Il lutto

mercoledì 29 Gennaio, 2025

Addio all’agente Romano, nel ’77 venne colpito dai rapinatori che uccisero il maresciallo Massarelli nella rapina alla Banca del lavoro

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È morto all’età di 83 anni

Al funerale di Salvatore La Rocca, già capo della Squadra mobile della Questura di Trento (a fine dicembre 2024), Giuseppe Romano non c’era. Raffaele Sinapi, il sovrintendente che presiede la sezione di Trento dell’associazione Nazionale della Polizia di Stato, disse che era malato. Giuseppe Romano, assistente capo della polizia, è morto ieri mattina a Rovereto dove viveva con la moglie Sandra. All’annuncio dei funerali, che si terranno domani (giovedì) alle 14.30 nella parrocchiale di Borgo Sacco, è allegata la medaglia d’argento al valor militare della quale Giuseppe Romano fu insignito dopo la tragica sparatoria alla quale partecipò e rimase gravemente ferito. La sua morte, a 83 anni, riapre una cupa pagina di cronaca.
Il 27 settembre 1977 era martedì. Faceva caldo e alle 14.30 in centro-città, a Trento, non c’era nessuno. La facciata della chiesa di San Pietro era in fase di restauro. C’erano ponteggi ma nessun operaio nei paraggi. La “Pantera” verde oliva della Polizia arrivò da via S. Marco. Ne scesero il maresciallo Francesco Massarelli e i suoi due giovani colleghi: Giuseppe Romano e Antonio Calì. Quest’ultimo, mitraglietta in pugno, si avviò di corsa verso vicolo degli Orbi, sbirciò attraverso l’inferriata di una finestra, sul retro della banca Nazionale del Lavoro che aveva sede in via San Pietro. «Stanno uscendo», gridò. Stanno uscendo, chi? domandò il cronista che passava giusto in quel momento accanto alla vettura della Polizia.
«Se ne vada, vada via – disse il maresciallo Massarelli al cronista che s’era fermato in attesa di capire – c’è una rapina».
L’agente Calì tornò di corsa verso la piazzetta Anfiteatro; il suo collega Romano si appostò sotto la galleria con il mosaico dell’Italia fascista («La dòna dal flit»). Il maresciallo Massarelli gridò, rivolto verso il vicolo: “Polizia, non sparate che noi non spariamo”.
Il cronista non sentì lo sparo, almeno non come s’aspettava fosse il rumore delle armi da fuoco, udito solo al cinema. Vide il maresciallo della “Volante” cadere di schianto, faccia in giù, davanti alla chiesa. Il rumore sordo del tonfo di un corpo inanimato e della mitraglietta che batteva sull’asfalto.
Nel frattempo i quattro rapinatori (Settimo, Lattanzio, Levrone e Virdò) con un ostaggio a mani alzate avevano raggiunto la piazza. Ci fu un conflitto a fuoco con Antonino Calì e l’agente Giuseppe Romano il quale, colpito da un proiettile alla gamba, era crollato, sanguinante, a lato della galleria. Tra urla, crepitio di mitragliette e il terrore degli avventori della Casa del Caffè, lì accanto, i quattro erano saliti su un’automobile (una VW Golf bianca, con targa Svizzera) con la quale probabilmente erano arrivati. Sul sedile posteriore, tra due banditi, l’ostaggio che si sarebbe rivelato poco dopo per Piergiorgio Aloisi, il cassiere della BNL rapinata. Mentre uno dei rapinatori gridava al complice «butta la bomba, butta la bomba», Antonino Calì aveva sparato a raffica contro la vettura già in moto.
Per un singolare caso, i proiettili avevano colpito e ucciso i due rapinatori (Levrone e Virdò) e ferito l’ostaggio che si trovava tra i due. Il centro città si popolò in un attimo di poliziotti, carabinieri, vigili urbani, cronisti e curiosi. Solo dopo un paio d’ore, il testimone che aveva seguito, suo malgrado, le fasi della fuga, ricordò che mentre spingevano l’ostaggio verso la vettura, uno dei rapinatori aveva abbandonato una sacca da tennis, azzurra e bianca, fra due auto parcheggiate accanto al marciapiede. Il capitano dei carabinieri che la recuperò vi trovò dentro il bottino della rapina: circa 120 milioni di lire (l’equivalente di mezzo milione di euro al soldo di oggi).
Le immagini di quel tragico fatto di sangue sarebbero tornate più volte: negli anniversari e soprattutto nel processo in corte d’Assise a Trento dove furono condannati all’ergastolo Sergio Settimo e Daniele Lattanzio. I due rapinatori, che erano riusciti a fuggire, furono arrestati qualche giorno dopo la rapina in un appartamento a Riva del Garda.