L'intervista
martedì 30 Luglio, 2024
di Giacomo Polli
Sessantuno anni di carriera hanno reso i Nomadi il gruppo musicale più longevo al mondo dietro solo ai Rolling Stones. Un percorso intenso, emozionante, iniziato nel 1963 grazie ai sogni di due ragazzi ancora minorenni, Beppe Carletti e Augusto Daolio, e continuato nel tempo anche dopo la morte di quest’ultimo, la voce del gruppo. Nel corso degli anni, la band, ha scritto alcune delle pagine più importanti della musica italiana attraverso canzoni immortali: da «Io vagabondo» a «Dio è morto», passando per «Voglia di Vivere», dei classici che hanno accompagnato la vita di migliaia e migliaia di persone e che ancora oggi vengono tramandati di generazione in generazione. Una favola che vede le proprie radici a Riccione, dove il gruppo ha preso forma, ma che ha vissuto una delle fasi più importanti proprio in Trentino, tra le terre in cui i Nomadi sono diventati grandi e dove faranno ritorno il prossimo 9 agosto, con un concerto che avrà luogo sull’Alpe Cimbra, in Folgaria, al palaghiaccio alle 21.30.
Carletti, in Trentino avete suonato diverse volte. Che legame avete con questa terra?
«Il nostro legame con il Trentino parte nel 1965, anno in cui siamo stati per due mesi a Levico. Abbiamo conosciuto tantissime persone, tra cui diversi amici. C’erano molti ragazzi che abbiamo visto crescere. Il Trentino ci ha sempre dato grandi soddisfazioni, abbiamo un rapporto bellissimo con questa regione. Ogni volta che torniamo è sempre emozionante, ci sono tante cose che ci legano. È una delle terre in cui siamo nati».
Anche a Folgaria non sarà la prima volta…
«A Folgaria avevamo grandi amici che purtroppo non ci sono più, come ad esempio Ferdinando Rella, che ci ha portato diverse volte a suonare in questa località. Questo ha contribuito a rafforzare il nostro legame con il territorio. Il termine “amore” è un termine forte, ma qui possiamo usarlo. L’affetto che ci dimostra il popolo trentino è immenso».
Ripensando a quanto successo in tutti questi anni, quali sono le sue sensazioni?
«È difficile da spiegare. Mi sto divertendo tantissimo, come mai fatto prima. Nel corso degli anni sono successe tantissime cose, tra cui alcune difficili da superare. Se guardo al passato vedo amici che non ci sono più e se sono ancora qui è anche grazie a loro. Nessun gruppo può vantare una storia così particolare come la nostra».
Tra questi amici anche Augusto Daolio…
«Augusto rappresentava a pieno i Nomadi. Ancora oggi, quando lo nominiamo, dal pubblico parte un grande applauso, ciò significa che ha lasciato un segno indelebile. È sempre con noi ed è sempre all’interno della mia vita. Quando portiamo in scena canzoni che cantava Augusto è come se ci fosse ancora lui sul palco. Grazie a ciò che ha fatto i Nomadi sono ancora qui. È come quando si costruisce una casa: se ci sono buone fondamenta è possibile costruire piani superiori. Senza fondamenta, invece, la casa crolla».
C’è mai stato un momento in cui ha pensato di mollare?
«Quando è morto Augusto non sapevo se continuare o meno. Avevo paura di rovinare tutto quello che avevamo costruito insieme. Questo dentro di me ha influito tantissimo e non sapevo davvero cosa fare. È stato l’unico momento in cui ho vacillato. Una volta, durante un viaggio in macchina, Augusto mi disse che sarebbe stato bello se i Nomadi fossero andati avanti anche senza di noi. Diceva sempre che siamo come l’uomo mascherato: non moriamo mai. Ricordando queste parole ho continuato a crederci e siamo andati avanti».
Avete incontrato anche il Presidente Mattarella in occasione dei 60 anni del gruppo…
«È stato l’incontro più emozionante della mia vita, un evento irripetibile. Abbiamo davvero un grande Presidente: è un uomo eccezionale, capace di trasmettere serenità e pacatezza. Gli ho detto che siamo il gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones, chiedendo se lui potesse fare qualcosa per farci arrivare primi (ride, ndr). L’ho detto con naturalezza e avrà sicuramente pensato che fossi matto (ride, ndr)».
Oltre a questo incontro, anche quello con il Dalai Lama.
«Parlare per un’ora sul divano con il Dalai Lama non è roba da poco e la suggestione era tanta. Non avrei mai pensato che sarebbe successo. Emozioni simili le ho provate anche quando ho incontrato il nostro Papa, dove ho capito che queste persone non sono lì per caso. Hanno qualcosa in più rispetto alle altre, sono stato molto fortunato a conoscerle».
Come crede sia cambiata la musica al giorno d’oggi?
«La musica è cambiata, ogni epoca ha le sue caratteristiche. Negli anni 60, ad esempio, dicevano che i gruppi stavano rovinando il settore. Era però rimasta musica, ad oggi invece non so se sia così. Come tutte le cose odierne, anche la musica è fatta per non durare».
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