Il report

mercoledì 28 Giugno, 2023

Caritas, ancora più poveri nel 2022 crescono le persone in difficoltà

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I dati forniti dall'ente parlano di 20mila persone nel Triveneto, solo in Trentino sono più di 4mila. L’utenza è cresciuta del 12,5 per cento, uomini soli e genitori fragili i più colpiti a nord-est

Sempre più poveri, sempre più bisognosi. Secondo Caritas Italiana, una parte dei nuovi poveri proviene da gruppi sociali che finora non erano fra le fasce interessate. Per quanto riguarda il nord-est, si tratta in prevalenza e quasi in egual misura di persone sole e vulnerabili e di genitori definiti «fragili». Le persone del Triveneto che hanno chiesto aiuto alla Caritas sono state nel 2022 circa 20mila. Nel solo Trentino l’anno prima erano state più di 4.000.
Partiamo dal quadro generale. Nel 2022 nel Bel Paese si è assistito ad un aumento generalizzato degli utenti del 12,5 per cento, per un totale di 255.957 persone (227.556 nel 2021) che si sono rivolte alla rete delle Caritas diocesane e parrocchiali per ricevere aiuto. Le nuove richieste assistenziali rappresentano il 45,3 per cento del totale.
Il resoconto, che solitamente viene pubblicato in ottobre, in concomitanza con la tradizionale Giornata mondiale di lotta alla povertà (quest’anno cade il giorno 17), è stato presentato ieri a Roma, presso la sede di Via Aurelia 796. «Si tratta di dati quantitativi – spiega il referente Caritas Trentino Fabio Chiari – l’analisi qualitativa seguirà in autunno, come in passato». Le ragioni per una tale anticipazione sulla pubblicazione dei dati quantitativi risiedono nella necessità di mostrare le informazioni sull’andamento delle richieste di assistenza in un tempo utile a «permettere un’analisi di approfondimento che sfrutti dati meno vecchi». L’obiettivo è quello di «fotografare i bisogni di una determinata zona e indirizzare o riorientare gli sforzi tempestivamente lì dove servono maggiormente e dove sono rimasti sopiti o inosservati».
Per capire come si sviluppano i bisogni sono stati identificati, tramite la tecnica della cluster analysis, cioè l’analisi di un insieme di soggetti con caratteristiche comuni, 5 gruppi di beneficiari. Dei veri e propri identikit dei bisognosi con tratti sociali ben definiti. Ecco chi sono. La prima categoria è rappresentata dai «vulnerabili soli», persone, spesso di sesso maschile, divorziate e quasi sempre senza figli, prevalentemente in stato di disoccupazione e con problemi abitativi. Ci sono poi le «famiglie povere» che richiedono sussidi economici e servizi materiali. Il terzo gruppo è composto dai «giovani stranieri in transito», mentre per il quarto si tratta di «genitori fragili»: in maggioranza donne con problemi abitativi, familiari, di immigrazione, di salute e ad alto disagio occupazionale. E arriviamo all’ultimo cluster, definito «poveri soli» e costituito perlopiù da uomini tra i 35 e i 65 anni di età, che risiedono in grandi città e che usufruiscono dei servizi mensa e dell’erogazione dei viveri.
Il report nazionale prende in considerazione i dati aggregati delle regioni ecclesiastiche. Al momento, possiamo restringere il campo di osservazione al Triveneto. Come anticipato, a richiedere sostegno in quest’area sono soprattutto i vulnerabili soli (38,9 per cento) e i genitori fragili (41). Tradotto, questo significa grandi difficoltà a trovare casa per le persone sole e con problemi familiari, da un lato, e un’alta percentuale di genitori bisognosi di assistenza sociale e di servizi di orientamento da parte dei soggetti del territorio. Seguono poi le famiglie povere (16,3 per cento), con redditi insufficienti a garantire una sussistenza stabile. Sono dati preoccupanti per i cittadini abituati a considerare il nord Italia come un’enclave del benessere. E non finisce qui. La vulnerabilità delle persone sole, che, come abbiamo detto, sono spesso uomini che necessitano di assistenza su più livelli, è strettamente collegata alla marginalità sociale. Sempre più poveri e sempre più soli. «È proprio a questo che servono i dati – commenta Chiari – è così che è uscita in maniera evidente la questione del working poor (povertà da lavoro, ndr)». Si tratta di lavoratori che con il proprio salario non riescono a superare la soglia di povertà: il risultato di un’inflazione che sembra inarrestabile. «Il dato supporta la realtà. Come ricorda Papa Francesco, essa è superiore all’idea» conclude Chiari. Attendiamo ora dalla Caritas l’analisi qualitativa.