canova
sabato 18 Marzo, 2023
di Sara Alouani
Secondo il report Transcrime Research in Brief «Le Gang Giovanili in Italia» pubblicato lo scorso ottobre dai ministeri dell’Interno e della Giustizia sarebbero in aumento le cosiddette «baby gang» ovvero gruppi di ragazzi adolescenti generalmente «dediti alla commissione di reati specifici che spesso richiedono un certo livello di organizzazione». Tra le baby gang italiane figura anche quella di Canova, frazione del Comune di Trento a nord della città che nello specifico viene descritta come «gruppo composto in prevalenza da italiani con una età compresa fra i 15 e i 17 anni e formato da una numerosità variabile dai 10 ai 40 membri coinvolti in reati di diversa natura come furti o rapine in esercizi commerciali, spaccio, estorsioni, atti vandalici, risse e percosse».
Per meglio comprendere la presenza di questo fenomeno ci siamo addentrati in quello che, ormai da qualche anno, viene pigramente associato ad una sottospecie di «Bronx». Ma molte voci non sembrano concordare con l’alert proveniente da Roma e descrivono una paesaggio sociale differente e con potenzialità.
«Ci sono baby gang a Canova?». Risponde così Claudio Berantelli che da oltre trent’anni gestisce il bar Ceresella. E, anzi, non ha mai avuto il sentore che ci fosse questo tipo di fenomeno anche se ammette la presenza di atteggiamenti arroganti da parte di alcuni giovani ma scherzosamente dice «anni fa, noi facevamo di peggio».
Il bar di Canova è la fermata d’obbligo per ogni abitante locale, situato proprio di fronte al parco, è frequentato dalle più svariate etnie e Claudio ne va orgoglioso. «Se ti fermi a controllare chi entra nel mio locale vedrai che sono tutti di nazionalità diversa. La mia compagna è slovacca». L’alta percentuale di cittadini stranieri che caratterizza il quartiere non pare infastidirlo per nulla e non si sente coinvolto da chi, contrariamente, rileva in questa presenza una minaccia: «Credo che ormai sia un problema per pochi».
Dello stesso avviso sono anche gestori da quasi un secolo del «Tabacchi Moser», attività aperta dai nonni nel lontano 1933 e ora affidata a Katia. «Sentiamo molto parlare di queste baby gang soprattutto dai media che fomentano questo genere di notizie, ma noi non abbiamo mai avuto la percezione della presenza di questi gruppi». Non è mancato qualche tentativo di furto nella notte e il danneggiamento del distributore di sigarette esterno al negozio ma del resto, dice Katia, «sono cose che capitano in tutta la città e che bisogna tenere in conto quando si aprono attività come la nostra». La zona, a parer suo, non influisce su questi dati. Alcuni minorenni hanno provato ad acquistare sigarette ma la gestione Moser è molto fiscale: «Controlliamo sempre i documenti, dopo un paio di tentativi semplicemente non si presentano più».
Alla bocciofila locale, che si trova all’interno del parco di Canova, emergono alcuni problemi legati all’attività di spaccio presente sul territorio che, però, non sono direttamente ricollegabili a ragazzi minorenni o baby gang ma che esistono da più di trent’anni. «Qualche volta vediamo ragazzi nascondere droga nei cespugli ma negli anni Novanta c’erano persone ugualmente losche, non è una novità» spiega il vicepresidente. Infatti, seguito ad alcuni episodi avvenuti all’interno dello spazio verde i fondatori del gruppo sportivo negli anni 2000 avevano fatto recintare e chiudere il parco nelle ore notturne. «Una decina di anni fa ci hanno rotto le vetrate con dei bolognini» precisa Silvio, uno dei giocatori di bocce, a sottolineare che eventi spiacevoli si sono perpetrati negli anni e non sono caratteristici di quelle che oggi vengono definite baby gang.
Reponsio Llalla, un giovane di Canova, classe 1999, di origine albanese, conferma ancora una volta che «non esiste alcuna baby gang» e spiega come i giovani del quartiere, invece, siano positivamente coinvolti nella fondazione di un nuovo movimento artistico visionario che chiamano «Canova la casa». «Questi ragazzi stanno cercando di evitare la delinquenza e sfogano i propri problemi personali attraverso la musica, creando qualcosa di costruttivo» afferma Reponsio. Che poi lancia un guanto di sfida alla politica italiana e trentina: «Sarebbe bello che invece di etichettarci come Bronx ci fornissero degli strumenti per creare nuove attività ricreative come uno studio di registrazione gratuito che possa coinvolgere un maggior numero di ragazzi dissuadendoli, così, dalla tentazione di percorrere cattive strade».