L'intervista
mercoledì 10 Gennaio, 2024
di Paolo Morando
Negli ultimi giorni se ne sono dette di tutti i colori: basta dare un’occhiata in rete alle varie puntate della polemica tra Flavio Briatore e il leader dei Verdi Angelo Bonelli, da tempo roveretano di adozione. In sintesi più che estrema: l’imprenditore del Twiga che sbeffeggia il deputato attraverso un video («questa gente non serve a niente, sono rami verdi, nemmeno buoni per fare il fuoco»), la replica di Bonelli pure via video, da Folgaria dove si trovava con moglie e figlia («lei paga allo Stato solo 20 mila euro all’anno mentre ne fattura 10 milioni, un regalo inaccettabile»), la controreplica in un’intervista a Libero («persone come Bonelli non hanno mai lavorato e prendono 150 mila euro di stipendio pagato dagli italiani: venga tre mesi da noi, lo assumo, capirà finalmente cosa sia la fatica»), infine la controreplica bis («i beni dello Stato non possono essere svenduti»). Ma ora Bonelli raccoglie la provocazione di Briatore e lo sfida: «Vuole insegnarmi a lavorare? Allora gli faccio questa proposta pubblica, attraverso “il T”: accetto, compatibilmente con gli impegni parlamentari, perché non sono assenteista e non voglio diventarlo per Briatore. Vuole che vada a pulire i bagni? Non ho problemi, da giovane ho fatto tanti lavori. Ci sto, ma solo se lui riporta la sua residenza fiscale da Montecarlo in Italia».
Bonelli, spieghi intanto questa polemica.
«Ho citato Briatore solo come esempio eclatante di chi ha uno stabilimento balneare su una spiaggia italiana e paga canoni inaccettabili per quanto sono bassi. Ci sono enormi interessi economici, è un tema che ha condizionato la politica in maniera trasversale, che in questi anni non è riuscita a fare una riforma che adeguasse i canoni».
Poi ne parliamo. Però ora il governo Meloni punta a qualcosa di più.
«Sì. Per non applicare la direttiva Bolkenstein, si è inventata una relazione inviata all’Unione europea, che questa il 16 novembre ha contestato, in cui la costa italiana viene allungata di 3 mila chilometri. In questa mappatura diventa di 11.173 mentre Ispra ne indica 8.700».
E dove li hanno trovati questi 3 mila chilometri in più?
«Questo è il punto. La Bolkenstein dice che le gare si fanno quando la risorsa è scarsa. E loro vogliono dimostrare che le spiagge in Italia non solo non sono scarse, ma sono così abbondanti che se ne possono dare in concessione delle nuove. Il giochetto sta qui: non mandano in gara le concessioni demaniali esistenti ma lo si fa per spiagge che sono rimaste ancora libere, per privatizzarle e cementificarle».
È così potente questa lobby?
«Anche il governo Renzi prorogò le concessioni. E pure Draghi ha dovuto arrendersi. Aveva elaborato una proposta di applicazione della Bolkenstein molto equilibrata: gare con una sorta di diritto di prelazione ai titolari delle concessioni, calcolando anche gli investimenti fatti sullo stabilimento, però adeguando i canoni. Ma il governo Meloni ha fatto morire questo tipo di applicazione. Tanto che ora è aperta una procedura di infrazione.
E se si trasformerà in condanna da parte della Corte di giustizia europea?
«Accadrà come nel 2008, quando Salvini andò in Sardegna promettendo il superamento delle quote latte, costringendo l’Italia a pagare una multa di 2,3 miliardi di euro».
Questa polemica innescata da Briatore rischia di distogliere l’attenzione dall’importanza della posta in gioco?
«Certo, come sempre quando si toccano grandi interessi economici. La vera questione, che capiscono anche il pensionato o la pensionata che vanno a fare la spesa alla Coop di Rovereto o e Trento, è che queste persone hanno avuto le spiagge attraverso un meccanismo di affidamento che si tramanda ormai da decenni, di famiglia in famiglia».
Il caso di Briatore però è diverso.
«Aveva in affitto dalla famiglia Galeotti di Lucca il bagno Twiga. Galeotti pagava allo Stato 16 mila euro di concessione, Briatore un affitto di 250 mila euro. A un certo punto Briatore dice a Galeotti: ti compro l’azienda. E se l’è presa per 3 milioni di euro, compresa la concessione annessa. Oggi Briatore paga 20 mila euro l’anno per una cosa che vale 3 milioni e che gli consente di fatturare 10 milioni di euro l’anno».
C’è chi sostiene che con le gare le spiagge finiranno in mano alle multinazionali.
«Ma in Italia già ci sono. Lo è quella di Briatore, visto che lui ha la residenza a Montecarlo. Ma i fondi del Qatar si sono già presi un sacco di spiagge in Sardegna. Il super hotel di lusso Cala Volpe ha una spiaggia di circa 5 mila mq e paga 15 mila euro l’anno. È uno scandalo che dovrebbe portare chiunque, che sia di destra o sinistra, a dire: adesso basta».
E intanto Briatore la attacca anche per Soumahoro.
«Non è indagato, non ha commesso reati. Se ne possono contestare i comportamenti, ma questo attiene a una questione politica. E infatti gli abbiamo detto di andare nel gruppo misto. Briatore invece era alla manifestazione di Fratelli d’Italia, assieme a una deputata condannata con sentenza passata in giudicato per peculato, o con altri che hanno patteggiato per corruzione, candidati dalla Meloni. Su di loro problemi non se ne è fatti».
L'inchiesta
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