Volti trentini

domenica 6 Aprile, 2025

«Better go soul»: basket e musica in un podcast firmato dal fiemmese Luca Mich. «Unisco le mie passioni»

di

Nel 2008 ha fondato la Valdifiemme Basket, oggi gestisce le campagne marketing per la Salewa: «L'Nba una passione la racconto in "Better go soul"»

«Non sono il mio lavoro. Porto ciò che mi appassiona nella mia professione ed è per questo che amo tutto quello che faccio». Luca Mich si racconta così, con la consapevolezza di chi ha sempre cercato di trasformare il proprio percorso in un intreccio tra lavoro, sogni e passione. Nato a Cavalese nel 1983, oggi gestore delle campagne marketing per l’azienda “Salewa”, Luca ha trovato nel basket e nella musica non solo uno sport e una colonna sonora ma degli elementi di espressione, di connessione e di identità, che si sono tradotti (anche) in un podcast, Better Go Soul.

 

Luca, Come è nato tutto questo?
«Avendo sempre vissuto in val di Fiemme, la vera apertura al mondo e la scoperta del basket e della musica di strada come passioni è avvenuta quando mi sono trasferito a Bologna per frequentare l’università, triennale prima e specialistica poi. Fin dal mio primo lavoro che è stato in Panini Comics, ho sempre cercando di mettere in pratica il mio senso di creatività, portando nel mio lavoro anche le mie passioni».

 

La passione per il Basket?
«È partito tutto dalle figurine, soprattutto quelle che raffiguravano atleti non statici davanti alla camera ma durante un gesto atletico. Avevo 13 anni e mi si è aperto un mondo, ho iniziato a cercare informazioni, leggere e guardare partite Nba. Con il passare degli anni poi, ho iniziato a viaggiare, scoprire e toccare con mano quello che per anni ho visto in televisione, cercando di far sì che qualcuno in Trentino e in val di Fiemme in modo particolare avesse accesso al modo in cui io vivevo questo sport che nasce dai playground e dalla strada».

 

Cosa rappresenta questo sport per lei?
«Il basket, a livello globale, è uno degli sport più accessibili, basta pochissimo, un parchetto e puoi giocare da solo con una palla contro il muro. Il basket è per me innanzitutto integrazione sociale e sportiva. Per questo nel 2008 con alcuni amici appassionati abbiamo fondato il Valdifiemme Basket proprio con l’idea di portare e far crescere il basket in valle, facendo appassionare i bambini ad uno sport dai valori sani legati anche all’integrazione sociale».

 

La musica invece?
«La passione per la musica è arrivata contemporaneamente a quella per il basket, ascoltando i dischi che mi portavano i ragazzi un po’ più grandi di me che già studiavano a Bologna. Per me la musica significa spontaneità. Amo tutta la Black Music (Jazz, blues, hip-hop, funk e rap), proprio perché mi piace l’idea del mettersi in gioco incastrando rime ed esprimendo sensazioni ed emozioni».

 

Il risultato di queste sue passioni?
«James Brown (uno dei più importanti e influenti cantanti del 20° secolo) diceva Get involved ovvero farsi coinvolgere. Ho sempre cercato di mettere in pratica queste parole perché credo che, soprattutto in questo periodo storico in cui la facilità dell’accesso all’informazione e fruizione dei contenuti è massima, mettendosi in gioco si impara, si cresce e si viaggia, fisicamente e non. Tutto questo mi ha portato a vivere avventure ed emozioni incredibili che cerco di trasmettere attraverso Better Go Soul».

 

Ci dica di più.

«Better Go Soul è un podcast nato durante la pandemia di Covid con la volontà di divulgare le mie passioni così da poter ispirare altre persone attraverso storie e personaggi. Io faccio il DJ da sempre, da metà anni 2000 e Better Go Soul è il risultato di questa mia volontà di unire il basket all’estetica della musica raccontando storie sportive rilevanti di giocatori con una storia forte contestualizzando il tutto con la musica di quel determinato periodo storico. Oltre a questo, ora, con Radio Fiemme e Radio Tandem a Bolzano trasmetto un programma che si chiama Brown Sugar che parla proprio di musica afroamericana. In questo caso non interpreto un testo ma accendo il microfono e sulla base di 10 dischi precedentemente scelti racconto aneddoti che ho vissuto o i luoghi in cui ho comprato proprio quegli stessi dischi».

 

A proposito dei suoi viaggi negli States?
«Dopo anni in cui ho ascoltato le storie di altri, una volta tornato dalle mie prime esperienze negli Stati Uniti, ho capito che avevo finalmente storie mie da raccontare. Sono stato oltreoceano ormai una dozzina di volte anche per periodi lunghi. Per me l’America è la l’America afro, per questo preferisco andare nei posti in cui la musica e la pallacanestro sono emersi».

 

Dalla val di Fiemme ad Harlem.
«La prima volta che sono arrivato ad Harlem (quartiere di New York), ad esempio, oltre ad aver avuto una conferma di quello che avevo in testa dai film di Spike Lee soprattutto, ho iniziato a visitare i quartieri che più mi facevano entrare in contatto con la realtà, cosa che faccio ancora ad oggi, perché ogni persona ha una sua visione e dimensione di New York, la mia è sicuramente quella della cultura afroamericana. Amo giocare a basket nei campetti, fare amicizia e giocare con sconosciuti che hanno la mia stessa passione. Per me queste sono storie bellissime, perché è proprio vero che spostandosi dal proprio luogo di origine (per me la val di Fiemme), le cose incredibili accadono».

 

Le esperienze che ricorda con più affetto?
«Nel mio ultimo viaggio, in un prepartita al TD Garden, il palazzetto dei Boston Celtics, ho casualmente conosciuto una signora che mi chiese se volessi una foto. Dopo aver fatto amicizia mi accompagnò dal signor Kevin, poco sopra di noi che mi aprì una porta che portava ad una sala non aperta al pubblico contenente una quantità incredibile di reperti storici delle vittorie e dei giocatori della franchigia più vincente della storia NBA. Ricordo poi con fascino e gratitudine quando nella metropolitana di New York mi sono fermato a cantare con degli artisti di strada, coinvolgendo anche altra gente oppure quando durante uno dei miei roadtrip lungo la via del blues, da New Orleans a Chicago, a Saint Louis, in Missouri, ho assistito alla performance musicale di due ragazzi in un B&B».

 

Ha mai pensato di fermarsi negli States?
«Molte volte. Prevale però sempre il senso di responsabilità per il lavoro e per gli affetti. Trasferirsi significa cambiare completamente vita e rinunciare di conseguenza anche a tutto quello che sto facendo e voglio continuare a fare ovvero portare in Trentino un po’ di America, dando la possibilità ai giovani ma non solo di scoprire nuove cose, far crescere passioni e trasmettere attraverso lo sport e la musica sani valori di vita».