l'analisi

venerdì 20 Settembre, 2024

Aggressioni al personale medico: in Trentino nel 2023 registrati 226 casi. Le più colpite sono giovani infermiere

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I luoghi più a rischio sono le Rsa, le residenze protette, i pronto soccorso e il servizio di emergenza territoriale
Infermieri Trentino

Nel condannare i sempre più numerosi atti di violenza ed aggressioni contro il personale medico, la Consulta provinciale per la Salute ha portato alla luce ieri, in una nota sottoscritta dalla presidente Elisa Viliotti, i dati contenuti nella relazione sull’attività 2023 dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie (ONSEPS).

L’analisi evidenzia 16 mila episodi di aggressione al personale sanitario e sociosanitario, subiti per la maggior parte dalla categoria degli infermieri, seguita da medici e operatori sociosanitari, con atti rivolti per i due terzi a persone di sesso femminile, in ambienti quali i Pronto Soccorso, le Aree Degenza, i servizi psichiatrici e gli ambulatori. Il report rileva quali principali aggressori i pazienti (69%) seguiti dai parenti (28%), con il 68% delle aggressioni di tipo verbale, il 26% di tipo fisico e il 6% contro beni di proprietà.

Il monitoraggio, che raccoglie segnalazioni e denunce su base volontaria, riporta anche i dati della Provincia di Trento, dai quali emergono 226 aggressioni che hanno colpito per lo più donne (199), di giovane età fino a 29 anni (70), dai 30 ai 39 anni (47), dai 40 ai 49 anni (37), dai 50 ai 59 anni (53) dai 60 anni in su (13), con profilo professionale di infermiere e di operatrici sociosanitarie, in RSA/residenze protette, Pronto Soccorso e servizio di emergenza/urgenza territoriale, attraverso aggressioni sia verbali che fisiche, per lo più da parte di pazienti/utenti.

«Il fenomeno, che esplode con crescente frequenza, – scive Villotti – sta pericolosamente incrinando il rapporto tra sanità e cittadini in un contesto di difficoltà per il Servizio Sanitario Nazionale, e comporta, in primis, il rafforzamento delle misure di protezione della sicurezza di medici, infermieri e di tutti gli operatori sociosanitari cui si deve prioritariamente garantire incolumità fisica e psicologica». E continua: «Se la pandemia di Covid19 ha indubbiamente accelerato e accentuato la tendenza alla violenza, creando maggiori tensioni sul personale ospedaliero, anche la carenza di personale, comportando un minor numero di operatori sanitari per paziente, potrebbe aver determinato relazioni più deboli con gli utenti e, di conseguenza, anche una sottovalutazione dei problemi comportamentali degli stessi».

Oltre alle recenti misure di prevenzione della violenza adottate dal Governo, quali la possibilità per il Questore di costituire posti fissi di Polizia presso le strutture dotate di emergenza/urgenza e l’inasprimento delle sanzioni per gli attacchi ai sanitari con la pena della reclusione da 2 a 5 anni, la presidente sottolinea come si debba «compiere una seria analisi delle cause di un disagio diffuso dei cittadini verso la sanità, spesso fondato su una percezione di difficoltà di accesso alle cure, sui lunghi tempi di attesa per le visite specialistiche o sui costi elevati delle cure privatistiche».

E conclude con un appello a «responsabilizzare le persone ad un utilizzo corretto, consapevole e sostenibile dei servizi pubblici di cura».

Piena solidarietà al personale medico arriva anche dalla penna del segretario provinciale Fimmg, Valerio Di Giannantonio. 
«Le aggressioni di questi giorni ai medici ed ai sanitari in servizio è un fatto grave che va condannato e ci auguriamo – scrive Di Giannantonio – protezione e supporto per chi invece lavora per la salute e per la vita». E conclude: «Istituzioni e cittadini devono prendersi carico della tutela dei medici e degli operatori del Sistema Sanitario Nazionale, se non vogliono far saltare il patto sociale con chi dedica la propria esistenza alla tutela della salute pubblica».