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martedì 15 Ottobre, 2024

Cara pensione, arrivi sempre più tardi: rispetto al 1997 ci vogliono 7 anni in più

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Nel settore privato i dipendenti trentini escono dal lavoro a 63 anni. La stima Istat: «Dal 2051 si salirà a 70»

Non meno di trent’anni fa – non un’epoca fa – un dipendente trentino del settore privato andava in pensione a 56 anni. Oggi, invece, l’età media di uscita dal lavoro è di 63 anni, 7 in più rispetto al 1997. E non è finita qui. La pensione continuerà ad arrivare sempre più tardi: pochi giorni fa il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli ha spiegato che nel 2051 il requisito anagrafico salirà a 69 anni e 6 mesi per garantire la tenuta (finanziaria) del sistema previdenziale.

La pensione di vecchiaia

Il trend storico delle pensioni è disponibile sull’osservatorio statistico dell’Inps. I dati del settore privato permettono di andare indietro nel tempo fino al 1997. Allora, in Trentino, l’età media della pensione di vecchiaia – esclusa l’uscita anticipata – era di 59,3 anni: 62,4 tra gli uomini e 57,5 tra le donne.
Nei decenni successivi la curva è cresciuta progressivamente. E la forbice tra lavoratori e lavoratrici si è praticamente azzerata. Nel 2023 la media si è attestata a 67,5 anni: 67,6 tra gli uomini e 67,5 tra le donne. Oggi, infatti, per andare in pensione è richiesto un requisito anagrafico di 67 anni, oltre a un’anzianità contributiva minima di 20 anni.

La pensione anticipata

Tornando al 1997, le opzioni di pensione anticipata permettevano di uscire dal lavoro a 56,5 anni, questa l’età media in Trentino. Tra le donne (54,1) e gli uomini (55,3) c’era uno scarto di un anno. Nel 2023 l’età media è stata di 60,9 anni: 60,8 tra i lavoratori e 61,2 tra le lavoratrici.
L’incidenza dell’uscita anticipata sul totale delle pensioni liquidate annualmente è stata altalenante, oscillando comunque intorno al 70%. Nel triennio 2019-2021 Quota 100 non ha avuto un particolare appeal.
Nell’ultimo rapporto annuale dell’Inps i canali di uscita anticipata sono visti come un problema perché l’età effettiva di pensionamento è ancora «relativamente bassa» (64,2 anni in Italia) e rischia di creare «squilibri» nel sistema. Tant’è che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (Lega) sta lavorando a nuovi incentivi per convincere le persone a rimanere più a lungo sul posto di lavoro. Cioè il contrario delle battaglie portate avanti negli ultimi anni dalla Lega e in particolare dal suo segretario Matteo Salvini.

Gender pay gap pensioni

Passano gli anni ma rimane immutato il divario di genere a livello di trattamento pensionistico. In Trentino nel 1997 l’importo medio della pensione di vecchia (compresa l’uscita anticipata) si attestava a 1.105 euro. Il gap tra uomini e donne era piuttosto marcato: i lavoratori percepivano un assegno di 1.252 euro, mentre le lavoratrici di 623 euro, la metà.
Nel 2023 il divario è rimasto pressoché identico: 2.017 euro l’importo medio degli uomini e 1.071 euro quello delle donne. Complessivamente lo scorso anno è stata erogata una pensione media di 1.627 euro, circa 500 euro in più rispetto a trent’anni fa.

In pensione sempre più tardi

In futuro l’età pensionabile continuerà ad aumentare. Lo ha dichiarato la scorsa settimana il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Piano strutturato di bilancio. «Rispetto agli attuali 67 anni — ha spiegato — si passerebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2027, a 67 anni e 6 mesi dal 2029 e a 67 anni e 9 mesi a decorrere dal 2031, per arrivare a 69 e 6 mesi dal 2051». La stima tiene conto di uno scenario contrassegnato dall’invecchiamento della popolazione, dall’incremento dell’aspettativa di vita e dal calo delle nascite. Ecco allora che «l’allungamento della vita lavorativa costituisce una necessità per la sostenibilità dei sistemi previdenziali». «L’aspetto probabilmente più critico — ha aggiunto il presidente dell’Istat — sarà il rapporto decrescente nel tempo tra gli individui in età attiva (15-64 anni) e quelli in età non attiva (0-14 e 65 anni in più). Già nel 2031, infatti, la popolazione di 15-64 anni potrebbe scendere al 61,5% del totale (54,4% nel 2050), evidenziando un quadro evolutivo con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sul sistema del welfare».