lunedì 20 Gennaio, 2025
di Davide Orsato
Almeno otto milioni di euro. È questa la cifra che la Provincia potrebbe essere chiamata a trovare nel caso venisse applicata, nelle case di riposo del Trentino, l’esenzione della retta per gli ospiti con il morbo di Alzheimer. È una questione di cui si parla, tra gli addetti ai lavori, da diversi mesi e che è stata al centro di alcuni tavoli con la giunta provinciale. Ed è una questione, come si suol dire «molto italiana», perché parla, ancora una volta di una politica (nazionale) assente, mentre i giudici, in questo caso quelli della Cassazione, stanno prendendo in mano l’iniziativa a colpo di sentenze. La suprema corte, infatti, da un paio di anni, ha mostrato un orientamento netto nelle cause che sono arrivate al terzo grado di giudizio i casi di persone con l’Alzheimer residenti nelle Rsa. Pronunciandosi a favore dei familiari: la retta non deve essere tendenzialmente pagata perché si tratta di una prestazione sanitaria a tutti gli effetti.
Tre procedimenti in Trentino
Ci sono casi aperti in tutta Italia, ben tre in Trentino. Il primo, che riguarda una struttura gestita dalla cooperativa Spes, ha visto, lo scorso autunno, la Cassazione ribaltare una sentenza che, in tribunale e in appello, aveva dato ragione alla struttura. E non è ancora finita: la Corte ha stabilito infatti che si dovrà tornare davanti ai giudici d’appello trentini (in diversa composizione) per stabilire quanto spetta alla donna.
Ma, per l’appunto, non è l’unico caso: gli altri due riguardano gli ospiti di altrettante Apsp, ma sono diversi fra loro. Il primo riguarda un ospite gestito in condizioni «regolari», cioè entrato in Rsa in accordo con la convenzione con la Provincia, l’altro risulta essere un posto letto «privato», non passato quindi al vaglio dell’unità valutativa multidisciplinare (Uvm), la commissione medica che si occupa di individuare le problematiche sanitarie e le possibili risposte (che includono, ad esempio, anche l’assistenza domiciliare).
Oltre 400 pazienti
La situazione dunque è scivolosa. Non tutti i casi sono uguali nemmeno dal punto di vista giuridico e, dal punto di vista sanitario, non tutte le demenze sono uguali. Il 40% degli ospiti delle Rsa presenta problemi di tipo cognitivo ma la diagnosi di Alzheimer è presente in circa il 10% dei casi. Attenendosi solo a questa forma molto grave di demenza si arriva comunque a una «popolazione» di oltre 400 persone sulle circa 4.500 ospitate nelle Rsa del Trentino. La retta media è valutata attorno ai 19 mila euro: se tutti venissero esentati occorrerebbe, dunque, trovare circa otto milioni di euro. All’anno.
Una soluzione per tutti
Le due principali realtà trentine che gestiscono le residenze per anziani, Spes e Upipa non hanno molto margine di iniziativa. «Noi applichiamo, come enti gestori, le regole stabilite da Provincia e da Apss — fa sapere Italo Monfredini, presidente del gruppo Spes — se emerge un orientamento giurisprudenziale di un certo tipo è giusto che ci sia una parità di trattamento per tutti. Ma il tema è tale che dovrebbe essere affrontato, probabilmente, in sede di conferenza Stato – Regioni».
Per Michela Chiogna, presidente di Upipa, «si tratta di una questione estremamente complessa, su cui è iniziato un dialogo con la Provincia. Bisogna però tenere presente che ogni persona fa storia a sé e che le necessità sanitarie variano molto nei casi di demenza, a seconda delle complicanze».
La questione, dunque, è sul tavolo. E viene presa con una certa preoccupazione anche per quanto riguarda la sostenibilità delle Rsa. Strutture che devono fare quadrare i conti, anche per dare l’adeguato servizio ai propri ospiti.D.O.