Politica
martedì 28 Novembre, 2023
di Donatello Baldo
«Siamo noi i consiglieri». Con queste parole, rivolte al commissario Alessandro Urzì, Claudio Cia rende manifesta la spaccatura all’interno di Fratelli d’Italia. Parole che, dall’interno di un saletta attigua all’aula del Consiglio regionale, vengono udite fin nei corridoi. Pronunciate quindi ad alta voce, con tono fermo, all’interno di un confronto aspro tra Urzì e tutto il gruppo consiliare meloniano. Sono dunque i consiglieri provinciali — e in questo caso regionali — che decidono, anche se in dissenso da Urzì e dalla linea dettata in tempo reale da Roma, per voce del coordinatore nazionale del partito Giovanni Donzelli. Il gruppo deve astenersi dal voto per il leghista Roberto Paccher quale presidente del Consiglio regionale? No, più della metà lo voterà, e della parte trentina di Fratelli d’Italia solo Francesca Gerosa obbedirà al diktat: Claudio Cia, Carlo Daldoss, Christian Girardi e Daniele Biada entrano nel catafalco, scrivono Paccher sulla scheda che poi infilano nell’urna. Disobbedendo. «Non abbiamo bisogno del badante, non siamo consiglieri provinciali al guinzaglio».
Urzì: «Violato il codice etico»
Messa in minoranza Gerosa e tutta la linea di Urzì, quest’ultimo invia seduta stante agli organi di informazione il codice etico del partito, che se violato il reo viene deferito agli organi di disciplina: «La questione — annuncia — verrà portata all’attenzione del partito, ad ogni livello». Spiega poi il perché di una linea astensionista: «Stiamo ancora valutando come comporre la scelta della maggioranza (a Trento e a Bolzano, ndr) e in questo quadro era da inserire anche il tema della presidenza del Consiglio regionale. Quindi anticipare un assetto di maggioranza (la sola staffetta Lega-Svp, ndr) non è per noi corretto e adeguato a un percorso di trattativa ancora aperto». Una linea che però è stata disattesa dalla stragrande maggioranza dei consiglieri trentini di Fratelli d’Italia, infatti oltre a Gerosa hanno seguito questa indicazione solo i due eletti a Bolzano. Una questione anche politica, perché sopratutto a livello Trentino questo sembra un messaggio a Fugatti per dire: noi ci siamo, non decide Roma, Gerosa è isolata e siamo pronti ad assicurarti la fiducia. Un passaggio non da poco in vista della risoluzione della crisi di giunta: «Tutto quanto è successo oggi non ha valore politico», sostiene Urzì. E minimizza: «Alcuni hanno votato in modo diverso dalla linea del partito, ma sono dettagli che tra qualche giorno saranno spazzati via come polvere. Quanto successo — conclude — non avrà ripercussioni sulla vicenda della composizione della giunta trentina».
Urzì: «Compromessa la trattativa»
La sicumera di Urzì dura il tempo di un messaggio. Quello inviato a tutte le chat del partito trentino, quella del coordinamento regionale, trentino e dei presidenti di circolo. Chat che dopo il messaggio che segue sono state chiuse, con il solo amministratore — lui — che può scrivere. Ma ecco il messaggio: «Oggi è accaduto in fatto estremamente grave. Una parte del gruppo provinciale trentino ha disatteso le indicazioni del partito permettendo l’elezione di un ennesimo leghista nel momento in cui da parte del presidente della Provincia della Lega non c’è stato alcun segnale di volontà di rispettare i patti e gli accordi elettorali assunti verso Fratelli d’Italia. La decisione di votare difformemente rispetto alle indicazioni del partito — afferma Urzì — comprometterà in modo serio se non l’autorevolezza perlomeno il potere contrattuale di Fratelli d’Italia nella trattativa per la definizione del quadro della giunta provinciale, agevolando così scelte di convenienza personali che non accetteremo, come nel nostro stile». E conclude: «Il partito sta valutando i provvedimenti conseguenti».
Gerosa tenta di evitare lo strappo
Prima che si materializzasse la rottura nella votazione della presidenza, Francesca Gerosa ha giocato la carta del rinvio del punto all’ordine del giorno e la riconvocazione della seduta. Mirko Bisesti (capogruppo leghista) ha detto di non essere d’accordo con la proposta di Fdi, e di ritenere che l’Aula dell’Autonomia dovesse avere un presidente, indicando per quel ruolo Roberto Paccher, presentato tuttavia come «provvisorio», in attesa che si capisca come si comporrà la maggioranza regionale (che discende dalle maggioranza provinciali). A quel punto il Consiglio si è espresso sulla richiesta di sospensione, respingendola.
Paccher presidente, ma che fatica
Dunque si vota. La maggioranza litiga ma anche la minoranza si divide. Quella trentina esce dall’Aula, quella altoatesina rimane, con i Verdi che votano per Lucia Coppola (Europa Verde), presidente provvisoria in quanto la più anziana dell’Assemblea. Per le prime due votazioni servivano 47 voti, i due terzi dell’Aula, dalla terza la maggioranza semplice. La prima votazione ha fatto registrare 49 votanti, 33 voti per Paccher e 6 per Coppola. Si è dunque passati alla seconda votazione: 49 votanti 34 voti per Paccher e tre per Coppola. La terza votazione si è resa necessaria con i due candidati al ballottaggio, Paccher e Coppola: a quel punto Roberto Paccher è risultato eletto con 30 voti, a fronte dei 4 voti della consigliera Coppola. Più semplice l’elezione di Noggler, passato al primo turno ottenendo 44 voti con 51 consiglieri presenti.