Economia, l'intervista
domenica 22 Settembre, 2024
di Gabriele Stanga
«Si pensa sempre alle imprese giovani come se fossero imprese a parte ma la verità è che i giovani non sono solo gli imprenditori di domani, sono già quelli di oggi». Chiede più spazio e meno paternalismo Andrea Navarini, presidente dei giovani dell’Associazione Artigiani Trentino. Per sé ma soprattutto per i colleghi che rappresenta. Navarini ha 32 anni e conduce l’azienda di famiglia (Navarini Rame) che si occupa della lavorazione del rame, «il primo metallo lavorato dall’uomo, con una storia di 10mila anni – osserva – Faccio uno dei mestieri più antichi del mondo». Dato il contesto economico di rallentamento e il continuo deflusso di lavoratori tra i 18 e i 34 anni, le sue parole iniziali suonano come un appello ma anche come una mano tesa.
Come si può migliorare il coinvolgimento dei giovani nel mondo economico trentino?
«Si può cercare di garantire un presente prima di promettere un futuro. Oggi si viene considerati giovani fino a 40 anni, invece, credo che bisognerebbe iniziare a dare responsabilità molto prima. Questo aiuterebbe a sentirsi più coinvolti. Nel mondo e nell’Unione europea questo viene fatto molto più che nel nostro paese. In Italia i datori di lavoro che si collocano nella fascia over 50 sono saliti dal 30 al 50% dal 2010 al 2023. Sicuramente c’è un problema di inverno demografico ma ci sono anche difficoltà nel passaggio generazionale».
Da presidente dei giovani quali problemi le vengono sottoposti più spesso?
«Tanti lamentano proprio il fatto che ci sia una sorta di paternalismo nel sistema trentino. Questo porta ad avere meno legami col territorio, meno propensione a investire e più propensione a lasciare»
E per quanto riguarda gli aspetti di gestione?
«Molti hanno difficoltà forti nell’accesso al credito e non riescono ad ottenere mutui anche di tipo ipotecario. Alcuni hanno difficoltà di avviamento e fanno debiti per farvi fronte. Le imprese giovani non sono realtà a parte e i giovani non sono imprenditori di domani ma di oggi. Alla fine, le problematiche sono le stesse di tutte le altre aziende».
La sua azienda, invece, si occupa della lavorazione del rame.
«Da quattro generazioni, creiamo pentole e altri oggetti d’artigianato. Siamo una piccola azienda all’interno della quale lavorano nove persone ma abbiamo la peculiarità di rivolgerci a un mercato internazionale. Il 70% del nostro mercato di riferimento è estero tra Stati Uniti, mercati europei, Australia, Taiwan e Corea del Sud».
E quale tra questi paesi porta più introiti?
«Gli Stati Uniti, al di là del momento che stanno attraversando da un punto di vista politico, sono in una fase di crescita. C’è una percezione diversa da parte degli americani rispetto a quella che abbiamo oggi in Europa».
Soprattutto visto la crisi della Germania, che ripercussioni ha avuto sull’artigianato trentino?
«C’è stata una flessione dovuta alla crisi tedesca ma tutto sommato contenuta perché il Trentino è una terra che esporta poco e le aziende si rivolgono principalmente alla domanda interna. Hanno avvertito un maggiore calo le aziende che fanno appalti o subappalti per aziende venete o tedesche».
Contemporaneamente però è calata anche la domanda interna..
«Sì, c’è stato un calo del mercato italiano mentre hanno tenuto i punti vendita che si rivolgono ai turisti, qualcuno di questi è anche cresciuto leggermente. Noi ci siamo appoggiati a qualche grossa azienda e abbiamo prodotto delle linee per metterci al riparo da flessioni forti. Poi ci siamo aperti a nuovi canali esteri legati al mondo orientale, soprattutto Taiwan e Corea del Sud che citavo prima. Avere un mercato differenziato aiuta molto, soprattutto in un settore come il nostro legato fortemente alle materie prime».
Ci sono state difficoltà su questo versante?
«Ovviamente il prezzo delle materie prime è uno di quei fattori che incidono su tutte le aziende, giovani o a conduzione storica. Se i costi aumentano, tutta l’azienda va in sofferenza. Ogni azienda ha prezzi tarati sulle ricariche di margine. Noi abbiamo la fortuna di essere un’azienda storica e capitalizzata, per cui possiamo anche esporci per acquisti ingenti di materia prima, se la troviamo a prezzi buoni, ma altri, soprattutto le aziende più giovani non lo possono fare e hanno trovato difficoltà».
Come vede il futuro dell’economia trentina?
«L’andamento dell’occupazione è buono e c’è un sistema consolidato. La sostanza c’è tutta e ci sono le basi per lavorare bene. Il ruolo delle associazioni di categoria può e deve essere molto forte e anche qui potrebbe essere d’aiuto cercare di coinvolgere qualche giovane in più».