Il caso

giovedì 29 Giugno, 2023

Anche Fugatti dice no alla diga del Vanoi: «Non si farà»

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Netta la posizione del governatore, ma intanto il Veneto va avanti con la progettazione e dal Consorzio Brenta specificano: «Nulla da nascondere, abbiamo avuto contatti sia con la Provincia sia con Dolomiti Energia»

Se Tonina aveva chiuso le finestre contro gli spifferi che dal Veneto soffiavano sul torrente Vanoi, ora è il presidente Maurizio Fugatti a chiudere la porta in faccia al progetto della diga che la giunta di Zaia vorrebbe realizzare e per cui ha affidato i lavori di progettazione, finanziati con più di un milione di euro dei fondi Pnrr, al Consorzio di bonifica Brenta.

Fugatti: «Noi contrari»
«Siamo assolutamente contrari – ha detto il presidente della Provincia Maurizio Fugatti – Condivido appieno quanto detto martedì dal collega Mario Tonina». Anche il governatore, quindi, appoggia la richiesta di sospensione della progettazione avanzata con una nota ufficiale diretta alla Regione Veneto dal vicepresidente Tonina, esponendosi in prima persona come chiedeva anche dal comitato contrario all’opera. La Provincia di Trento quindi, nei suoi vertici più alti, ribadisce la sua contrarietà a quest’opera. Viene da chiedersi però come sia possibile che la Regione Veneto vada a finanziare la progettazione di una diga, che insisterà in larga parte sul territorio trentino, senza contattare i propri vicini, tuttalpiù che le due amministrazioni sono entrambe a guida dello stesso partito: la Lega. «Non sono a conoscenza dei passaggi tecnici – dice Fugatti – Ma se lo hanno fatto significa che la progettazione potevano farla, ma oltre non si andrà». Sul «T» di ieri Tonina parlava di sgarbo, più pacati i toni del governatore che non rischiarano la questione dal mistero che la avvolge

Il Consorzio: «Interlocuzioni avviate da tempo»
Un altro fronte silente, in questo momento, è quello del Consorzio bonifica Brenta, incaricato di progettare un’opera che andrebbe a realizzare un bacino di 33 milioni di metri cubi, con una portata media annua di 119 milioni di metri cubi, e che potrebbe costare circa 150 milioni di euro. In questo momento dal Consorzio preferiscono concentrarsi sul lavoro di progettazione e solo in seguito comunicare il frutto del loro lavoro, convinti che l’opera possa avere ricadute positive non solo per il Veneto, dove andrebbe a dare risposta al problema di carenza di acqua sotto molti aspetti, ma anche per il Trentino, «Con potenzialità che vanno dal turismo fino alla produzione di energia idroelettrica», dicono. A passare per quelli che tirano dritto senza parlare con nessuno di un’opera a cavallo tra Veneto e Trentino però non ci stanno. Sul «T» di ieri scrivevamo della seduta del consiglio regionale veneto dell’agosto 2022 in cui il consigliere Pan diceva che il consorzio aveva avviato contatti sia con la Provincia di Trento sia con Dolomiti Energia. Circostanza questa che dagli uffici del Consorzio a Cittadella viene confermata: nel tempo sono stati avviati contatti sia con Dolomiti Energia che con la Provincia di Trento. «Io non ho parlato con nessuno», precisa Fugatti. Nemmeno con il governatore del Veneto Zaia? «Assolutamente no». Anche Tonina ha negato qualsiasi interlocuzione in merito spiegando di aver appreso dei passi avanti fatti dal Veneto dai giornali e dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’affidamento per il bando di progettazione. Chi abbia parlato con chi rimane per ora un mistero da svelare e neanche tanto secondario.

Il comitato: «La lezione del ’58, una diga impossibile».
Nonostante le rassicurazioni della politica trentina il comitato di difesa del torrente Vanoi non rimane con le mani in mano. Uno dei suoi membri, Flavio Taufer, ha dissotterrato la storia delle analisi fatte nel 1958 quando, nel periodo di vera e propria corsa ai bacini, si era pensato di realizzare la diga sul Vanoi. Un modo per dimostrare non solo che l’opera è dannosa, ma che sia «impossibile e pericolosa» anche da un punto di vista realizzativo. Il racconto di Taufer si concentra proprio su una serie di perforazioni realizzate, anche con esplosivo, per saggiare la stabilità delle anse del torrente Vanoi. « Si affondò nella solida roccia con l’ausilio di idrocompressori per circa 10 metri, fintanto che si rese necessario ricorrere all’esplosivo – scrive Taufer – Furono brillate forse due, tre cariche per facilitare l’affondo: la missione era fondamentale per accertare la tenuta del bastione roccioso. La mina fatidica esplose calcolata per tempo e carica ma, al rovescio di ogni previsione, il materiale frantumato, anziché diffondersi nei paraggi, implose e scomparve ingurgitato e dal profondo si scoprì emergere sabbia! Sconcertati per l’imprevisto esito, gli addetti prelevarono un sacchetto di sabbia dall’interno della cavità ed uno nell’alveo del torrente». Secondo Taufer tale episodio rilevava «l’esistenza di cavità importanti a fianco del torrente». Proprio questo episodio, conclude Taufer, «divenne quasi sicuramente il motivo che allora determinò la rinuncia all’impresa. Nell’epoca delle dighe a gogò, la saggezza dei tecnici a confronto con le viscere del Còppolo e con l’alveo epigenetico del torrente, li indusse, zitti zitti, a ripiegare. ! Le carte geologiche parlano chiaro, l’instabilità dei versanti della valle è visibile agli occhi di un bambino».