l'intervista
martedì 8 Aprile, 2025
Bertazzi (Tonio Cartonio): «La Melevisione? Abbiamo insegnato l’amicizia a una generazione. Ai genitori oggi dico: state vicini ai figli»
di Denise Rocca
Volto celebre della tv per bambini, interverrà a Rovereto al festival Educa Immagine: «Oggi i tempi e l’attenzione sono altri, è più difficile catturarli»

Danilo Bertazzi, alias Tonio Cartonio, volto celebre che a una certa generazione di giovani adulti fa nascere un sorriso di tenerezza al pensiero dei pomeriggi davanti alla tv, arriverà a Rovereto per Educa Immagine, domenica alle 10 nella piazza del Mart. Se la Melevisione della televisione pubblica, di cui Bertazzi è stato il volto iconico, ha accompagnato la crescita di intere generazioni, oggi l’offerta per i più piccoli si è ampliata a dismisura tanto da lasciare disorientati i genitori sulle giuste misure da prendere per accompagnare bambini e bambine alla visione. Da questa considerazione della realtà nasce l’esplorazione e l’analisi del panorama di proposte che, dalla tv alle piattaforme, riempiono occhi e orecchie delle nuove generazioni proposta da Educa Immagine: accanto a Bertazzi, che sta per uscire in edicola, a maggio, con il suo primo libro dal titolo “Pietro e il mostro delle fiabe perdute” oltre che su un canale Youtube tutto suo, ci saranno Giancarlo Grossi, ricercatore su cinema e tv, e Serena Mazzini, social media strategist.
Cos’è stata Melevisione per lei e per le generazioni di bambini che l’hanno seguita?
«La Rai con Melevisione ha fatto un vero servizio pubblico, credo che non sia mancata nel proporre ai bambini dei contenuti con delle caratteristiche ben definite e anche un messaggio. Il valore più grande di Melevisione era l’amicizia, e credo che questo sia passato ad un’intera generazione. Melevisione ha trattato anche argomenti difficili da raccontare a dei bambini come l’abuso sessuale, il divorzio, la morte dei nonni, usando il linguaggio della narrazione, della fiaba. Credo che il saper raccontare sia stata la grande forza del programma. A me ha insegnato cose che mi porto dietro ora nel mio lavoro di autore per i più piccoli. È stato il programma che mi ha dato notorietà e mi ha insegnato a dialogare con i bambini, perché malgrado fosse un programma televisivo, quindi i bimbi in studio non c’erano, io parlavo a loro attraverso la telecamera, avevo un colloquio vero e loro questo lo sentivano: in quel momento eravamo io e il bambino a casa, c’era un rapporto intimo fra il personaggio di Tonio e i bambini».
Quanto è cambiato l’intrattenimento per ragazzi?
«La tv dei ragazzi era legata al rito della merenda, aveva un certo orario, c’era la trepidazione dell’attesa di un momento che per i bambini era importante. Oggi i tempi e l’attenzione sono altri: non hai più un intero pomeriggio per raccontare una storia, devi fare molto più in fretta perché la soglia di attenzione si è abbassata, devi immediatamente catturarli perché la proposta è tantissima, ad ogni ora. L’immaginario infantile che si alimenta delle fiabe è però rimasto lo stesso, l’importanza di portarli in un mondo che può essere magico, che i bambini riconoscono e sta a noi alimentare per continuare a stare in quella dinamica di “giochiamo a far finta che io ero e che tu eri” è fondamentale per fare di quei bambini degli adulti capaci di fantasia».
Quali sono i valori e i messaggi di oggi che guidano un buon autore per l’infanzia?
«Qualcosa legato al rispetto della Terra, sicuramente: il nostro pianeta lo possono salvare solo i bambini se vengono educati sin da piccoli a proteggere quello che sarà il loro futuro. In questo la scuola è preparata, queste regole basiche vengono insegnate, ma anche nel mondo che ai bambini parla fuori dalle mura scolastiche è un messaggio che non dovrebbe mai mancare. E poi sicuramente il tema dell’inclusione: i bambini sono privi di preconcetti, i loro occhi sono curiosi ma mai giudicanti. Sono poi dei modelli nei quali sembra essere più di moda e più interessante il bullo rispetto alla persona gentile a distorcere questo sguardo portandolo verso il pregiudizio e l’esclusione. L’inclusione è poi una sfaccettatura dell’amicizia che la Melevisione trattava in ogni puntata».
Il valore dell’amicizia rimane, sono cambiati i linguaggi. Come?
«L’amicizia rimane, sì, come autore di “La posta di YoYo” c’è sempre nei copioni: Carola, Lallo, Lorenzo sono amici. Mi diverto molto a farli discutere in maniera surreale, perché poi ognuno di loro ha un carattere, ma alla fine fanno pace, che è poi il senso dell’amicizia: puoi anche litigare ma poi riconoscere che è più importante essere amici. Passano ancora questi messaggi se facciamo attenzione a “raccontare” invece di “raccontarsi”».
In che senso in molto intrattenimento per ragazzi ci si racconta invece di raccontare?
«Nel senso che spesso davanti a un cellulare noi in realtà raccontiamo noi stessi per avere like, follower e questo succede anche per chi si rivolge ai bambini. Il fine è avere delle visualizzazioni e dimostrare quanto sono simpatico e divertente senza pensare a quello che dovrebbe essere invece il focus principale, cioè trasmettere qualcosa ai bambini che guardano. Il punto non è far vedere che sono bravo a fare i balletti, a fare una faccia buffa. Non basta. Credo invece che si debba continuare a pensare che il nostro obiettivo di autori sia raccontare delle storie capaci di lasciare qualcosa ai bambini. Rincuora sapere che l’editoria per ragazzi gode di ottima salute, significa che continuiamo a credere nella parola scritta e nell’importanza del racconto per i bambini ed è una cosa importante».
È sempre difficile dare consigli ma qualcuno, per il mondo degli adulti alle prese con il mare magnum dell’offerta di intrattenimento per i loro figli, ce lo lascia?
«Sembra banale ma fare attenzione: il problema è forse l’autonomia che oggi bambini e bambine hanno davanti ad un’offerta molto ampia e a volte discutibile, che non fa grande attenzione a cosa propone. Oggi i bambini a due anni sanno scrollare se arriva la notifica sul telefono mentre stanno guardando un cartone animato, prima ancora di imparare a parlare sanno usare il dito su uno schermo. Il compito degli adulti è stare loro vicino: ci sono molti personaggi amatissimi dai bambini sulle piattaforme – perché parliamoci chiaro oggi non è più la televisione ad avere il monopolio dell’intrattenimento per bambini ma è Youtube e sono le piattaforme – non particolarmente positivi e i contenuti passano talmente veloci che è un attimo passare da un video sugli animali ad un contenuto violento in pochi secondi. Spesso questi nuovi idoli che hanno un seguito così vasto non si rendono conto dell’importanza e della responsabilità che hanno nella crescita di ragazzi e ragazze, si limitano al puro divertimento ma senza aggiungere nulla. Alla fine a mancare è il contenuto, nonostante i follower».