domenica 26 Novembre, 2023
di Gianluca Ricci
Non c’è più tempo da perdere, se si vuole continuare a definire Arco «la città delle palme». Il rischio, infatti, è che entro un paio d’anni delle piante che caratterizzano il suo paesaggio urbano non ne rimanga più nemmeno una, a meno che non si mettano in campo azioni energiche per contrastare la diffusione del micidiale Paysandisia Archon, un lepidottero ghiotto di linfa di palma che la risucchia da ogni pianta fino a farla morire. È questo in sintesi l’esito della serata organizzata l’altra sera a Palazzo Panni dal prof.
Massimo Bertamini, originario di Arco e docente di arboricoltura all’Università di Trento, in collaborazione con l’amministrazione comunale. Un appuntamento voluto per richiamare l’attenzione degli arcensi che in giardino conservano ancora intatta qualche pianta di palma affinché attuino le strategie necessarie per combattere la presenza del lepidottero killer, la cui diffusione è stata illustrata ai presenti dal dott. Costantino Bonomi, conservatore di botanica al Muse. Il comune, dal canto suo, ha già iniziato ad attivare gli interventi necessari per salvare gli oltre 300 esemplari ancora vivi di sua proprietà, trattandoli con robuste applicazioni di nematodi: si tratta di minuscoli vermetti che si cibano delle larve dei lepidotteri e impediscono che questi ultimi si diffondano su tutto il territorio, come invece accaduto nel basso lago, dove, come ha raccontato il dott. Lorenzo Tosi, del Centro Studi Agrea di Verona, la strage è stata davvero tremenda. Se si vuole evitare di ripetere gli stessi errori commessi sul Garda veronese, è necessario però intervenire con sollecitudine, applicando i nematodi una prima volta in questo periodo e una seconda volta nella prossima primavera.
Va da sé che meno esemplari malati ci saranno all’inizio della stagione estiva, maggiori saranno le possibilità che si riesca a limitare la diffusione del fastidioso parassita, salvando in questo modo una delle peculiarità specifiche di Arco, come ha illustrato l’architetto Franco Bresciani parlando delle palme come protagoniste del paesaggio urbano e naturale della città. Attualmente, come confermato dalla dottoressa Rachele Nieri, ricercatrice in entomologia presso il Centro C3A dell’Università di Trento, sono proprio i nematodi l’unica speranza, anche se la loro applicazione richiede precisione e costanza. A dire il vero uno spiraglio si sta aprendo per la strada chimica: come ha annunciato Lorenzo Tosi, infatti, è possibile che per la prossima primavera venga consentito l’utilizzo di emamectina benzoata, un prodotto chimico da iniettare direttamente nel tronco che agisce per ingestione sulle larve e le elimina nel giro di pochi giorni dall’applicazione. Al momento però, come ha sottolineato lo stesso prof. Bertamini, è indispensabile tagliare quanto più velocemente possibile gli esemplari malati e smaltirli correttamente, evitando cioè che le larve presenti nella parte apicale siano libere di andarsene altrove e infettare altre piante. Facile a dirsi, ma difficile a farsi, almeno secondo quanto espresso da molti dei numerosissimi cittadini presenti all’incontro: il problema infatti è che i centri di recupero non accettano i resti delle palme a meno che non siano tagliati a pezzi di 40 centimetri l’uno, una vera impresa, visto che la fibra di quel legno mette a dura prova le lame di qualsiasi motosega. La richiesta rivolta al vicesindaco Roberto Zampiccoli, presente in sala insieme ai colleghi Gabriele Andreasi e Nicola Cattoi, è stata allora quella di attivare velocemente delle procedure che consentano ai privati di smaltire le piante morte in maniera efficace. Ma non si tratta di una questione semplice: «Purtroppo il Comune si può muovere solo in base a indicazioni normative ben precise – ha detto il vicesindaco – e al momento non pare sussistano le condizioni per poter attivare procedure speciali. Quello che possiamo fare è occuparci delle piante collocate sul territorio pubblico, e lo stiamo facendo». Per le piante presenti nei giardini dei privati bisogna escogitare qualcosa: ecco perché il prof. Bertamini ha dato vita ad un’associazione, Comunità Attiva, che potrebbe diventare il punto di raccolta di risorse (la Cassa Rurale ha già promesso il suo impegno) e di proposte, nella speranza che la Provincia recepisca l’urgenza della situazione e si attivi per assistere adeguatamente i cittadini pronti a fare la loro parte per debellare la proliferazione della falena. L’alternativa? La scomparsa delle palme, come accaduto nel basso lago. Anche se prima o poi, come raccomandato da tutti gli esperti presenti, bisognerà prendere in considerazione l’ipotesi di piantare anche palme di specie diverse, in particolare quelle che alla Paysandisia piacciono poco o nulla.