cronaca
sabato 19 Agosto, 2023
di Davide Orsato
Un litigio scoppiato per «motivi banali», esasperato dallo stato di alterazione in cui si trovavano entrambi. Alcol, ma anche medicinali, benzodiazepine, utilizzati in modo improprio. Si trova in carcere il 37enne, originario dell’Albania, residente a Conegliano che nella serata del 16 agosto ha ferito in modo grave la compagna («il T quotidiano» di ieri), trentenne di nazionalità romena, ad Arco, dove si trovavano, ospiti di un residence, temporaneamente (anche la donna era solita frequentare la struttura con una certa frequenza).
L’uomo è ora in carcere, a Spini di Gardolo, con un’accusa grave: quella di tentato omicidio. Ieri l’udienza di convalida, davanti al giudice per le indagini preliminari Consuelo Pasquali, ha dato la sua versione dei fatti, assistito dall’avvocato d’ufficio Ilaria Deflorian, del foro di Rovereto. «Non mi sono reso conto di averle fatto male – ha raccontato – stavamo litigando eravamo entrambi un po’ brilli e la situazione è sfuggita di mano». Il 37enne ha raccontato di «aver preso in mano il coltello» nella concitazione del momento, ma senza l’intenzione di usarlo contro di lei: «L’ho agitato in aria, urlandone: vattene», ha riferito. Poi il contatto, avvenuto – secondo quanto riferito dall’aggressore – in maniera non intenzionale. La donna sarebbe stata colpita con una coltellata, al fianco: «Ero convinto che la ferita fosse superficiale – ha riferito l’uomo – aveva un vestito lungo, non è nemmeno uscito sangue». E anche i rilievi scientifici proverebbero l’assenza di sangue nel miniappartamento dove è avvenuta l’aggressione. La ferita, tuttavia, non era assolutamente superficiale. La vittima se n’è resa conto e ha chiamato i soccorsi. I primi ad arrivare sul posto sono stati i carabinieri della stazione di Arco, che ora indagano sull’accaduto.
Il tutto è successo in pieno centro, al residence Villa Nicole, in via Fossa Grande, nella stanza 102, al piano rialzato, proprio di fronte alla reception. La coppia risultava essere una presenza abitudinaria di questa struttura, tant’è che ci viveva per gran parte dell’anno, anche per sei mesi di fila.
Una presenza costante e nota, almeno alla proprietà, che è stata sentita dagli inquirenti al fine di raccogliere informazioni sommarie sulla coppia. Ma una presenza che, allo stesso tempo, non si faceva notare più di tanto. Quando è avvenuta l’aggressione, nessuno si sarebbe accorto di niente, nemmeno di urla e di rumori sospetti. In altre parole, non ci sarebbero testimoni, solo le versioni dei due. Quella dell’uomo è nota, almeno a gip e procura, da ieri, manca ancora quella della vittima. Operata d’urgenza all’ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto sarebbe fuori pericolo. Il compagno ha chiesto dal carcere molte volte di lei, ha chiesto come sta e come si sente, dicendosi pentito dell’accaduto e molto preoccupato per le sue condizioni. L’accusa ipotizzata dalla procura, però, è la più pesante di quelle che potevano essere ipotizzate.
E si tratta del terzo fatto di sangue grave su cui, in meno di un mese, sono chiamati a fare luce i pm roveretani. Gli altri due sono finiti nei peggiori dei modi, con la morte di due donne: Mara Fait, 63 anni e Iris Setti, 61, il cui funerale è stato celebrato poche ore fa.
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di Redazione
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