Salute

mercoledì 5 Aprile, 2023

Amianto, le bonifiche vanno avanti, ma l’assenza di incentivi rallenta i lavori

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Rimangono ancora capannoni industriali da smaltire. Alotti (Uil): «Servono 10 milioni di euro per finanziare le opere»

Il censimento sull’amianto ancora presente in provincia di Trento ha aperto il proverbiale vaso di Pandora.
Su il T di ieri ci siamo concentrati sui Comuni a maggiore incidenza di amianto cementizio in Trentino, ma il calcolo complessivo è più grande. In totale le superfici da bonificare entro 3 anni sono pari a 200.000 metri quadri, altre, e anche in questo caso si parla di centinaia di metri quadri, vengono monitorate ma non sono in uno stato di degrado che ne richieda lo smaltimento. È bene precisare che si sta parlando di amianto cementizio, un tipo di asbesto più compatto che non si disperde nell’aria facilmente a meno che non ci sia un degrado importante della superficie, spesso una copertura di un capannone, di un garage o il tetto di una casa. Rimane imperativo, però, intervenire per tempo e rimuovere l’asbesto quando dà segni di degrado, ma prima che si possano verificare problemi per la salute delle persone. C’è chi dice, però, che i progressi che si stavano facendo nella bonifica dell’amianto hanno rallentato il passo.
Niente incentivi, meno lavori
«È positivo che finalmente la Provincia abbia fatto il nuovo censimento dell’amianto — commenta il segretario della Uil del Trentino Walter Alotti — Però ora bisogna mettere le persone e le aziende nelle condizioni di smaltirlo al più presto». Il sindacalista fa riferimento agli incentivi per la bonifica. In precedenza, quando per un immobile veniva indicato come urgente l’intervento, il privato, azienda o persona fisica indistintamente, aveva diritto agli incentivi per i lavori che prevedono rimozione, smaltimento e costruzione della nuova copertura. Lavori onerosi quindi.
L’assessora provinciale alla salute Stefania Segnana ha spiegato che ora questi incentivi per le aziende sono previsti solo se oltre alla rimozione, l’intervento prevede anche un miglioramento energetico dell’edificio. «Mi sembra una strategia sbagliata — prosegue Alotti — Non capisco perché legare la cosa alla classe energetica, l’amianto va smaltito quanto prima e basta. Per farlo servono incentivi, per aziende e persone fisiche, in modo da liberarsi di questi materiali dannosi. Poi vanno fatte anche le verifiche per accertarsi che i lavori siano stati fatti a regola d’arte. Senza incentivi il rischio è quello di smaltimenti irregolari o che il degrado aumenti. Penso che un tema come questo, che ha a che fare con la salute delle persone, dovrebbe essere al centro delle elezioni».
Dentro agli immobili
La maggiore concentrazione di amianto cementizio è a Rovereto, dove sono censiti oltre 21mila metri quadri da bonificare entro un anno e quasi 41mila da smaltire entro tre anni. Le partite più grosse riguardano alcuni vecchi capannoni industriali in disuso, oggi passati al Comune o a Trentino Sviluppo, come l’immobile di via Brennero che ha più di 4.000 metri quadri da bonificare con indice di degrado 69, cioè ai limiti della fascia più elevata che parte da 70. Nella zona industriale della città della Quercia, sono comprese nell’elenco della Provincia diverse coperture di capannoni industriali e artigianali, ma in giro per la città spuntano anche tetti di abitazioni. In Trentino sono diverse le grandi fabbriche che hanno ancora amianto sul tetto da smaltire, anche se intrappolato nel cemento. A Trento è nell’elenco il capannone di viale Verona di proprietà dell’immobiliare di una società industriale metalmeccanica: 5.500 metri quadri con indice di degrado 72, cioè bonifica necessaria entro un anno. Sempre nel capoluogo sono da bonificare coperture di magazzini e di strutture commerciali e anche di grandi condomini, spesso però con indici di degrado bassi, sotto i 50 punti. Ad Arco ci sono 4.200 metri quadri sul capannone di una grande azienda industriale, ma l’indice di degrado è 51, relativamente basso. Sempre nell’Alto Garda sono da bonificare capannoni di imprese edili, 1.200 metri quadri ad Arco con indice 51, e di officine, 1.000 metri quadri a Riva del Garda con indice 54. Tra le altre località, a Condino, comune di Borgo Chiese, sono da bonificare 4.000 metri quadri di una grossa fabbrica della zona, con indice di degrado 57 cioè smaltimento entro tre anni. A Roverè della Luna sono da sistemare capannoni in via Quattro novembre da 3.400 e 1.200 metri quadri con indici di degrado 63 e 66, anch’essi quindi nella fascia della bonifica entro tre anni.
Un impegno costante
Rovereto, come detto, è il comune con l’eredità di amianto cementizio più importante in Trentino. «Chiaro che in una città dal carattere industriale come la nostra ci siano delle aree da bonificare più importanti che in altre zone della provincia — dice il sindaco di Rovereto Francesco Valduga — È importante fare una distinzione tra aree pubbliche e private. Sulle prime in questi anni abbiamo fatto importanti bonifiche, lavorando in sinergia con la Provincia, su aree diventate di sua proprietà attraverso Trentino Sviluppo, oppure operando da soli su terreni entrati sotto il controllo del comune. A Rovereto ci sono tanti “Ex-qualcosa”, nel tempo ne abbiamo sanati molti e il processo va avanti». C’è poi la partita dei privati. «Lì bisogna fare l’ingiunzione, ma in questi anni devo dire che abbiamo sempre riscontrato collaborazione e il privato ha risposto presente».
Se a Rovereto l’assenza di incentivi non sembra aver pesato non è così ovunque. «Ad Arco ci sono dei casi — spiega l’assessore comunale all’ambiente Gabriele Andreasi — Alcuni più critici, altri meno. Di sicuro sul territorio ci sono una serie di immobili, spesso vecchie seconde case di montagna, che hanno la copertura in amianto cementizio. Prima i privati intervenivano subito quando c’era la segnalazione, ora senza gli incentivi gli accessi per gli interventi sono meno». Anche ad Arco c’è poi la partita di vecchi edifici industriali. «Ci sono alcuni capannoni che hanno alle spalle anche storie di fallimento e per cui è più difficile far intervenire il privato — spiega Andreasi — Comunque gli interventi vengono fatti sempre prima che possa diventare un problema per la salute pubblica».
I progressi su Trento invece soddisfano l’assessore competente Ezio Facchin. «Ho dato un’occhiata alla cartografia ambientale del Comune e devo dire che ormai quello che rimane da fare è meno di quanto è stato fatto. Il trend è incoraggiante e la situazione è sotto controllo. Chiaro in città forse si è intervenuto prima rispetto a zone periferiche e con una densità di popolazione minore». Zone meno popolose come Roveré della Luna dove, nel frattempo, sono stati fatti dei lavori importanti di capannoni fino a poco tempo fare in forte degrado.
La lotta contro l’amianto procede quindi e se i periodi più bui, quelli in cui davvero si contavano i morti a causa di esso, sono alle spalle, non ci si può fermare. Per lasciarsi alle spalle almeno questo «eco-mostro» servono collaborazione, responsabilità e anche incentivi. «Almeno 5-10 milioni da mettere a disposizione di aziende e privati», conclude Walter Alotti.