Case vacanze

domenica 29 Ottobre, 2023

Airbnb, un giro d’affari per oltre 26 milioni di euro in Trentino

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La mappa degli annunci, i ricavi medi e l'ipotesi di aumento della cedolare secca: tutto sul fenomeno degli affitti brevi

Airbnb prometteva di rivoluzionare l’industria alberghiera. Difficile dire che non ci sia riuscita. Ma la rivoluzione ha finito per sconvolgere il mercato degli affitti e riorganizzare le città. La promessa tradita dalla piattaforma emblema della sharing economy oggi è pagata dalle aree più turistiche al prezzo di un’alta tensione abitativa e con la pressione di flussi turistici talvolta opprimenti. Case intere, appartamenti o stanze vengono affittate tutto l’anno – anche se a cicli di pochi giorni o settimane – mentre famiglie, studenti e lavoratori faticano a trovare un alloggio in cui vivere stabilmente. Affitti brevi vengono preferiti come «business» a quelli lunghi anche per il ritorno economico che ne deriva. In Trentino, sono 8.195 gli annunci pubblicati su Airbnb. Immobili da cui i proprietari riescono a ricavare un giro d’affari di quasi 30 milioni all’anno. Tra agenzie a tutti gli effetti che guadagnano anche 100 mila euro e persone che usano la piattaforma per arrotondare, incassando appena 3.000 euro l’anno.

Cosa e dove si affitta
A fornire una panoramica dell’estensione di Airbnb in Trentino è la piattaforma Inside Airbnb, che mostra in tempo reale gli annunci pubblicati sul sito per aree d’interesse. In provincia mappa 8.195 annunci di cui 7.232 di interi appartamenti o case intere, 920 camere private, 9 camere condivise e 34 camere di hotel. Sono nel 99,6% dei casi, quindi la quasi totalità, soluzioni in affitto a breve termine: basti pensare che solo 33 offerte contemplano lunghe permanenze; i restanti 8.162 annunci richiedono soggiorni di pochi giorni o settimane.
Le zone con una densità più alta di soluzioni in affitto sono quelle turistiche. In cui si presume ci sia maggior utenza, ma in cui è anche già presente un numero importante di strutture alberghiere ed extra-alberghiere che costruiscono l’offerta turistica sul territorio. Basta un colpo d’occhio alla mappa (in alto nel grafico) per notare che il versante trentino del Lago di Garda è quello in cui si riscontra la concorrenza maggiore di soluzioni in offerta. Trento è un altro nodo ricco di annunci (515), ma a differenza di altre città d’arte italiane non è oppressa dagli affitti brevi. I puntini rossi e verdi degli annunci seguono l’orografia del territorio, concentrandosi nelle valli dove si trovano le mete preferite dai turisti. La val di Fiemme, con Predazzo e Cavalese, la val di Fassa, le Giudicarie, con Pinzolo e Campiglio sono i punti in cui il rosso (che indica gli appartamenti in offerta) è più fitto.

Chi affitta
Ma al numero di annunci sulla piattaforma statunitense non corrisponde un identico numero di «host» (letteralmente colui che ospita, parola scelta da Airbnb per indicare chi mette in affitto le stanze). Se è vero che ci sono almeno 3.146 affittuari con un solo annuncio online, è altrettanto vero che tra gli iscritti c’è chi di immobili ne ha decine. Gli altri 5.000 annunci, infatti, fanno capo a un numero inferiore di affittuari, che gestisce più immobili sulla piattaforma (non per forza dentro i confini provinciali). Spesso si tratta di vere e proprie agenzie, attività commerciali legate alla gestione di case vacanze di terzi. Basti pensare che in Trentino l’agenzia più attiva affitta 106 tra appartamenti e case intere. Altre 8 ne gestiscono più di 50 a testa; e altre 20 gestiscono invece dai 20 ai 50 annunci ciascuna.

Redditi da host
Ma è guardando i prezzi dei soggiorni che si capisce quanto Airbnb consente agli affittuari di guadagnare. In media, considerando tutti gli annunci sulla piattaforma riferiti al Trentino, un host riesce ad affittare la propria unità abitativa per 28 notti nell’arco di 12 mesi, il prezzo medio è di 166 euro a notte e il reddito annuo arriva a 3.219 euro, una cifra contenuta data la varietà di abitazioni e le aree coinvolte.
Se però si guarda agli appartamenti più prenotati in Trentino, si arriva ad un nucleo di 627 appartamenti che generano un ritorno molto più elevato.
Tanto da consentire a chi affitta di ritagliarsi da Airbnb quasi un secondo reddito, con una media di 13.658 euro in un anno.
Le notti prenotate in un anno sono in media 149, piazzate ad un prezzo medio di 94 euro per notte. E se si considera che almeno duemila persone hanno più di un immobile o più di una stanza sul portale, le entrate possono diventare notevoli.

Il giro d’affari in Trentino
Partendo da questi dati, si può tracciare anche una stima del giro d’affari generato da Airbnb in Trentino. E quindi degli affitti brevi, principalmente legati alle case vacanze. Considerando i 3.219 euro di reddito medio annuo garantiti per ciascuno degli 8.195 annunci, emerge che in 12 mesi girano 26,4 milioni di euro.

Le storture della sharing economy
In Trentino quindi ci sono oltre ottomila alloggi in affitto su Airbnb. Una quota importante che non viene destinata a fini residenziali. E che si concentra non tanto nel capoluogo, ma in paesi e cittadine meno estese, in cui l’offerta di case è già limitata. Da qui le difficoltà di trovare appartamenti in affitto in zone come Riva del Garda, Pinzolo o altre aree ad alta vocazione turistica. Quelli che restano,poi, sono molto più cari perché si sono adeguati ai prezzi delle case vacanze. Il risultato sono famiglie che non riescono a trovare un’abitazione, studenti universitari costretti a pagare prezzi sempre più alti e lavoratori stagionali che non sanno dove alloggiare.

Le crociate anti-Airbnb
Airbnb in Italia è al centro di fuochi incrociati. Da un lato le associazioni di categoria (prima tra tutte Federalberghi) che puntano il dito contro la piattaforma per aver bypassato per anni il fisco e fatto concorrenza sleale al comparto ricettivo. Dall’altro l’Agenzia delle entrate, che chiede il versamento di 500 milioni di euro di tasse non versate (la sentenza del Consiglio di Stato del 24 ottobre, che recepisce le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ribadisce che i portali di prenotazione devono versare allo stato la cedolare secca). Di recente, i primi sindaci hanno iniziato ad affrontare la carenza di affitti per le famiglie limitando il numero di appartamenti con contratti di locazione di breve periodo. E poi c’è l’ultima ipotesi al vaglio del governo Meloni: per mettere un freno alle storture generate da Airbnb, si valuta l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi dal 21 al 26%. Una precisazione è d’obbligo: ogni host di Airbnb, sulle entrate relative all’affitto oggi paga una cedolare secca al 21%, sostitutiva dell’Irpef, indipendentemente dal proprio reddito. In Trentino sono oltre ottomila le offerte interessate dal giro di vite ipotizzato dal governo. Affitti riconducibili ad almeno 4.500 proprietari (o agenzie), che dovranno farsi carico di una spesa extra. Perciò chi in un anno dall’affitto su Airbnb di una casa guadagna 12.000 euro, oggi paga 2.520 euro di tasse. Con una tassa al 26%, il dovuto salirebbe a 3.120 (600 euro in più). Chi invece ricorre agli affitti brevi per arrotondare, e magari guadagna 3.000 euro in un anno, dovrà pagare anziché 630 euro 780 euro (150 euro extra). Forse un incremento non sufficiente a convincere un affittuario a spostarsi dal mercato delle locazioni turistiche a quelle a lungo termine, ma che inciderà comunque sulle tasche dei proprietari di immobili. Il prelievo fiscale, invece, crescerebbe di poco più di un milione di euro in Trentino. Su un guadagno stimato di 26 milioni, verrebbero fuori 6,7 milioni di tasse anziché 5,4 milioni.