Terre Altre

sabato 29 Marzo, 2025

Balbido, paese di arte e bambini: oltre 50 murales e nascite in controtendenza

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Il paese dipinto sfida l'inverno demografico. Il sindaco Flavio Riccadonna: «I contributi anti spopolamento. Il problema è ristrutturare le case vecchie: costa troppo»

Da più di 40 anni è il villaggio dei murales. Da 60 anni, da quando Marcello Farina ha detto messa, è pure il luogo del cuore di un celebre prete-filosofo-scrittore. Da sempre, vale a dire dal XIII secolo, è la patria dei nobili Crosina qui rifugiati da Padova per sfuggire alla tirannide di Ezzelino da Romano.
Seccate le radici, nel 1752 i Crosina hanno lasciato tutti i loro averi «agli orfani maschi della città di Trento». Da qui l’origine della fondazione Crosina (cui poi furono aggiunti i cognomi Sartori-Cloch) tuttora operativa.

Eccoci dunque nel Bleggio, terra di noci e di patate; e pure di mais (che contribuisce a far girare il molino della celebre farina di Storo). Terra di preti che si sono distinti, a cominciare da don Lorenzo Guetti (1847-1898), il fondatore della cooperazione trentina che proprio da queste parti avviò la prima «Società cooperativa di Smercio e Consumo» (Villa di Bleggio, 28 settembre 1890) e la prima cassa Rurale (Quadra di Bleggio, 1892). Lo stesso don Guetti, eletto parlamentare a Vienna, si prodigò per la fabbrica dell’Ospitale-Ricovero a Santa Croce di Bleggio, del quale non vide la conclusione. Toccò al suo successore, Giovanni Battista Lenzi da Torcegno (1841-1917), avviare l’attività (1902) con l’aiuto di cinque suore «della Misericordia» arrivate da Verona (1905) e proseguita con l’apertura (1933-1964) di un reparto per la cura della Tbc.

 

Come molti toponimi di comuni «inesistenti», Bleggio Superiore non ha un centro proprio. È formato da 12 villaggi, uno più interessante dell’altro anche se soltanto Rango si fregia (dal 2006) del titolo di «Borgo tra i più belli d’Italia». Ha una popolazione di 1514 abitanti (cui vanno aggiunti i 152 «residenti» iscritti all’Aire, vale a dire residenti all’estero ma con ascendenti da qui). Rispetto al censimento austriaco del 1890 che aveva registrato una popolazione di 1609 unità, Bleggio Superiore non parrebbe aver subito uno spopolamento tale da farlo inserire nella lista dei 33 comuni «che oggi soffrono un forte calo demografico» (Paride Gianmoena, presidente del Consiglio delle Autonomie locali).

 

Il sindaco Flavio Riccadonna (1970) puntualizza: «In 10 anni la popolazione è diminuita di 60 unità. Se le pare poco…». Al saldo negativo ha contribuito la pandemia di Covid. A quanto par di capire il parziale finanziamento promesso dalla Provincia a chi acquista e ristruttura una vecchia abitazione (e si impegna a viverci almeno per 10 anni) non è solo per far crescere la popolazione. Spiega il sindaco Riccadonna: «C’è un problema di salvaguardia dei centri storici. Ci sono abitazioni da ristrutturare e proprietà indivise che portano all’abbandono. Ristrutturare uno stabile cadente ha costi elevati. Con un contributo pubblico forse qualcuno è invogliato. Diversamente…».

 

Un comune che si spopola? «Ma valà che no l’è vera. L’è sol discorsi politici, lassa perder valà… Perché, se andiamo a vedere, tutti i comuni del Trentino sono nelle medesime condizioni». Così Santina Iori (1959), la sagrestana dell’antica pieve di Bleggio, la chiesa di S. Croce dedicata ai santi Dionisio, Rustico ed Eleuterio, che conserva reliquie in quantità industriale (ben 41, secondo un elenco esposto in sagrestia). Ma che conserva soprattutto una gigantesca croce di larice (1632) del peso di 106 chilogrammi. È portata in processione quando si prospettano guerre o calamità. E pure in occasione degli anni giubilari. Il 14 settembre 2025 sarà levata dall’altare, addobbato di 120 ex voto, e accompagnata da una folla di devoti fin sul monte S. Martino (o Tignerone) dove fu trovata da un pastore. Probabilmente al tempo della Crociate (1096) ipotizzava nel 1983 il musicologo francescano Mario Levri (1912-1997).
Alla messa delle 8.30, l’unica della settimana, giovedì mattina, a S. Croce di Bleggio, c’erano 14 persone. Don Gilio Pellizzari (1947), collaboratore pastorale, osserva che la situazione è simile a molte altre comunità: «Un calo c’è e si vede». Tuttavia nei villaggi della piana, a mezzogiorno, le campane suonano ancora. Sono i rintocchi della civiltà contadina che si perdono tra le filagne, i menhir di granito, tra i campi appena arati.

 

Andiamo a Balbido a far visita a un caro amico che dall’ottobre scorso si è ritirato nella casa di famiglia, inseguito dall’età (compirà 85 anni l’11 ottobre) e da qualche problema di salute. Marcello Farina ride di gusto all’idea che il suo comune stia perdendo abitanti. «Negli ultimi anni sono nati molti bambini. Ne avrò battezzati almeno dieci-quindici. In un solo giorno ne ho battezzati sei di fila; l’anno seguente altri cinque». In effetti, all’anagrafe del comune di Bleggio Superiore negli ultimi cinque anni i neonati sono stati 75, di questi 13 solo a Balbido. Che con le abitazioni interamente ristrutturate o fabbricate a nuovo, con oltre cinquanta murales (da un’idea di Gianni Tosi) dipinti da autori vari, è uno scrigno d’arte e di vivibilità.
Un cartello, sulla strada, avverte gli automobilisti: «Attenzione, rallentare. In questo paese i bambini giocano ancora per strada». O nel piccolo parco di là dalla «cappella d’inverno» dove don Farina dice messa la domenica. Perché la chiesa di S. Giustina, tra i campi, non ha riscaldamento e, attualmente, è sottoposta a radicali restauri.

 

Il parco è dominato da un’imponente «strìa» formata da canne di bambù, realizzata nel 2019 dal gruppo giovanile di Balbido coordinato da Liberio Furlini (1950), un artista di qui (residente a Lavis) e finita tra i record del Guinnes. Alta 7 metri e 30 cm. e larga 4 metri e mezzo, rammenta la leggenda delle streghe della Val Marcia che scatenavano fulmini e tuoni ed erano fermate da cinque croci di ferro. Per scaramanzia, un contadino ha sistemato davanti a casa un cannone, dalla cui bocca sbucano fiori. Beneauguranti per nuove fioriture.
Marcello Farina, a che cosa è dovuta questa rinnovata natalità? «Al fatto che i giovani sono rimasti in paese. A Balbido ci sono 189 abitanti (erano 178 nel 1890). I giovani hanno trovato lavoro qui attorno. Vicino a me ci sono due famiglie, hanno un ristorante e ci vivono. In queste due famiglie ci sono 4 bambini. La professoressa e il meccanico hanno 3 bambini; e 2 il loro cognato. E così via. Balbido e il Bleggio sono al centro di molte opportunità: le Terme di Comano, Riva del Garda, Tione. Ci sono aziende che si sono sviluppate qui. Tutto questo contribuisce a tenere viva la comunità».

 

Uno che la tiene affilata è Efrem Crosina (1944) che coltiva patate rosse e gioca a bocce ma che, a dispetto dell’età, continua la sua professione di «molèta». È stato un arrotino giramondo: «Migravo, viaggiavo e poi tornavo. Come le rondini. Ho lasciato Balbido a 18 anni per fare l’arrotino a Firenze dove c’erano 25 ambulanti che arrivavano dal Bleggio. Con mio fratello abbiamo avviato una bottega di molèta a Bologna, poi mi sono trasferito a Milano dove ho fatto il tranviere per 23 anni senza mai smettere di fare l’arrotino». Efrem Crosina è tornato a casa nel 1996 assieme a sua sorella che a Milano accudiva i figli delle famiglie benestanti. «Siamo tornati a Balbido perché il nostro cuore era rimasto qui». La vita è una ruota. Come la «slàifera» che affila i coltelli e che affida il fruscio al pentagramma del tempo.