L'outsider
sabato 29 Marzo, 2025
Brisolin, il candidato che scompiglia le elezioni di Lavis. «Nel mio programma ospitata di Patty Pravo e annessione di Giovo»
di Daniele Erler
Residente in comune solo da tre anni: «Stop anche alle quote rosa»

È il grande mistero di questa tornata elettorale a Lavis: Gianni Brisolin, nato in provincia di Treviso, è il candidato sindaco della lista civica «La Vis» (ovvero la forza in latino). Ha presentato un programma pieno di idee fuori dagli schemi. Ma è convinto che siano realizzabili.
Brisolin, in questi giorni abbiamo parlato di lei come di un outsider. Si riconosce in questa definizione?
«Credo di sì, ma voglio essere schietto e sincero. Penso che l’elettore lavisano attuale dovrebbe votare per Luca Paolazzi o Ivan Michelon. Loro rappresentano la continuità con tutto quello che è stato fatto negli ultimi anni. Paolazzi è il “delfino” di Andrea Brugnara, il suo vice e, se vincerà, potrà portare avanti un lavoro già avviato. A Ivan Michelon invece riconosco la bravura nell’essere riuscito a coinvolgere i giovani con il progetto Mill. Così si fa: puntare solo sul culto di se stessi, alla lunga, può inaridire. Per quanto riguarda me, solo se si vuole stravolgere tutto, puntare a un cambiamento vulcanico, entusiasta e travolgente, l’elettore dovrebbe considerare l’opportunità di farmi sindaco. È una scommessa, si può vincere o perdere. Finita la competizione, non ci si lamenti se le cose non cambiano: la possibilità c’era».
Però lei vive a Lavis da soli tre anni. Bastano per capire ciò che serve al paese?
«L’associazione tra “radicamento” e “capacità di capire un territorio” è spesso impropria. Credo che la cosa più importante sia l’amore che si è pronti a infondere nell’azione di governo. Lavis non è New York: eventuali lacune sarebbero colmabili rapidamente».
Dice di aver parlato «con le persone comuni di Lavis, come baristi e portinai». Cosa le hanno detto?
«Si sono confidati con me come si fa con uno sconosciuto su un treno: senza filtri e paure. Ammetto che non sempre le loro accuse mi sono sembrate centrate – è comodo prendersela sempre con la politica – ma ho ascoltato con interesse, in tempi non sospetti, quando nemmeno pensavo di candidarmi».
Il suo programma è pieno di creatività. Parla di un nuovo grande palazzetto sportivo, concerti di Cristina D’Avena e Patty Pravo, eventi con Carlo Verdone e Roberto Baggio, la pedonalizzazione a colori del centro, una giostra fissa in piazza Loreto. Ma si è fatto un’idea di quanto potrebbe costare tutto questo? Dove trovare le risorse?
«Credo che i “come” siano di competenza dell’Universo. È tutta la vita che mi parlano di limiti, e tutta la vita che cerco di superarli. Dove altri vedono deserti, io vedo cattedrali. Ma c’è anche il fare concreto: due anni fa ho aiutato il Judo Lavis a ottenere sponsorizzazioni – una a livello nazionale e una locale – per una grande kermesse sportiva. Non credo nel “ci provo”: credo nel fare. Come diceva il maestro Yoda: “Fare o non fare. Non c’è provare».
Propone di abolire le «quote rosa» e di nominare assessori solo per cooptazione. È una provocazione?
«Lo penso davvero. Non credo nelle quote rosa, non perché non stimi le donne – al contrario – ma perché ritengo che la selezione debba avvenire per merito, capacità e cuore, non per quello che una persona ha sotto l’ombelico. Nel mio modello ideale potrei anche nominare una giunta tutta femminile, se lo meritasse. Ma per scelta, non per obbligo. Le quote oggi rischiano di svilire il valore individuale, e molte donne di valore non ne hanno bisogno: penso a Thatcher, Merkel, Meloni, Cristoforetti. Lo stesso vale per le quote elettive: il sindaco deve poter scegliere liberamente la sua squadra. Altrimenti rischia di nominare chi ha preso più voti, anche se non è adatto. Non è ideologia: è efficacia».
Sempre nel programma parla di “annessione” di Giovo. Ha in mente Trump e la Groenlandia?
«Ho usato quel termine in modo provocatorio, per stimolare il dibattito. Non è mia intenzione salire su un carro armato per assediare il municipio di Verla! Ma l’idea è concreta: esempi come Ville d’Anaunia o Terre d’Adige mostrano che l’unione può portare benefici anche economici. Di Giovo mi affascina anche il passato sportivo: mi piacerebbe che Lavis potesse celebrarlo, magari con una riproduzione delle coppe all’ingresso del paese».
Qual è dunque il suo obiettivo? Pensa davvero di diventare sindaco?
«La cosa più importante non è cosa penso io, ma cosa pensano i lavisani. Detto questo, la consapevolezza di poter fare un risultato eccellente cresce ogni giorno. Solo le urne ci diranno la verità. “Inshallah”, direbbe qualcuno».
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