Lutto
giovedì 30 Maggio, 2024
di Simone Casciano
Alberto Robol non c’è più, ma il segno che lasciato sul Trentino e su tantissime persone sarà sempre presente, così come l’esempio di un politico di profonda cultura sempre aperto al dialogo e al confronto. L’ex senatore e reggente della Fondazione Campana dei Caduti, che aveva subito due infarti nel 2011 e nel 2017, si è spento serenamente nella sua casa di Trento nella tarda mattinata di ieri all’età di 79 anni. La notizia ha subito lasciato il posto al ricordo di un protagonista della storia politica del Trentino e della «sua» Democrazia Cristiana. Nato a Riva del Garda il 18 maggio 1945, professore di storia e filosofia al liceo Da Vinci, Alberto Robol fin da giovane si avvicina alla politica, praticata inizialmente al Circolo Kennedy di Rovereto. Segretario della Dc per un breve periodo nel 1985 fu poi eletto in consiglio provinciale nell’88. Incarico che ricoprì brevemente, chiamato poi ad occupare il posto in Senato dello scomparso Bruno Kessler. E in Senato Robol ci tornò due volte, prima nella legislatura dal 1992 al 1994 con il Partito popolare italiano e poi dal 1996 al 2001 con la Margherita. «Ma il suo cuore è sempre rimasto legato alla Dc. Per lui la scomparsa del partito nel 1994 fu un grande dolore. Credo sia rimasto scocciato fino all’ultimo con Martinazzoli per come si era arreso agli eventi. Per papà la Dc era il grande partito che guidava l’italia, ma anche l’insieme di valori in cui si è sempre riconosciuto» racconta il figlio Andrea, oggi consigliere comunale del Pd a Trento.
«Ci ha sempre messo l’anima»
È proprio il figlio a raccontare la passione con cui il padre si dedicava alla vita politica e al suo lavoro. «Papà ci ha sempre messo l’anima in tutto quello che ha fatto – racconta Andrea Robol – Prima nell’insegnamento come professore e poi, soprattutto nella politica». Una passione che Alberto sviluppa fin da giovane. «L’amore per la politica l’ha sempre avuto. Guardava molto a Kennedy, lo appassionavano le lotte per i diritti civili e la filosfia di Jacques Maritain». Ma è stato soprattutto un politico italiano ad ispirare l’azione politica di Alberto Robol. «Per papà Aldo Moro è stato un faro nella politica. Io avevo 7 anni quando fu rapito dalle Brigate Rosse nel 1978 e conservo ancora il ricordo del dolore e della disperazione di papà alla notizia della sua morte». Proprio la politica è la passione che ha unito padre e figlio. «Quando lui finì il suo percorso da senatore nel 2001 io ero appena diventato presidente di circoscrizione e stavo muovendo i miei primi passi. La passione per la politica ci ha sempre uniti». Così al personaggio pubblico si unisce il ricordo del padre. «Per me è sempre stato un esempio, non sbagliava mai. Mi ha sempre fatto piacere incontrare tante persone che me ne parlavano bene. I suoi ex studenti, colleghi politici o magari persone incontrate per strada, in tanti lo salutavano con affetto e stima e sono sempre stato orgoglioso di questo. Era la prova del segno positivo che aveva lasciato».
«Era la buona politica»
Un ricordo affettuoso di Robol lo conserva anche Paolo Piccoli, oggi Presidente del consiglio comunale di Trento, ma nell’86 il segretario che succedette proprio a Robol alla guida della Dc trentina. «Fu proprio mio avversario ai tempi – ricorda Piccoli – Ma tra di noi c’è stata sempre grande stima, anche perché eravamo della stessa generazione. Fu proprio lui a chiedere a me e ad Armando Vadagnini di scrivere un libro sul movimento cattolico trentino quando era direttore del Centro Studi Rosmini e segretario della Dc. Quando diventai segretario chiesi che ci fosse un suo rappresentante in direzione e questo rapporto tra di noi ha dato vita a un governo unitario del partito, senza scontri, ma ricco di confronti. Alberto Robol è stato un esempio di buon politico e buona politica che guarda ai problemi e cerca soluzioni giuste senza quelle semplificazioni o scorciatoie che oggi vanno sempre più di moda».
«Pacifista illuminato»
«Con la scomparsa di Alberto Robol se ne va un protagonista singolare della classe dirigente che ha governato e trasformato il Trentino nella seconda metà del ‘900 – ha scritto nel suo ricordo il sindaco di Trento, Franco Ianeselli – Singolare per il suo continuo tessere filosofia e politica concreta, e per il suo citare Kennedy o Martin Luther King tanto prendendo la parola dallo scranno del Senato, quanto intervenendo in una serata elettorale nel più piccolo comune. Un approccio atipico alla vita politica e del suo partito, la DC, che gli è valso grande seguito e brusche cadute. Un approccio però sempre coerente, che, guardandolo a ritroso, collega il suo aderire giovanile al pacifismo di Giorgio La Pira con il ruolo di Reggente, mezzo secolo più tardi, della Campana dei Caduti di Rovereto».
L'annuncio
di Leonardo Omezzolli
A comunicare la notizia la vice sindaca di Riva Silvia Betta, felice per l’obiettivo raggiunto anche grazie alla disponibilità di spazio messa a disposizione dall’associazione Luogo Comune