il lutto

sabato 13 Luglio, 2024

Alberto Ferrandi, addio al comunista che rifiutò la svolta della Bolognina. «Ha lottato come un leone»

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Parlamentare e dirigente della Uisp, è morto ieri all’età di 83 anni. Domani avrebbe celebrato 51 anni di matrimonio con Grazia Demarchi

Addio ad Alberto Ferrandi, un uomo perbene. Un militante comunista che aveva a cuore la sorte degli ultimi e per i quali non conosceva la parola «compromesso». Se ne è andato ieri pomeriggio, poco dopo le 16, nella casa di riposo Margherita Grazioli, a Povo, dove era ospite da un anno e mezzo. Ma era salito sul treno verso la stazione di Zima (copyright Roberto Vecchioni) circa otto anni fa, piano piano, mentre i ricordi cominciavano a sfumare nella quiete del nulla. Era nato a Rovereto il 27 agosto 1941.
La sua biografia politica è presto detta, anche perché non fu mai uomo di potere e di vanità. Segretario del Pci trentino, nel 1983 fu candidato per la Camera dei Deputati ma non venne eletto. Subentrò a Biagio Virgili, dimissionario, nel 1986. Quando il 3 febbraio 1991 vi fu la cosiddetta svolta della Bolognina, annunciata da Achille Occhetto il 12 novembre 1989, che portò allo scioglimento del Pci e la trasformazione in Pds, il 3 febbraio 1991 Alberto Ferrandi aderì a Democrazia Proletaria. Lo fece con altri otto suoi colleghi dando vita al gruppo parlamentare Dp-Comunisti che sarebbe poi diventato Rifondazione Comunista.
La moglie, Grazia Demarchi, ricorda che proprio domani avrebbero fatto 51 anni di matrimonio. Si erano sposati a San Michele all’Adige, con rito civile e quell’unione, in quel tempo che era il secolo scorso, fece scalpore. Anche perché era il primo matrimonio laico nel paese all’ombra del monastero degli Agostiniani.
Qualche giorno fa, Grazia Demarchi aveva annunciato agli amici l’imminente trapasso: «La caduta e la frattura del bacino, unitamente alla malattia che da otto anni lo ha sacrificato inesorabilmente e lentamente alla perdita di sé, ora è a fine corsa ed è tristissimo accompagnarlo per quanto si può. La sua attività lo aveva reso ricco di impegno in momenti di risultati incoraggianti e di grande disagio nelle scelte dei cambiamenti che si sono presentati. Momenti di grande sofferenza che abbiamo lenito con l’attività della Uisp (Unione italiana sport per tutti). In progressione è arrivata la malattia e ora sta per finire il tempo. Mi sono permessa di informarla perché mi sto rendendo conto che le persone che hanno condiviso per lavoro o militanza politica quel periodo se ne sono andati e non per disimpegno ma la vita ha fatto la differenza. Chiedo venia per averla coinvolta ma considero che la memoria comune dei fatti è bene non cancellarla».
Agli amici che le hanno telefonato appena si è diffusa la notizia della scomparsa, Grazia ha ribadito che suo marito «era un leone che ha combattuto con sofferenza per lungo tempo. Fin che abbiamo potuto lo abbiamo tenuto a casa ma alla fine abbiamo dovuto arrenderci. Il declino è cominciato nel 2015 ed è stato conclamato due anni dopo».
Il matrimonio 51 anni fa, si diceva: «È stato un matrimonio a prova di bomba. Ci siamo scelti, ci siamo amati, abbiamo avuto una vita intensissima. Lui aveva sofferto il cambiamento della Bolognina, non ha mai cambiato pensiero. Finita la ragioneria aveva fatto attività politica e l’ha sempre fatta in modo serio. Alberto non era una persona che cambiava casacca a ogni stormir di fronda. Dopo l’esperienza parlamentare si era ritirato e si era dedicato con passione alla Uisp».
Uno dei tre figli, Alessandro (1977), vent’anni fa fu coinvolto in un tragico incidente stradale nel quale persero la vita tre suoi compagni di un gruppo musicale. Stavano tornando da un concorso ad Andalo. Un ragazzo albanese aveva infilato il cavalcavia di Ravina pensando fosse un senso unico. Sulla cuspide vi fu lo scontro frontale. Alessandro restò in coma per mesi, poi la riabilitazione e la laurea.
Ad Alberto Ferrandi che è sceso alla stazione di Zima dove «il più delle volte non c’è ad aspettarti nessuno, perché è sempre troppo presto o sempre troppo tardi» dedichiamo anche un altro frammento di quello straordinario brano di Vecchioni: «Abbiamo la consistenza lieve delle foglie/ ma ci teniamo la notte stretti fino all’abbandono/ per non morire da soli quando il vento ci coglie».
Grazia Demarchi, compagna di una vita, gli ha stretto la mano fino all’ultimo, assieme ai figli Andrea, Alessandro e Nicola. Il funerale nella sala del commiato del cimitero monumentale a Trento, probabilmente lunedì. Dopo la cremazione, le ceneri saranno traslate a San Michele all’Adige nella tomba di famiglia della moglie.