Casa
venerdì 8 Marzo, 2024
di Chiara Turrini
Al termine di questa storia di emergenza abitativa, seguita dallo Sportello Casa per Tutt* di Trento, c’è una famiglia con quattro bambini che da Arco si sposterà a Campi, in un appartamento con una sola stanza da letto attivato dai servizi sociali. La soluzione è stata accettata di buon grado: è l’ultima spiaggia prima che il nucleo familiare venga diviso e i minori portati in struttura. Ieri, una volta trovato l’accordo con la proprietà per i tempi del trasloco – 11 giorni concessi come ultimissima proroga dal privato proprietario di casa, a sua volta molto provato dall’intera vicenda – la famiglia Naji ha mostrato forza e ottimismo, ma il futuro per loro resta incerto. Tutti i bimbi vanno a scuola e asilo ad Arco, anche il figlio a cui è stata diagnosticata una lieve disabilità. I trasporti verso le scuole di Arco, da Campi, non sono il massimo. La madre non ha la patente. Neanche l’operatore telefonico della famiglia ha copertura a Campi, e tra le cose da fare in questi giorni c’è pure passare ad un altro gestore. La stanza è piccolissima, il padre non potrà starci perché l’alloggio, così com’è, per legge non potrebbe ospitare così tante persone. Tuttavia, questa era l’unica soluzione possibile in tutto l’Alto Garda.
La vicenda di via del Pepe
Una famiglia composta da sei persone, i due genitori e quattro minori tra i 14 e i due anni, sfrattata da un proprietario privato che, legittimamente, vuole rientrare in possesso del suo unico bene immobile. Era iniziata così la vicenda di via del Pepe, ad Arco: uno sfratto rimandato a lungo, poiché per la famiglia – i Naji, cittadini ormai italiani perché da anni risiedono e lavorano nell’Alto Garda – non c’è un’altra casa. A questa vicenda ieri si è trovato un accordo per mettere la parola fine, ma quanto successo in questi mesi in via del Pepe non è una storia a sé nell’Alto Garda: è una piaga che affligge sempre più famiglie, «colpevoli» di non trovare un’altra sistemazione dopo che un proprietario a cui pagano l’affitto ha ingiunto lo sfratto. Il mercato immobiliare non riesce ad assorbire la richiesta così come non riesce Itea.
Il ruolo dei servizi sociali
Nel caso di questa famiglia, non c’è mai stata morosità: gli affitti sono stati regolarmente versati. Eppure, nell’Alto Garda non esiste un altro proprietario disposto ad affittare una casa grande a sufficienza per sei persone di origine straniera, tra cui quattro minori. Dopo due anni di ricerca e richieste, il servizio sociale ha accettato di farsi carico della situazione della famiglia. Il rischio di finire in strada con quattro minori non sembra essere una condizione sufficiente per la presa in carico, e sono servite le pressioni dello Sportello Casa per Tutt* di Trento – con quattro picchetti, di cui uno davanti alla Comunità di Valle – e delle forze dell’ordine – le quali sono intervenute per segnalare l’esecutività di uno sfratto ormai inderogabile con la presenza di minori. Alla fine, ieri, nella data in cui la famiglia, almeno sulla carta, rischiava di essere sgomberata con la forza, si è trovata una soluzione, seppur non adeguata e per forza temporanea. I servizi sociali hanno attivato un alloggio gestito dalla cooperativa Arcobaleno, in località Campi. Mercoledì i Naji hanno ottenuto le chiavi di casa e ieri lo Sportello è tornato per domandare al proprietario un ultimo rinvio, necessario per il trasloco. La proroga è stata concessa, superando con grande umanità le tensioni di due anni di rinvii. Anche i proprietari infatti sono vittime del vuoto istituzionale intorno alla crisi abitativa.
«Servono alloggi provvisori»
Lo Sportello Casa per Tutt* di Trento lancia quindi l’ennesimo appello alle istituzioni locali: «Ogni Comune dovrebbe avere degli alloggi provvisori per i nuclei familiari con minori, disabili e anziani in modo da tutelare inquilini e proprietari. Se Itea funzionasse al meglio ci sarebbe un numero congruo di alloggi di emergenza. Tuttavia, dato il contesto, segnato da affitti turistici incontrollati, gli enti locali non possono esimersi dall’identificare e dotarsi di alloggi provvisori al fine di tutelare il diritto fondamentale all’abitare. In alternativa, gli enti locali devono istituire un fondo per supportare le famiglie in residence, ostelli e alberghi, strutture che di certo non scarseggiano sul territorio. Questo sarebbe il modo di gestire i soldi pubblici, ovvero le tasse dei lavoratori e lavoratrici che spesso e volentieri si trovano sfrattati».
L'annuncio
di Leonardo Omezzolli
A comunicare la notizia la vice sindaca di Riva Silvia Betta, felice per l’obiettivo raggiunto anche grazie alla disponibilità di spazio messa a disposizione dall’associazione Luogo Comune