L'intervista

domenica 30 Luglio, 2023

Adriano Panatta, campione senza tempo: «Djokovic antipatico. Sinner, prima o poi vincerà qualcosa d’importante»

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L'ex tennista lo scorso 9 luglio ha compiuto 73 anni, ma il ciuffo è ancora quello del 1973, quando entrò in un cinema romano con la sua fidanzata di allora, la cantante Loredana Berté
Adriano Panatta

Il 9 luglio alla battuta è andato Paolo Bertolucci: «Nonne d’Italia, è il compleanno di Panatta…». Risposta di Panatta: «Volevo ricordare a tutti che il 3 agosto è il compleanno di Paolo Bertolucci. Vorrei fargli un regalo e sono indeciso tra: maxi confezione di pannoloni; apparecchio Amplifon; dieci scatole di Prostamol; salvavita Beghelli». Roba da Walter Matthau e Jack Lemon. Le magliette rosse nell’armadio, il doppio d’Italia va ora su Twitter. E spopola. Lo scorso 9 luglio Adriano Panatta ha compiuto 73 anni, ma il ciuffo è ancora quello del 1973, quando entrò in un cinema romano con la sua fidanzata di allora, la cantante Loredana Berté; si accomodarono in platea e appena si spensero le luci dalla galleria piovve un «Adrià, cor c… che vinci!». E giù risate, come raccontato in uno dei tanti esilaranti siparietti confezionati da Domenico Procacci nella fortunatissima serie tv «Una Squadra».

Panatta, un successone quella serie…
«Domenico è riuscito a farci raccontare quel periodo nel modo migliore. Il merito è suo e del lavoro al montaggio che è stato straordinario. Ognuno di noi ne è uscito per quello che è».

Lei mostra doti d’attore navigato: proprio su questo giornale il suo amico Giovanni Veronesi ha annunciato di voler fare un film sugli orsi del Trentino. Se le offrisse una parte, lei la accetterebbe?
«Macché attore! Io non recito, nessun copione, sono quello che sono. Non so se è una dote naturale, ma le confesso che non faccio fatica. Se poi Giovanni mi offrisse una parte, beh…potrei chiedergli di fare l’orso…(ride, ndr)».

Lei l’orso lo incontrava in campo e lo batteva pure…
«L’orso svedese, Bjorn Borg. Mi trovavo bene con lui, ai tornei speravo sempre di essere nella sua stessa parte del tabellone. Ci siamo visti recentemente a Parigi durante il Roland Garros; io, lui e John McEnroe a cena, bellissima serata. Ho detto a John “tu fa parlare me e seguimi…”, così mi sono rivolto a Bjorn: “senti Bjorn, c’è una cosa che volevamo dirti da tempo…”. “E che cosa?” Ha fatto lui perplesso; “non eri capace a giocare a tennis!”. Lui ci ha guardati e ha risposto secco: “Sì, però ci ho provato tanto eh…!” E via a ridere».

1973, cinquant’anni fa la sua prima vittoria Atp all’estero. In finale a Bournemouth battè Ilie Nastase al termine di un gran match.
«Sulla terra del British Hard Court Championships. Anche con Ilie mi trovavo bene, lo battevo ma mi batteva anche lui. È uno dei miei migliori amici».

Fu quello l‘anno dello sciopero a Wimbledon per la vicenda della squalifica a Niki Pilic…
«Sono stato tra i soci fondatori dell’Atp, ero nel primo Board of Directors con John Newcombe e Arthur Ashe, solo per citarne alcuni. Io e Paolo (Bertolucci, ndr) scioperammo, Corrado e Tonino (Barazzutti e Zugarelli, ndr) no. La Fit ci tolse il compenso che allora ci riconosceva. Tenemmo duro».

Dieci anni dopo, il 9 luglio del 1983 nel giorno del suo trentatreesimo compleanno, i titoli di coda nel doppio Italia-Argentina di Coppa Davis a Roma. «Beh dai, ci siamo divertiti» disse lei a Paolo Bertolucci nel sottopassaggio verso gli spogliatoi. Eppure quando giocava, la sua faccia trasudava sofferenza; la fine della carriera fu una liberazione per lei?
«Assolutamente, non ne potevo più. Si fa fatica a giocare a tennis, uno sport che è la metafora della vita: cadi e ti rialzi, scendi e sali».

Veniamo ad oggi: la vittoria di Alcaraz a Wimbledon è un passaggio di consegne?
«Aveva già vinto uno Slam, era pronto. È una bestiaccia, per batterlo devi stenderlo venti volte».

Perché Djokovic non è tanto amato secondo lei?
«Non avevo mai visto uno che ha vinto sette volte Wimbledon spaccare la racchetta contro il paletto della rete sul campo centrale o fare il verso al pubblico fingendo di piangere perché Sinner ha sbagliato un colpo. Sono cose che non si fanno. Atteggiamenti che, sebbene in epoche diverse, mi ricordano Jimmy Connors».

Djokovic il più vincente, Nadal il più forte, Federer il più grande. Ci può stare?
«Direi di sì».

Gli italiani come li ha visti?
«Bene. Sono contento per Berrettini che è apparso in netta ripresa. L’erba è la sua superficie ideale, ma ai miei tempi era un’altra cosa. Oggi nella zona sotto rete è quasi immacolata, quando giocavamo noi era spelacchiata come a fondo campo. Segno inequivocabile che a rete ci si va poco, ma il nostro con le racchette di legno era tutto un altro tennis».

Sinner?
«Bene anche lui. È forte, lavora bene, è un ragazzo serio e in campo ha l’atteggiamento giusto. Prima o poi vincerà anche lui qualcosa d’importante, ma lo devono lasciare tranquillo: troppa pressione addosso non gli fa bene, se perde una partita mica è una dramma, ci sono anche altri giocatori forti, non è l’unico».

Quanto margine di crescita ha?
«Parecchio. Con dritto e rovescio a fondo campo vale i primi tre al mondo; oggi a tennis ci si prende a pallate da fondo campo: vedo che a lui riescono ed ad altri no. Ha migliorato il servizio ed è cresciuto fisicamente nell’ultimo anno. Fa più fatica a rete quando c’è un cambio di ritmo, ma è parte di un processo di crescita».

Il tennis del «pof pof», come lo chiamava lei in quel cameo in «La profezia dell’armadillo» è morto e sepolto?
«Certo, e da un pezzo ormai. Oggi vanno tutti ai duemila all’ora. Il “pof pof” è Fabio Fognini, uno dalla mano incredibile. A sua moglie ho detto: “Flavia (Pennetta, ndr), se tuo marito avesse avuto anche la testa, avrebbe vinto tre Slam. Anche Musetti è un bel giocatore e Sonego mi ha stupito. In Italia abbiamo dei bei giocatori».

Ha detto di lei Paolo Bertolucci: «Panatta? Un rompicoglioni terribile. Ma se hai bisogno, lui c’è». Cos’è per lei l’amicizia?
«L’amicizia è a volte un grande rifugio, direi un “bene rifugio” come l’oro. Paolo dice che sono un rompicoglioni, ma lui non è da meno. Il 3 agosto è il suo compleanno, su Twitter lo sfondo (la risata è bella grossa, ndr)».

Quando lei giocava, la critica era feroce nei suoi confronti; oggi tutti l’adorano. Perché secondo lei?
«Perché allora c’erano dei giornalisti che facevano opinione e ce ne dicevano di tutti i colori, compreso che eravamo “giocatori di cartone”. Abbiamo vinto la Coppa Davis, fatto quattro finali, eppure ci massacravano. Oggi, qualsiasi cosa faccia un giocatore vedo che va sempre tutto bene».

Vacanze?
«Ad agosto a Cortina, uno dei posti più belli al mondo. Ci andavo negli anni ’80 e ’90, poi ho smesso. L’ho riscoperta grazie a mia moglie Anna. Con la e-bike ho fatto tutti i passi dolomitici, mi diverto tantissimo».

E le Dolomiti del Trentino Alto Adige?
«Le conosco meno, ma ricordo quando da ragazzo venivo a giocare il torneo a Ortisei. Ero giovanissimo, bei tempi».