L'intervista
martedì 8 Novembre, 2022
di Stefano Frigo
Andrea Trainotti, capitano aquilotto, trentino doc (nato a Rovereto nel 1993 ma da sempre vive ad Ala) ha tagliato questo prestigioso traguardo 48 ore fa affrontando allo stadio Briamasco la Pro Sesto.
100 presenze che effetto fanno?
«La verità? Neppure lo sapevo che quella di domenica sarebbe stata la mia centesima partita con il Trento. Quando l’ho saputo ho provato un mix di gioia e di orgoglio».
Chi ha avuto, allora, il merito di tenere conto delle sue apparizioni in maglia gialloblu?
«Il nostro addetto stampa Daniele Loss. Lì per lì non ho dato troppa importanza alla cosa poi però, con il passare delle ore, ho capito che si trattava di un qualcosa di significativo. 100 presenze non sono banali considerando che nel frattempo abbiamo ottenuto due promozioni».
Insieme al portiere Matteo Cazzaro, lei è l’unico rimasto dai tempi dell’Eccellenza.
«Esatto, noi due e basta. Con il senno di poi sembra che essere tornati in serie C fosse scontato e dovuto ma vi posso assicurare che non è così. Il Trento mancava dalla C da 30 anni, ci saranno dei motivi».
Lei accettò la proposta aquilotta abbandonando il professionismo e “retrocedendo” di due categorie. Cosa la spinse a dire di sì?
«È stata una scelta di vita. Avevo 24 anni ed ero reduce da 6 – 7 stagioni in D tutte abbastanza positive compresa l’ultima con la Virtus Verona. Quell’estate però (era il 2019 ndr) ricevetti solo proposte che non mi convincevano fin quando mi trovai con l’ex ds gialloblù Attilio Gementi».
E come si sviluppò la trattativa?
«Mi spiegò il progetto e le volontà del Trento. Io volevo giocare ma cercavo anche un lavoro. Dopo pochi minuti arrivò il presidente Mauro Giacca e il tutto si perfezionò».
Già perché tuttora lei riesce ad incastrare gli impegni da calciatore professionista con l’attività lavorativa alla Giacca srl.
«Si’. Non rimane molto tempo libero ma è ciò che desideravo».
Con il patron del club vi lega un rapporto profondo, il fatto che a luglio abbia firmato un contratto quinquennale ne è la riprova.
«C’è sicuramente una stima reciproca e sincera. Non ho mai fatto il ruffiano. Sono sempre stato me stesso dentro e fuori dal campo. Credo che lo abbia apprezzato. Io ho rinunciato a qualcosa dal punto di vista economico e la società ha ritenuto opportuno confermarmi sino al 2027. Poi mi piacerebbe rimanere al Trento anche in futuro».
Quindi si può dire che chiuderà la sua carriera con questa casacca?
«Se nel professionismo sì. Poi se dovesse arrivare un tecnico che proprio non mi vedrà non ho certo intenzione di rimanere a scaldare la panchina».
Torniamo al calcio giocato. I ricordi più belli di queste tre stagioni in gialloblù?
«Ne ho uno per annata. In Eccellenza la vittoria della Coppa Regione contro il San Giorgio. Combattuta fino all’ultimo. In serie D il successo al Briamasco per 2 – 1 sul Campodarsego. Fu la promozione matematica con tre turni di anticipo. Gioia immensa. Il più recente è la mia rete a Gorgonzola nell’andata dei play out contro la Giana Erminio. Un gol pesante per la salvezza».
In un percorso quasi netto dal punto di vista sportivo riesce a ricordare il momento più duro?
«Indubbiamente la finale di campionato dello scorso anno. Ci trovammo ai play out dopo un campionato positivo. Era forte la paura di rovinare tutto ma bisogna sempre rimanere lucidi».
Intanto non ci sono più mister D’Anna e il ds Gementi. Come ha vissuto questi cambiamenti?
«Il cambio di un allenatore è sempre una sconfitta per tutti. Il nuovo arrivato, Tedino, ha portato qualcosa di nuovo in termini di intensità e positività. La questione ds è una scelta della società e io non giudico».
Con Tedino i risultati migliorano ma ci sono continui infortuni. Che spiegazione si dà?
«Allenarsi su un terreno sintetico ha dei risvolti. Io non ho mai avuto certi tipi di problemi sull’erba naturale, tendini e muscoli vengono sollecitati in maniera diversa. Piaccia o non piaccia è così».
la storia
di Carlo Martinelli
La titolare assieme al marito, Germano Cosi, lasciarono la Michelin per rilevare la pizzeria-ristorante aperta da un siciliano. Tra i famosi, anche Massimo Ranieri mangiò nello storico locale