Il dato
martedì 21 Gennaio, 2025
di Patrizia Rapposelli
È un mondo ancora non del tutto sviscerato, quello dello spettro autistico. Quasi sempre associato all’infanzia, ma tanti scoprono di essere nello «spettro» solo in età adulta. E questo si vede anche in Trentino, dove i clinici che si occupano di diagnosi dello spettro autistico, in tre anni, hanno registrato un aumento di richieste pari all’84,8% di persone adulte che, auto-identificandosi nella condizione di spettro, chiedono conferma diagnostica. Nel 2023 rispetto al 2022 un incremento del 58,7%. Nel 2024 rispetto il 2023 del 16,4%. A renderlo noto il Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione ( OdfLab), afferente al Dipartimento di psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento, che da sempre è un centro di riferimento nazionale per la diagnosi funzionale dell’autismo e per lo studio della relazione madre-bambino e dei disturbi specifici dell’apprendimento e del comportamento. «Siamo subissati da richieste — fa sapere Paola Venuti, supervisore di OdfLab e prorettrice alla didattica dell’Università di Trento— L’iter psicodiagnostico, soprattutto, in età adulta, è molto complesso. La valutazione deve essere approfondita, guardare all’attualità ma anche al passato, alla storia del soggetto, e tener conto delle numerose co-occorrenze tra spettro autistico e altre condizioni vicine, prima fra tutte il disturbo da disattenzione e iperattività, o la plus-dotazione intellettiva o altro». L’autismo non è una malattia. «È un funzionamento diverso del cervello — sottolinea Venuti— Ed è importante lavorare sulla sensibilizzazione per favorire una naturale partecipazione delle persone autistiche a una socialità di cui anche loro hanno bisogno per vivere sereni».
«Bisogno di più esperti»
Proprio in questi giorni OdfLab ha aperto le iscrizioni per il Master di primo livello sui disturbi del neurosviluppo e neurodivergenze rivolto a psicologi e psicologhe, insegnanti, professionisti sociosanitari, laureati alla triennale in materie psicologiche-pedagogiche e sociali. Le domande possono essere inviate fino al 28 gennaio. Si tratta di un percorso formativo della durata di 15 mesi per un totale di 150 ore di lezioni teoriche, 250 ore di laboratorio, 200 ore di tirocinio per ottenere 60 crediti e un diploma spendibile nel mondo del lavoro. L’obiettivo del corso è di progettare interventi psicoeducativi per bambini, adolescenti e adulti con disturbi del neurosviluppo e neurodivergenze, applicare tecniche di educazione speciale e riabilitazione sociale, intervenire nei contesti sociali, quali in famiglia, scuola e centri educativi per pianificare progetti in rete con le diverse figure professionali, padroneggiare le principali tecniche di osservazione del comportamento e di rilevazione dei bisogni educativi. «Abbiamo sempre più bisogno di figure professionali come educatori, logopedisti, docenti e psicologi, formate e aggiornate per affrontare un fenomeno così complesso e sfaccettato —spiega —Il Master è nato perché nelle scuole, negli enti e nelle strutture pubbliche o private abbiamo bisogno di figure formate specificatamente nel campo dei disturbi del neurosviluppo».
«Non siete voi sbagliati»
Ma cosa comporta una diagnosi in età adulta? «Stiamo parlando di soggetti che il più delle volte hanno un’intelligenza nella norma, che ce l’hanno fatta ad andare avanti da soli. Ma si sono portati avanti un carico di malessere notevole, di incomprensione fortissima — spiega— Sono persone che si sono sempre sentite inadeguate , non sapendo che il loro cervello funziona in modo diverso. Saperlo in età adulta serve a riequilibrare gli stati di malessere». L’autismo è una condizione clinica che ha a che fare con il neuro-sviluppo e che può comportare delle «atipicità» di funzionamento in diversi aspetti, come la modalità di interagire e comunicare, nel percepire il mondo a livello sensoriale, di intenderlo a livello cognitivo e di viverlo. Sono tutte queste peculiarità a rendere la vita di queste persone faticosa nel contatto con gli altri. Ecco perché, «è necessaria una diagnosi precoce, per intervenire non tanto sulla risoluzione dell’autismo, ma per accompagnare le persone a ridurre eventuali compromissioni associate, per migliorare la vita quotidiana che parte anche dalla consapevolezza che essere autistici non significa essere sbagliati», conclude Venuti.