La giostra dei bambini
mercoledì 28 Dicembre, 2022
di Carlo Martinelli
Bart Moeyaert nel 2019 ha vinto l’ALMA (Astrid Lindgren Memoria Award) ovvero il premio Nobel della letteratura per ragazzi. È tra i più importanti scrittori fiamminghi contemporanei, tradotto in tutto il mondo. In questi giorni ritorna al pubblico italiano con «Morris», una lettura a partire da 6 anni (Sinnos editrice, 60 pagine, cartonato, traduzione di Laura Pignatti, 14 euro). Racconta la storia di Houdini, la cagnolina della nonna di Morris, con cui il bambino vive. È maestra della fuga, e proprio a Morris tocca il compito di risalire la montagna vicina per ritrovarla. Ma mentre inizia il viaggio di ritorno la neve inizia a cadere e da un momento all’altro ci è dentro fino alle caviglie. In cima alla montagna, il vento del nord taglia. La valle sembra molto lontana. A peggiorare le cose, Houdini fa ciò che ama di più: scappare. All’improvviso appare un compagno di sventura in tutto quel bianco, accompagnato da un enorme montone. Quella che si svolge sulla neve che non si scioglie, con un cane che scappa è un’avventura gelida che può scaldare il cuore. Una storia commovente e profonda, che racconta l’avventura e il dolore allo stesso tempo, con la delicatezza propria di questo grande scrittore per ragazzi. Uniche le atmosfere che regalano le tavole di Sebastiaan Van Doninck, illustratore fiammingo.
A rendere ancora più particolare il libro, il fatto che Bart Moeyaert abbia voluto accompagnarlo con una lettera inviata ai lettori italiani. «Forse penserai – dice Moeyaert – che uno scrittore si sieda o vada a fare una passeggiata e dopo si metta a inventare una storia. A volte in effetti succede così, perché quando stai seduto o cammini, riesci a pensare bene, ma io voglio soffermarmi soprattutto su quella parolina “inventare”. Molte persone pensano che gli scrittori abbiano molte idee nella testa e che basti loro pescarne una, e oplà: ecco la storia. Come se la storia fosse già bell’e pronta, lì nella loro testa, e avesse solo bisogno di essere scritta. Be’, per me non funziona così, e di sicuro non è andata così quando ho scritto “Morris”. La prima cosa che ho visto è stata una montagna piena di neve. La neve è bianca come un foglio di carta, quindi all’inizio non sapevo molto. Solo quando ho visto un ragazzo coraggioso che arrancava nella neve, la storia è iniziata. Perché sapevo (ed è strano che uno scrittore sappia certe cose) che il cane di sua nonna si era appena liberato dalle sue braccia ed era scappato. Il cane del ragazzo ha avuto subito un nome. Avrei potuto chiamarlo Bestiaccia o Mostro o Rompiscatole o Testamatta, perché il ragazzo era un po’ arrabbiato con il cane. E invece no: il cane fin dall’inizio si è chiamato Houdini, come il vero Houdini, che era un maestro nell’apparire e scomparire, e non aveva paura delle difficoltà. Quando ho visto cadere altra neve dal cielo, e che Morris era ancora lontano da casa, e dal tepore della cucina di sua nonna, ho pensato: come posso aiutarlo? Anche se sono scrittore da molto tempo, scrivere non mi è facile. Man mano che una storia cresce, un’idea di dove andrà a parare, ce l’ho, ma solo quando la storia è finita mi rendo conto che – Possibile? – scrivendo ho parlato ancora una volta di me. Negli ultimi anni, infatti, nella mia vita sono successe un paio di cose tristi. Anch’io, per un po’, mi sono trovato con la neve fino alle caviglie. Ma proprio come Morris sono rimasto fedele al mio istinto, e se lo fai, prima o poi le cose si aggiustano. Allora, per esempio, si apre la porta di casa tua, e dentro fa caldo e c’è un profumo meraviglioso di torta di pere appena sfornata. Moltissimi saluti da Morris e da me».