Sanità
venerdì 27 Ottobre, 2023
di Davide Orsato
«Vorrei seguire i miei pazienti meglio. Vorrei poter dedicare loro qualche minuto in più. È quello che richiederebbe il nostro lavoro, il modo ideale, vero, di far medicina». C’è un altro addio tra i medici di base. Un addio che fa male perché vede lasciare un dottore di appena 46 anni, molto apprezzato e conosciuto nell’Alto Garda. È Thieres Tommasini, da otto anni medico ad Arco, con 1.400 pazienti. Tutti loro, in questi giorni, stanno ricevendo una lettera che li avvisa che a breve non sarà più presente in ambulatorio a partire dal primo novembre. Non c’è nessun trasferimento in vista, ma un cambio di vita, con qualche incertezza: «Ho scelto di specializzarmi in fisiatria. Continuerò a essere un medico, ma in modo diverso». Alle origini della scelta, tante preoccupazione per come si è trasformata, nel tempo, la figura del medico di famiglia ma anche la difficoltà di conciliare la vita familiare con quella lavorativa. «Per seguire tutti i pazienti è necessario lavorare almeno dieci ore al giorno ogni giorno. È una situazione davvero pesante ed è peggiorata via via dalla pandemia Covid in poi. Si aggiungono in continuazione compiti burocratici. E anche se qualcosa, in questo senso, per aiutarci è stato fatto, penso a tutte le innovazioni legate alla sanità digitale, tante cose mancano ancora per consentire ai medici di base di lavorare in completa serenità».
Tra le diverse questioni in ballo c’è anche quella del massimale dei pazienti. Molti medici chiedono di calare, il che significa meno soldi per loro, ma anche ritmi di lavoro più gestibili. «È impossibile averne meno di 1.300 ora. E con questi numeri seguirli correttamente sta diventando difficilissimo, anche per questo in molti fanno fatica».
Ad Arco la notizia è stata accolta con estremo dispiacere, da parte dei pazienti di Tommasini e non solo. Trovare un medico è difficile, nonostante si sia attivato, come sostituto, il dottor Paolo Tiralonghi, ancora specializzando. In quanto tale potrà prendere solo una quota dei pazienti del dottor Tommasini.
«In questi giorni — prosegue Tommasini — in molti mi stanno contattando, non solo tra i miei pazienti. Tra questi ultimi, tanti si dicono dispiaciuti ma tutti mi dicono di capire benissimo le ragioni della scelta. Ci tengo a precisare che questo problema non è legato alla situazione alla nostra azienda, l’Apss, o al Trentino, ma è comune in tutta Italia». E per il futuro? «Non escludo di rimanere nella sanità pubblica — conclude — ma è una scelta che dovrò fare a tempo debito». Il medico arcense non è l’unico ad aver annunciato le dimissioni negli ultimi giorni. A dicembre lasceranno anche due colleghi di Trento, Umberto Borzaga e Rosalena Defrancesco, quest’ultima arrivata appena ad agosto. Anche all’origine della loro scelta ci sarebbero questioni organizzative e di carichi di lavoro. La destinazione più probabile, nel loro caso, è la provincia di Bolzano. Insomma, il problema è noto, e preoccupa. Perché si rischia una reazione a catena, che potrebbe rendere vani gli sforzi di attrarre «nuovi arrivi» in Trentino. I medici che restano hanno un carico sempre più alto, il che aumenta lo stress e li porta ad abbandonare l’incarico anzitempo.
«Inutile nascondersi — spiega il dottor Marco Ioppi, arcense e presidente dell’Ordine dei medici del Trentino — il mestiere diventa sempre più impegnativo, soprattutto per il tempo che va dedicato e meno gratificante. I medici italiani, inoltre, sono i meno pagati d’Europa, ma non è tanto questo il problema. Sono piuttosto le condizioni con cui si lavora, il poco tempo che, per forza di cose, viene dedicato ai pazienti. La questione è seria e le dimissioni di questi colleghi ci preoccupano. Abbiamo intenzione di parlarne al più presto con il presidente della Provincia Maurizio Fugatti. Accanto alle congratulazioni per la vittoria elettorale gli faremo presente anche questo problema».