Mobilità
domenica 5 Marzo, 2023
di Marco Ranocchiari
L’auto elettrica farà la differenza per i pendolari che si spostano entro la mezz’ora, che rappresentano la maggioranza degli spostamenti, e sarà molto più di un semplice mezzo di trasporto. A sostenerlo — 48 ore dopo il rinvio del voto finale dell’Unione europea sullo stop ai motori diesel e benzina dal 2035 — Maurizio Fauri, docente di Sistemi elettrici per l’energia all’Università di Trento. «Ma una politica deve comunque imporre scelte pesanti per limitare la velocità in città e favorire il trasporto pubblico».
Anche in Trentino i piani per la mobilità sostenibile puntano a un utilizzo sempre maggiore dell’auto elettrica. Oltre alle minori emissioni di CO2, ci sono altri vantaggi?
«Tra le auto a combustione interna e quelle elettriche c’è un’enorme differenza: nelle prime la benzina si trasforma in CO2, monossido di carbonio, e così via. Nell’auto elettrica invece non c’è nessuna trasformazione, solo un accumulo e una restituzione dell’energia. Con un’efficienza di gran lunga maggiore: paradossalmente un’auto elettrica avrebbe senso anche se tutta l’energia per alimentarla provenisse dai combustibili fossili, cosa che ovviamente dobbiamo e possiamo evitare. Perché l’altro grande vantaggio è che entro il 2050 tutta l’energia che serve a un’auto elettrica può essere ricavata da fonti rinnovabili. E poi ci sono molti altri vantaggi legati alla tecnologia».
Per esempio?
«La frenata non è più fatta con pastiglie ma è elettromagnetica, riducendo le polveri sottili. Se parcheggio un’auto elettrica in un garage questo non si sporcherà mai. Si pensi alle decine di migliaia di euro che si spendono per ripulire gallerie come quella di Martignano. Ma soprattutto si riducono le malattie polmonari».
Nonostante gli incentivi, però, i costi sono ancora piuttosto alti.
«Dai tempi di Conto Energia, il decreto del 2005 che finanziava gli impianti fotovoltaici, i costi dei moduli per i pannelli sono calati di quasi 8 volte. Questo succederà anche per le batterie e le automobili: in un prodotto nuovo si paga tantissimo lo sviluppo progettuale. Già adesso il costo delle auto elettriche è calato in maniera incredibile. Inoltre l’auto elettrica ha un costo di manutenzione bassissimo».
L’estrazione dei metalli necessari a batterie e componenti elettronici ha un impatto altissimo su ambiente e popolazioni coinvolte. E secondo la Banca mondiale il loro fabbisogno è destinato a crescere del 500% di qui al 2050. È il lato oscuro della decarbonizzazione?
«Sicuramente in questo momento da un punto di vista ambientale le batterie non sono ottimizzate: si utilizzano tipologie al litio con uno sviluppo molto recente, ancora in evoluzione. Al momento servono minerali poco disponibili, ma penso che in futuro si useranno anche metalli estremamente abbondanti come il magnesio, di cui è ricca anche l’Italia, dalle Dolomiti alla Sardegna. L’ottimo non esiste, ma in questo momento credo che sia fondamentale dare le giuste priorità, e cioè abbattere l’uso dei combustibili fossili: il problema del cambiamento climatico è estremamente urgente. E i trasporti contribuiscono a un terzo dei consumi energetici totali».
Questi minerali però dovranno essere smaltiti. E il riciclaggio è ancora ai primi passi…
«Non essendoci combustione, nelle auto elettriche il materiale non viene deteriorato, quindi si può recuperare. Inoltre le batterie in questo momento non hanno ancora un fine vita: possono essere usate come sistema di accumulo a livello secondario. La Nissan, per esempio, con le batterie recuperate ha creato un sistema che fornisce elettricità allo stadio di Amsterdam».
Eppure il messaggio che passa è che tutti dovrebbero semplicemente passare all’auto elettrica. Si dovrebbe partire dal ridurre il numero di veicoli?
«Sarebbe l’ideale, come lo sarebbe avere un trasporto su rotaia e non su gomma. D’altronde le autostrade sono occupate per metà dai camion. Purtroppo è un mondo sottosopra, e due fattori sono determinanti: quello economico e quello politico. Ci vuole una politica pesante, con scelte fatte a livello di imposizione, come quelle delle zone 30, e che favoriscano il trasporto pubblico. Dopodiché è chiaro, la parte economica è fondamentale».
Come immagina il prossimo futuro?
«Partiamo dalla “teoria della mezz’ora”: un posto di lavoro è accettabile fintanto che ci metti meno di mezz’ora per arrivare. Nel Medioevo si faceva a piedi il percorso casa-bottega, adesso la gente abita nei sobborghi perché in auto ci mette mezz’ora. Io credo che il futuro ci riserverà una mobilità fortemente elettrica proprio per questo pendolarismo, che rappresenta la stragrande maggioranza delle attività».
Lei sostiene che le auto elettriche ci faranno cambiare anche il modo in cui usiamo l’energia in casa. In che senso?
«In futuro ci sarà una grande quantità di energia fotovoltaica prodotta solo di giorno, e con i 6 milioni di veicoli elettrici previsti nel 2030, si può pensare di collegarle alla casa alimentandola di notte. L’automobile elettrica non sarà più un mezzo di trasporto, ma un sistema di accumulo su ruote. Un po’ come il cellulare, che ha assunto molte altre funzioni».
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