Le opinioni

giovedì 3 Agosto, 2023

Bypass ferroviario di Trento: gli imprenditori blindano l’opera

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I pareri di Confindustria, Artigiani e Confesercenti: «Indagini e bonifica doverosi ma sul progetto non si arretri»

Corretto controllare, per scongiurare ogni possibile rischio per la salute dei cittadini e per l’ambiente. Ma il piano – doveroso – delle indagini non deve trasformarsi in una pietra tombale sull’opera più grande che si sia vista in Trentino. Sono concordi i pareri del mondo delle imprese nel commentare il sequestro della fetta di terreno di proprietà di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) che si trova nell’area tra la ferrovia e l’incrocio con il rio Lavisotto.
«Come spesso abbiamo avuto modo di dire, il Trentino si merita i migliori progetti – commenta il presidente di Confindustria Trento Fausto Manzana – Non è stata una sorpresa trovare l’inquinamento in quei terreni. Forse si è sottovalutata la situazione prima. Non era corretto far finta di niente. Ora dobbiamo cogliere l’occasione per risolvere l’inquinamento di quell’area. Il nostro territorio ha subito fin troppe violenze da parte dell’uomo dobbiamo avere una risposta riparatoria». Un problema di quel tipo, sottolinea Manzana, non si risolve con il tempo, ma con l’intervento.
A circa quindici metri di profondità, il Noe (Nucleo operativo ecologico) e i tecnici di Appa (Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente) hanno trovato una ventina di giorni fa uno strato di terreno impregnato di oli pesanti. Potrebbe trattarsi di residui inquinanti della Carbochimica. Sulla scia delle decisioni della Procura di aprire un’inchiesta per disastro ambientale i comitati No-Tav hanno colto l’occasione per chiedere il blocco totale dei lavori di realizzazione del bypass. Almeno fintanto che non si sarà ultimata la bonifica. Intervento che però costa piuttosto caro: circa 17 milioni (vedi «Il T» di ieri, ndr).
«A chi spetti (tra Provincia, Rfi e Italferr, ndr) non è così importante – precisa Manzana – L’opera è strenuamente necessaria. Questo non vuol dire che non si debba realizzarla nel migliore dei modi. Bisogna avere il coraggio di affrontarli con le migliori tecniche e a qualsiasi costo, mi vien da dire. Mi amareggia che si invochi subito lo stop dei lavori. Questo bypass non deve e non può essere messo in discussione».
Anche per Mauro Paissan, presidente del Comitato provinciale degli imprenditori e di Confesercenti del Trentino, non è pensabile mettere in dubbio la realizzazione della «più grande opera che il Trentino abbia mai visto dal punto di vista finanziario». La cifra dell’appalto è notevole: per la circonvallazione ferroviaria di Trento è stato aggiudicato al Consorzio Tridentum (Webuild, Ghella, Collini e gli ingegneri con Sws) per 934 milioni 640mila euro. «Auspichiamo che l’opera non venga messa a rischio, perché rimane un investimento strategico per il territorio. Ma certo la sicurezza e il rispetto dell’ambiente non possono essere subordinate. Noi abbiamo sempre detto che devono esserci dei controlli. Mi viene da dire che forse si sono fatti un po’ tardi. L’attenzione deve essere massima perché c’è di mezzo la salute delle persone», rimarca Paissan.
L’opera incide direttamente e indirettamente sulle imprese trentine. Nel momento in cui il bypass sarà ultimato, la riqualificazione che porterà in certe aree della città potrà tradursi in «occasione per il rilancio anche per esercizi commerciali e imprese esistenze». Nel corso dei lavori e nella manutenzione, invece, potrà fare da volano anche al lavoro di realtà, anche piccole, del Trentino. «La maggior parte del valore della realizzazione della circonvallazione è fuori dalla portata delle piccole imprese, che sono la maggior parte del nostro comparto. Ma tutte le attività di contorno e le manutenzioni saranno importanti perché potranno coinvolgere anche le realtà artigiane», ricorda il presidente dell’Associazione artigiani del Trentino Marco Segatta.
Per gli artigiani, «vicini di casa» lungo l’asse di via Brennero dell’area cantiere posta sotto la lente delle autorità, l’auspicio è che «Rfi risolva in fretta le analisi, per arrivare presto a movimentare i terreni di una zona che sapevamo essere problematica, senza accumulare ritardi». Il rischio che i ritardi possano far sforare dai tempi previsti dal Pnrr, che chiede la fine dei lavori entro il 2026, per ora non viene contemplato. «Gli esami che vengono fatti anche per tutelare la salute dei cittadini – aggiunge Segatta – Serve lavorare bene, fare un progetto di intervento positivo nei tempi e nei metodi per la sicurezza di tutti».