il caso

venerdì 9 Agosto, 2024

Batterio nell’acqua, riapre Malga Polinar: «Felici ma dolore per le forme distrutte»

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Il gestore: «Rammarico perché non ci è stato permesso verificare l'effettiva presenza del patogeno nei formaggi»

Arriviamo a Malga Polinar poco prima delle ore 20, a poche ore dalla riapertura ufficiale avvenuta dopo il via libera da parte del Comune in seguito alle analisi effettuate dall’Asl. Marco è indaffarato in caseificio, Cristina è in cucina ad ultimare la preparazione della cena per i collaboratori. La sera precedente c’è stato un bel da fare in agriturismo, poiché tutto il consiglio comunale di Rabbi aveva scelto di salire ai 1.800 metri della malga per dare un segnale di vicinanza dopo la dura mazzata causata dall’esito positivo emerso dalle analisi sull’acqua durante un prelievo del primo luglio. Le 167 forme in discussione (anzi 188,5 contando quelle presenti in salamoia, oltre a una trentina di ricotte) sono accatastate in attesa di essere trasportate a valle, all’indomani (ieri), alle ore 6, il camion della ditta addetta al raccolto delle carcasse e dei cibi da distruggere avrebbe infatti atteso a Rabbi Fonti il formaggio da eliminare. I malgari Marco e Cristina, al termine della cena, iniziano a caricare le forme nel mezzo deputato per il trasporto a valle. Le contano una ad una, per fare le cose fatte bene, e negli occhi di entrambi emerge una evidente vena di tristezza, anche se tutta l’operazione è effettuata con composta dignità. I formaggi non vengono infatti gettati, ma adagiati con maniacale precisione. «Mi chiedo ancora perché non ci è stato permesso di analizzare le forme a nostre spese per verificare se il batterio fosse realmente penetrato nel formaggio» spiega Cristina. «Avevamo usato l’acqua, assieme al sale, per pulire la crosta esterna, ma il latte utilizzato nella preparazione era perfetto, abbiamo oltre 20 controlli che lo testimoniano. Mi viene poi da sorridere amaramente a pensare che, in questi giorni, alle Olimpiadi si gareggia nella Senna: a Polinar, ribadendo che nessuno si è sentito male, per tracce di questo batterio si butta il formaggio; a Parigi, invece, gli atleti si ammalano di escherichia coli, ma lo spettacolo deve comunque andare avanti». Alle 23 il carico del formaggio è finito, diversi quintali di prodotto e almeno una decina di migliaia di euro si preparano ad essere smaltiti. Il mattino dopo il gallo canta, ma fuori è tutto buio e silenzioso. Dall’altra parte della valle si vedono le poche altre malghe attive che silenziosamente hanno iniziato il loro operato: a Rabbi ne sono rimaste in funzione poco meno di una decina, mentre quasi 20 sono completamente vuote o caricate con bestiame asciutto. Bo, uno splendido border collie, sfida il buio per richiamare in stalla le capre e le vacche da mungere. Orsi e lupi non gli fanno paura. Appena iniziata la mungitura, operazione che dura un paio di ore, Marco rompe il silenzio: «Per fortuna qui in malga c’è sempre da fare, altrimenti avrei mollato già settimana scorsa. Non sono arrabbiato con i Nas o l’Azienda sanitaria, che hanno fatto il loro lavoro dichiarando peraltro che non abbiamo colpe. Sono infastidito per delle norme che richiedono a noi la perfezione assoluta e, nonostante un impegno maniacale, questa non possa essere sempre raggiunta. Da inizio giugno ci siamo sottoposti a 20 analisi, che si assommano a quelle effettuate prima della monticazione. Tutto bene, fino alla famosa analisi del primo luglio, il cui esito ci è stato consegnato il 29 dello stesso mese. Qui però casca il palco: a noi viene chiesta perfezione assoluta, mentre chi ha effettuato le analisi si è preso ben 28 giorni per comunicarci un risultato che poteva essere elaborato in un paio di giornate. È un qualcosa che ti distrugge. Siamo a quasi a 2.000 metri, lavoriamo dalle 4 del mattino alle 9 di sera, e dobbiamo buttare un mese di lavoro perché la perfezione che ci viene richiesta non è sempre garantita da chi deve controllarci. A fine anno credo che faremo cadere il nostro contratto per la gestione della malga, poi vedremo se l’inverno ci porterà a tornare sui nostri passi e ad andare avanti con questa esperienza. L’enorme vicinanza e attestati di stima che stiamo ricevendo in questi giorni ci fanno enorme piacere. Fare formaggio e accudire gli animali è ciò che amo fare, ora bisogna capire se il Trentino è ancora un luogo in cui è possibile seguire queste passioni».