti, i collaboratori, i fornitori e rivenditori oltre ai tanti amici: in quei tre giorni sono passate circa 800 persone, ma il fulcro di quella festa è stato mio padre – ci racconta ancora Walter –. Quel traguardo è stato il suo orgoglio più grande, l’apice della sua carriera professionale. Per lui è stato molto commuovente veder esposto nelle sale del castello il lavoro di una vita».
A dare l’ultimo saluto a Vittorio Cova, oggi alle 14 nella chiesa parrocchiale di Denno, ci sarà tutta la sua famiglia: la moglie Barbara, i figli Walter con Norma, Paolo con Monica, Alberto con Barbara, i nipoti Martina con Biagio, Silvia con Paolo, Federica con Federico, Claudia con Daniel, Chiara, Enrico, i pronipoti Riccardo, Vittoria ed Eleonora. «La forza della nostra azienda – conclude il figlio – sta proprio nella nostra famiglia. Io rappresento la quinta generazione dei Cova, ma in azienda lavora già parte della sesta: le mie figlie Martina e Silvia che ci segue due giorni a settimana da Milano e che speriamo di ingolosire affinché torni in valle; Federica, Claudia ed Enrico, che sta studiando ingegneria industriale e fa già delle mezze giornate da noi in azienda. Siamo all’inizio di questo nuovo passaggio generazionale in cui cercheremo di trasmettere, come ha fatto nostro padre con noi, la passione per questo mestiere, la tenacia e l’attaccamento al lavoro: ci è stato consegnato un testimone prezioso e il nostro compito è traghettarlo migliorato nel futuro».
il sermone
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