L'incontro
venerdì 3 Febbraio, 2023
di Redazione
L’aula magna dell’ITI Buonarroti di Trento al completo, con oltre 350 tra docenti e studenti in attento ascolto di un testimone d’eccezione: Alessandro De Lisi, procuratore generale della Fondazione Falcone, oggi a Trento per coinvolgere i giovani in uno dei progetti di comunità che contraddistinguono la lotta alla mafia della stessa Fondazione e della sua presidente, Maria Falcone, impegnate quotidianamente e incessantemente nel promuovere la cultura della legalità fra le giovani generazioni e in particolare nelle scuole.
L’incontro, aperto dalla dirigente scolastica Laura Zoller, ha visto la partecipazione dell’assessore provinciale all’istruzione, università e cultura Mirko Bisesti.
“E’ fondamentale che i giovani abbiano una consapevolezza a 360 gradi di cosa significhi il percorso della legalità. Sono passati pochi mesi da quando ho accompagnato un gruppo di studenti della nostra regione a Palermo, nel trentesimo anniversario della strage di Via D’Amelio e sono convinto che queste iniziative possono fare la differenza. Oggi sono presenti qui tante classi: vi invito a vivere questo momento come una crescita personale e collettiva, perché mettersi insieme in un progetto comune significa attivare degli anticorpi contro l’illegalità e la mafia, per garantire un futuro migliore alla nostra società”, ha detto l’assessore.
Sul tavolo dei relatori anche due giovani rappresentanti della consulta provinciale e di istituto degli studenti e l’assessore alla cultura del Comune di Trento Elisabetta Bozzarelli. De Lisi, giornalista e scrittore siciliano, ha esordito con un messaggio molto chiaro per gli studenti, parlando alla loro esperienza diretta: semplicemente ha fatto un appello, ricordando come “presenti” una per una le vittime della mafia nelle stragi del 1992-1993 fra le quali, in quella dei Georgofili, le sorelline Nencioni, Nadia, di poco più di 9 anni e Caterina, di 50 giorni. “È facile ricordare i morti, ma quando si ha a che fare con la vita il percorso diventa difficile: però quando raccontiamo la vita delle persone un percorso personale diventa collettivo”.
Quindi ha proseguito nel suo racconto, coinvolgente proprio perché non solo individuale, ma proiettato in una prospettiva di comunità, “per costruire prospettive culturali basate sulla promozione della vita”. È un racconto di chi ha visto da vicino di cosa si nutre la cultura mafiosa: non il potere o il denaro ne sono la caratteristica principale e neppure la violenza stragista, definita da De Lisi “un gesto atletico”, quanto piuttosto il controllo e la gestione della paura, che “sono gli elementi che generano il consenso”. Per questo secondo De Lisi, solo attraverso progetti collettivi è possibile fare una riflessione “di radicamento nella comunità” contro le mafie. “Oggi è una giornata importantissima, a circa un mese dall’arresto di Matteo Messina Denaro. Un momento di festa ragionata, riflessiva e anche addolorata, per quello che è la nostra memoria diretta delle stragi, ma anche un punto di partenza da dedicare alle prossime occasioni di incontro. Per ricordare l’attacco di Cosa nostra al patrimonio collettivo, in una strategia che oggi ha rilevanza soprattutto nelle pressioni economico-finanziarie”, ha detto ancora De Lisi.