L'intervista

sabato 3 Agosto, 2024

Antonella Viola: «Riscoprire il tempo del riposo. Abbuffarsi a tarda sera? Sbagliatissimo»

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Il nuovo libro dell'immunologa: «Uscire dalla logica del profitto. Troppe patologie e costi sociali elevati»

Non avrebbe mai immaginato di avere una seconda vita da scrittrice e divulgatrice Antonella Viola: «Quando Feltrinelli tre anni fa mi chiese di scrivere il primo libro (Danzare nella tempesta) ero scettica, invece ha venduto molto. Cerco di arrivare a più persone possibile, ma restando sempre focalizzata sulla scienza» ammette l’immunologa, diventata volto noto durante la pandemia. Viola, 55 anni, docente di Patologia generale a Scienze Biomediche dell’Università di Padova, ricercatrice nel campo delle difese immunitarie contro il cancro, lunedì alle 18 sarà a Borgo Valsugana, in piazza De Gasperi, ospite della Fondazione De Gasperi, per presentare il suo ultimo libro «Il tempo del corpo. Sonno e ritmo circadiano» (Feltrinelli). Un saggio che, partendo da alcune domande (Perché ci sentiamo sempre stanchi? Come possiamo aiutare il corpo a riposare?), ci introduce ai ritmi circadiani del nostro orologio naturale e al concetto del tempo biologico, per condurci alla ricerca di un equilibrio tra le incombenze della nostra quotidianità e l’ascolto del nostro corpo. Criticando, senza sconti, i modelli imposti dalla società iper-produttiva.
Professoressa Viola, ritorna sul concetto di tempo, come nel suo precedente libro.
«Sì in “Scienza dell’invecchiamento e della longevità” declinavo il tempo sull’intero ciclo vitale, ne “Il tempo del corpo” invece scrivo del tempo delle nostre cellule, dei ritmi circadiani, cioè delle oscillazioni del nostro corpo che si ripetono nell’arco delle 24 ore».
Criticando anche un certo modello di capitalismo…
«La scienza ha delle ricadute sulle nostre scelte e il nostro stile di vita. Il mio è quindi anche un messaggio politico, nel senso più alto del termine, quindi non partitico. Scrivo di una società che deve riscoprire il tempo del riposo, una società che deve uscire dalla dinamica della produttività, del profitto, della performance a tutti i costi. È un cambio di passo e di mentalità. Con l’analisi scientifica esorto la politica e la società a cambiare impostazione».
Non rischia di politicizzare la scienza?
«Ma la scienza non è asettica, nella storia ha sempre avuto valore politico. Scienza, politica, filosofia, economia sono vasi comunicanti che devono discutere e trovare una sintesi».
Ma è possibile mettere in discussione e cambiare gli attuali modelli economici e sociali per riscoprire il valore del tempo e del riposo?
«Non solo è possibile, ma necessario. E in qualche modo sta già avvenendo nelle giovani generazioni. La scienza dimostra che se non diamo al corpo il tempo di riposare, se forziamo le persone oltre il loro orologio circadiano naturale, queste avranno una desincronizzazione dei ritmi circadiani. Conseguenze? Aumento del rischio di arresti cardiocircolatori, tumori, malattie metaboliche, depressione. Sono, non a caso, le malattie della società in cui viviamo. Una società che invecchia sempre di più e la cui quantità di malati aumenta rapidamente. Se non cominciamo a fare prevenzione cambiando mentalità anche il sistema sanitario pubblico non potrà più reggere».
Quindi?
«Bisogna fare in modo di invecchiare in salute, poi certo lo stile di vita sano non azzera il rischio di malattie – che dipende anche da genetica e sfortuna – ma ne diminuisce le probabilità del 30-50%. Metteremmo tutti la firma a dimezzare le probabilità di ammalarci».
Dice che i giovani lo hanno capito…
«Le nuove generazioni stanno già spontaneamente segnando un cambio di passo, andando verso uno stile di vita diverso. Per i giovani oggi è importantissimo, più che lo stipendio, il tempo libero e la qualità della vita. Questa è la risposta alle vecchie generazioni per decenni stritolate nella logica del profitto e della vita dedicata al lavoro».
La accuseranno di essere per la «decrescita felice»…
«Con questa impostazione non ci sarebbe nessuna decrescita, ma una crescita a lungo termine. Vorrei che i nostri governanti fossero più lungimiranti. Nel libro faccio un esempio…».
Racconti.
«Secondo i pediatri, i bambini fino all’adolescenza dovrebbero dormire un’ora in più alla mattina, ne guadagnerebbero in salute fisica e psichica. Quindi la scuola dovrebbe cominciare un’ora dopo, ma questo comporterebbe che anche i genitori sarebbero costretti ad andare al lavoro più tardi. Per il nostro sistema produttivo sarebbe inconcepibile. Io però cito uno studio di alcuni economisti americani che hanno voluto capire l’impatto economico di un cambiamento del genere».
Risultato?
«Hanno calcolato che se nel primo anno il sistema perderebbe in termini di Pil, poi il ritorno sarebbe enorme, perché formerebbe ragazzi che da adulti saranno più sani, meno ansiosi e meno stressati, che avranno migliori occupazioni. Insomma, diminuirebbero i costi sociali e aumenterebbe il gettito. Altroché decrescita! I Paesi del Nord Europa stanno già andando in questa direzione riducendo l’orario di lavoro».
Senta, il Covid può fare ancora paura?
«Oggi ha poca aggressività clinica ed è come un’influenza grazie ai vaccini, alle infezioni naturali e alla stabilizzazione di omicron. Il nostro sistema immunitario conosce il virus e riesce a difendersi. I fragili devono prestare attenzione, ma loro devono stare attenti anche all’influenza».
C’è un rischio di nuove pandemie?
«Possono arrivare, mi preoccupa l’influenza avaria, mostra segnali di voracità, ma l’Oms la sta tenendo sotto-controllo. Speriamo questa volta di essere molto più preparati se dovesse capitare il peggio».
Lei fa spesso discutere. Anche per le sue prese di posizione politiche…
«In realtà faccio spesso arrabbiare una parte ben definita del giornalismo e della politica, sono minoranze ristrette e rumorose, come lo erano i no vax. Ma, al contrario, i loro lettori ed elettori perlopiù mi apprezzano. Poi c’è chi mi critica per conflitti d’interesse».
I produttori di vino si sono arrabbiati quando ha detto che il vino fa male…
«La mia non era una dichiarazione di guerra, ma un invito a un consumo più consapevole e solo in casi eccezionali. Bere poco, in rari casi, e di qualità. I produttori più illuminati peraltro si stanno orientando sul produrre vini meno alcolici. Credo sia utile ragionare con loro».
Sul digiuno intermittente, suo malgrado, la sua voce si è mischiata a quella dei Briatore, Fiorello, eccetera. Così non si banalizza la scienza?
«Sono gli effetti distorsivi della comunicazione di massa, fa parte del rischio quando sei conosciuta e non parli solo a un circuito ristretto. L’importante è che passi il messaggio giusto e si mettano dei paletti. Abbuffarsi a tarda sera dopo 20 ore di digiuno è sbagliatissimo. Ho scritto il libro “Il digiuno intermittente. Tutti i benefici dell’alimentazione circadiana” per spiegare uno schema di alimentazione che favorisca il regolare funzionamento del nostro corpo».