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mercoledì 7 Agosto, 2024

Alma Frutta, il negozio di via Maccani chiude dopo vent’anni. «I nostri bisticci? Sono un marchio di fabbrica»

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Alessandra Carbone e Maurizio Viola avevano raccolto l’eredità dei consorzi San Carlo e Coval. Si congederanno sabato 10 agosto

Un po’ Raimondo e Sandra di Casa Vianello, un po’ George e Mildred. Una sit-com andata avanti per quattro lustri. Ma anche sulle serie di successo prima o poi cala il sipario. Sarà così anche per Alessandra e Maurizio, storici titolari di Alma Frutta, il negozio di via Maccani che ha visto passare tre differenti generazioni di clienti: sabato 10 agosto andrà in onda l’ultima puntata. Poi serrande giù. Per sempre.
Amici prima ancora che soci, Alessandra e Maurizio hanno scandito il trascorrere delle ore tra i banchi della loro attività con appassionati «battibecchi» che sono diventati il marchio di fabbrica della loro simpatia: «Nessuna recita, siamo proprio così. Sul lavoro e fuori», assicurano. E non c’è da stupirsi che più d’uno li abbia scambiati per marito e moglie, per altro – garantiscono – senza suscitare gelosie negli ambiti famigliari: «Siamo come fratello e sorella», dice Alessandra.
In verità, con Alma Frutta si chiude anche una storia commerciale che affonda le radici alla fine degli anni Settanta, quando in via Maccani il Consorzio San Carlo (poi Coval) aprì il negozio di ortofrutta. I nostri entrano in scena nella seconda metà degli anni Ottanta, quando Maurizio Viola venne assunto in magazzino (1986) e Alessandra Carbone come cernitrice (1988), salvo poi passare al punto vendita dopo un anno. Nel 2004 il consorzio si ritira e i due amici decidono di rilevare l’attività, dando vita ad Al.Ma. Frutta, dalle iniziali dei due nomi.
La collocazione del negozio in via Maccani non aiuta certo a suscitare grandi poesie, ma il clima è sempre stato quello della bottega di quartiere: «Abbiamo mantenuto sempre la stessa impronta, attenzione ai prodotti locali e un occhio di riguardo per la qualità. Sui nostri banchi teniamo frutta e verdura di una ventina di contadini trentini. Oggi il “chilometro zero” va di moda, qui lo pratichiamo da decenni». Ma il vero ingrediente «segreto» è sempre stato il rapporto con la clientela: «Abbiamo visto passare tre generazioni. I nostri clienti li conosciamo per nome e li serviamo personalmente, c’è un rapporto confidenziale: con loro andiamo a prendere il caffè, a Natale c’è chi ci porta il pensierino. Offriamo quello – sottolinea Alessandra – che non può dare la grande distribuzione, altrimenti non saremmo sopravvissuti». «Tutto quello che entra qui lo assaggiamo. Se ci rendiamo conto che un prodotto non è perfetto lo diciamo – aggiunge Maurizio – preferisco buttare due chili di albicocche che perdere un cliente». Non è un mistero che in quella bottega i prodotti costano di più: «Il prezzo della qualità. E non nascondiamo che qualche cliente ci ha lasciati per questo motivo. Ma tanti altri nel corso degli anni sono arrivati».
Le ragioni della chiusura sono semplici. A giorni Maurizio andrà in pensione. Ad Alessandra manca ancora qualcosina, ma qualche acciacco le ha consigliato di prendersi una pausa di riflessione. «Abbiamo anche provato a cedere l’attività, ma qui bisogna essere almeno in due e fare sacrifici: in un anno facciamo al massimo due settimane di vacanza, il sabato si lavora sempre», spiegano.
Insomma, finisce qui. E questi ultimi giorni si stanno trasformando in una sorta di caloroso pellegrinaggio delle centinaia di clienti che resteranno «orfani»: «Tanti sono increduli e commossi. Il rapporto con loro mi mancherà», dice Alessandra. Qualche lacrima scivola via, portando con sé la tristezza, ma non i bei ricordi.