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mercoledì 4 Dicembre, 2024

«Arrivo nella notte di San Nicola»: Vinicio Capossela protagonista a Rovereto con i Krampus

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Giovedì 5 dicembre il cantautore sarà al Mart per il Concertone dell'Immacolata

Vinicio Capossela è un artista unico nel panorama musicale italiano, capace di coniugare stravaganza e profondità in un equilibrio affascinante. La sua originalità si manifesta in ogni aspetto della sua produzione, dalle sonorità — che spaziano tra folk, jazz e tradizione popolare — ai testi intrisi di riferimenti letterari, storici e mitologici.
In occasione della pubblicazione del suo nuovo album «Sciusten Feste n.1965» e della realizzazione del docufilm «Natale fuori orario» (di Gianfranco Firriolo, interpretato, scritto e musicato da Capossela), il polistrumentista irpino sarà ospite del tradizionale Concertone dell’Immacolata, sotto la Cupola del Mart di Rovereto giovedì alle 21, con il tour «Conciati per le feste» (info e biglietti: www.centrosantachiara.it).

Capossela, com’è nata la volontà di cimentarsi nel mondo cinematografico? In che modo il nuovo disco e questo film si possono intersecare?
«A me sono sempre piaciuti tanto i Pogues. Il 25 dicembre è sempre stato per me, più che il Natale di Gesù, quello di Shane MacGowan, il leader dei Pogues. Ha scritto la più sgangherata ed epica canzone di Natale della storia del rock’n’roll, “Fairytale of New York”. Ci sembrava molto rock’n’roll suonare per un Natale diverso. Poi c’erano delle pagine di “Sulla strada” di Jack Kerouac che parlavano di questa festa di Capodanno a New York nel ’54, dove si passava da un locale all’altro. Alla fine le feste di Natale sono un po’ quella cosa per cui, in qualche modo, si torna a casa. Noi questo senso di casa ce lo siamo dati in un locale che per noi era casa, il “Fuori Orario”, un locale sulla ferrovia, dedicato alle vittime delle stragi fasciste del 2 agosto di Bologna, dell’Italicus. Era per noi un’occasione unica di fare comunità, di dare spazio alla seconda famiglia, quella che ci si sceglie, non soltanto quella dei legami pre-costituiti».

Si è ispirato a qualche regista nella realizzazione di questo docufilm? C’è un cinema che le piace in particolare?
«Adoro andare al cinema. La sala del cinema realizza perfettamente quella sospensione dell’incredulità a cui ambisce ogni spettacolo. Non ho un filone specifico, ma ho un particolare amore per Aki Kaurismäki. È nel mio cuore da sempre. Di lui adoro l’essenzialità e il fatto che, in un mondo che non fa sconti a nulla, c’è sempre quel focolare di umanità che dà speranza. Mi ricorda anche Chaplin. Adoro mettere su i suoi vecchi filmini, quelli brevi, le comiche. Quando non vado al cinema, a casa mi piace riguardarli. Però potrei fare un elenco lunghissimo di registi e film che amo».

Spostandoci sul lato musicale, ascoltando e analizzando il suo nuovo album si trovano sia brani suoi che cover. Come ha scelto di unire la sua musica con classici natalizi come «Jingle Bells» o «White Christmas», ma anche con brani meno noti come «Christmas Card from a Hooker in Minneapolis» di Tom Waits?
«Ah, finalmente parliamo di canzoni! Naturalmente, come le feste realizzano una sospensione del calendario normale, così i concerti delle feste sospendono il repertorio abituale. Abbiamo iniziato molti anni fa a fare brani a tema natalizio, specialmente per i concerti di questo periodo. Alcuni brani sono rivisitazioni, come “White Christmas”, il testo si rifà all’idea originale, ma è piuttosto modificato. Mi affascina il desiderio del bianco. Fin da bambino sognavo un Natale innevato, come probabilmente faceva Irving Berlin scrivendo quella canzone a Los Angeles. È il desiderio che mi interessa, quell’attesa di qualcosa che non è realizzato, che trovo molto natalizio. Di “Jingle Bells” mi ha colpito la versione di Lou Monte, un italoamericano che giocava con parole italiane e inglesi. “Christmas Card from a Hooker in Minneapolis” è un brano straordinario di Tom Waits. È la perfetta fiaba di Natale. Io sono cresciuto in Emilia, quando ancora non c’era Spotify ma c’erano le radio libere. A dicembre, su Mondo Radio Rock Station, passavano questi classici. Per anni l’abbiamo suonata al Fuori Orario, ma ora l’ho registrata. Sono molto contento del risultato, anche perché al basso c’è il grande Greg Cohen».

Nelle note di presentazione del disco cita la tenda di Achille, cioè il trovare pace mentre infuria la battaglia. In un periodo come questo, pieno di tensioni e conflitti, come vede il Natale e il suo senso?
«Sì, è particolare, come lo sono sempre stati i Natali nella storia recente. Viviamo in tempi estremamente bui. C’è un abbandono all’individualità, prodotto di un sistema che individualizza tutto, come ben enunciava Margaret Thatcher dicendo che “la comunità non esiste più, esiste solo l’individuo”. Questa individualizzazione genera una solitudine che non è fertile, ma spaventosa. Tuttavia, la festa rimane un momento di partecipazione e comunità, un antidoto alla disumanità diffusa. Detto questo, il mio disco non ha valenze politiche. Credo che la festa, anche se comandata dal calendario, possa essere vissuta con maggiore profondità».

La data di Rovereto sarà all’aperto. Questo cambia qualcosa nella progettazione della scaletta o nell’organizzazione del concerto?
«È una data molto particolare perché cade il 5 dicembre, la notte di San Nicola – o San Niccolò, come si dice nell’arco alpino e prealpino. È una figura che mi è molto cara, è il primo portatore di doni. San Nicola per me è un santo meridionale migrante, un disgraziato tra i disgraziati. Ci sono poi i Krampus, questi mostri che accompagnano San Nicola, educano i bambini con lo spavento, uno spavento pedagogico, che insegna a superare la paura. La paura è lo strumento su cui lavora il potere, per questo il lavoro dei Krampus è prezioso. Imparare a superare la paura ci renderebbe meno asserviti. Per quella data, avremo il dono di avere due veri Krampus. Sono due amici di vecchia data, due artisti, e renderanno quella serata particolarmente speciale».

Parlando della scaletta di questo tour, ci sono brani del passato che ha rispolverato o riscoperto per l’occasione?
«La scaletta è basata su “Sciusten Feste”, quindi ci sono praticamente tutte le canzoni del disco. Poi ci sono pezzi che trovano il loro spazio naturale, come “Marajà”, che ha a che fare con i Re Magi e con Erode. C’è anche “La notte se ne è andata”. Il nostro scopo è far sì che, anche a chi non piacciono le feste, con questo concerto possa sentirsi già avanti».