L'inchiesta
mercoledì 2 Agosto, 2023
di Benedetta Centin
I sigilli che sono scattati venerdì scorso nell’area cantiere del bypass a nord dei Caduti di Nassiriya rimangono: ieri il giudice per le indagini preliminari Enrico Borrelli, così come sollecitato dalla Procura, ha convalidato il sequestro della fetta di terreno di proprietà di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana), di poco meno di un ettaro (300 metri di lunghezza per 30 di larghezza), che si trova nella tratta compresa tra la ferrovia e l’incrocio con il rio Lavisotto. Lì dove l’11 luglio la macchina perforatrice di Italferr, alla presenza dei carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) e dei tecnici di Appa (Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente) ha «pescato», alla profondità di una quindicina di metri, uno strato impregnato di oli pesanti, possibili residui inquinanti della Carbochimica. Da quanto trapela non sarebbero emerse ulteriori situazioni allarmanti in quei terreni, almeno secondo quanto risulterebbe dall’esito delle analisi eseguite da Appa nei propri laboratori sui sei carotaggi eseguiti nelle scorse settimane (i prelievi di campioni di suolo sarebbero stati fatti fino a 40 metri di profondità). Detto che altri carotaggi, che non sarebbero stati eseguiti a rigore di norma, sono stati nel frattempo contestati a Italferr, la società di ingegneria di Rfi, la quale si ritrova ora uno dei suoi manager, il responsabile del progetto Damiano Beschin (il T di ieri), indagato, con una serie di contestazioni sul groppone.
«Manca un progetto esecutivo»
Il giudice Borrelli, nella sua ordinanza che ricalca le argomentazioni addotte dalla Procura, riferisce dello «storico inquinamento» nell’area interessata ai lavori e, al di fuori dei Siti di Interesse Nazionale, quindi dell’ex Sloi e Carbochimica, della sussistenza del «periculum», di un pericolo attuale, evidenziando che «la campionatura eseguita mostra l’estensione dell’area inquinata» e che «in assenza di progetto esecutivo e di programmazione di campionature ad hoc, ogni attività nell’area è potenzialmente idonea a ledere gli interessi giuridicamente protetti dalle norme». Può quindi attentare alla salute dei cittadini. Quanto in particolare al progetto esecutivo, o meglio, al Progetto di fattibilità tecnico-economica delle opere pubbliche con le prescrizioni recepite (Pfte+), anche l’Osservatorio del Brennero Lotto 3A ha fatto sapere come da parte di Rfi «sia emersa la convinzione di non doverlo pubblicizzare», per quanto «è stata richiesta da più parti e in più occasioni la pubblicizzazione». E proprio questo progetto è uno dei documenti che gli investigatori coordinati dalla Procura avrebbero richiesto a Rfi, senza fino ad oggi ottenerne copia.
Il responsabile progetto
L’inchiesta aperta dal procuratore Sandro Raimondi e dal pubblico ministero Davide Ognibene sulla maxi opera, ipotizzando i reati di inquinamento ambientale e disastro ambientale, con accertamenti delegati ai carabinieri del Noe e ai tecnici di Appa, da qualche giorno non è più a carico di ignoti. Sulla copertina del fascicolo è stato riportato infatti il nome dell’ingegnere vicentino Damiano Beschin, responsabile del progetto per Rfi. Da quanto emerso al dirigente sono state contestate le accuse di tentato inquinamento e di tentato disastro ambientale e il reato contravvenzionale dell’omessa comunicazione agli enti (tra cui la Provincia) — entro i termini previsti per legge e ai fini della bonifica — del rinvenimento di oli pesanti a una quindicina di metri di profondità nella zona a nord dei Caduti di Nassiriya. Non distante da dove era stato già rintracciato del catrame. E cioè nell’area cantiere che è stata posta sotto sequestro, dove non si potrà scavare o rimuovere terreno, solo proseguire con lo spostamento superficiale dei binari della ferrovia Trento-Malè.
Sigilli scattati «d’urgenza»
A far scattare i sigilli d’iniziativa, venerdì scorso, era stata la task force composta da Noe e Appa. Un sequestro operato d’urgenza anche per scongiurare che la presenza di inquinanti potesse aggravare la contaminazione, come evidenziato dai magistrati. Rfi è ora obbligata — e nel suo interesse lo farà il prima possibile — a presentare un piano di campionamenti e bonifica che dovrà essere avvallato dall’Agenzia provinciale per l’ambiente. Bonifica, finora mai operata, che potrebbe interessare un’area più estesa, sia a nord che a sud. A Rete Ferroviaria Italiana la possibilità di impugnare il provvedimento e fare ricorso al tribunale del riesame. Di certo c’è che l’ingegnere Beschin, contattato, non ha voluto proferire parola sulla vicenda che lo interessa in prima persona.