Terra madre

mercoledì 5 Febbraio, 2025

Biossido d’azoto, livelli tra i peggiori d’Italia. Per rispettare i limiti previsti dal 2030, Trento dovrà ridurre i valori del 30%

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Secondo il dossier 2025 di Legambiente «Mal’aria di città», la provincia è al nono posto tra i capoluoghi con i dati più allarmanti. Bolzano dovrà ridurre i valori del 26%

Se per quanto riguarda le polveri sottili Pm10 (il particolato con diametro inferiore o uguale ai 10 micrometri) la situazione può considerarsi relativamente positiva non avendo le centraline urbane di Trento mai superato nel 2024 la soglia limite prevista dalla normativa nazionale, lo stesso non può certo dirsi per il biossido di azoto (NO2), l’altro inquinante atmosferico tipico dei centri urbani. Trento è infatti al nono posto nella classifica dei capoluoghi di provincia con la concentrazione media annuale più alta d’Italia, dopo città ben più grandi come Napoli, Palermo, Milano, Torino e Roma. Nel dettaglio, nel 2024 la città trentina ha registrato una media annuale di 28,8 microgrammi per metro cubi di biossido di azoto. I dati sono contenuti nel rapporto «Mal’aria di città. Luci e ombre dell’inquinamento atmosferico nelle città italiane», pubblicato ieri da Legambiente e riferito ai dati registrati nelle città italiane nel 2024.

La situazione come detto è migliore per quanto riguarda il particolato fine (Pm10): nessuna città capoluogo di provincia ha superato infatti nel 2024 il limite normativo stabilito in 40 microgrammi per metro cubo come media annuale. In questo caso, né Trento né Bolzano compaiono nella classifica dei capoluoghi di provincia con le concentrazioni maggiori. Tuttavia, se si prendono a riferimento i valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), che nelle sue linee guida indica in 15 microgrammi per metro cubo la media annuale da non superare, il 97 per cento delle città esaminate (95 su 98 capoluoghi di provincia) ha sforato nel 2024 i limiti suggeriti. Con conseguenti danni alla salute delle persone che vivono e lavorano in queste aree urbane.

Il problema è innanzitutto di tipo sanitario e ambientale, ma presto potrebbe diventare anche una questione di tipo normativo. I nuovi standard sulla qualità dell’aria introdotti l’anno scorso dalla direttiva sul tema dell’Unione europea, la cui entrata in vigore è prevista per il 2030, prevedono infatti limiti ben più stringenti. Sia per il Pm10 sia per il biossido di azoto, il limite stabilito come media annuale verrà dimezzato: dagli attuali 40 microgrammi per metro cubo a 20 (il valore suggerito dall’Oms per gli effetti a lungo termine sulla salute umana è di 15 per quanto riguarda il Pm10 e di 10 per il biossido d’azoto). Tradotto in target da raggiungere, questo significa che in meno di cinque anni Trento dovrà riuscire a ridurre del 30 per cento l’attuale valore medio di 28,8 microgrammi per metro cubo; Bolzano invece, il cui valore medio nel 2024 si è attestato a 27, dovrà ridurre le proprie emissioni del 26 per cento.

«Si nota una certa inerzia nel volere affrontare strutturalmente questo problema che non è solo ambientale, ma anche e soprattutto sanitario ed economico – commenta il curatore del rapporto Andrea Minutolo –. Perché, come dimostrano numerosi studi internazionali, i costi sanitari associati all’inquinamento atmosferico sono dell’ordine dei miliardi di euro all’anno».