La leggenda
sabato 12 Ottobre, 2024
di Nicolò Bortolotti
È Carl Lewis, cos’altro serve aggiungere? Il figlio del vento, eroe generazionale, un mito capace di cavalcare l’onda del tempo, di correre più veloce di chiunque altro al mondo e di saltare più in là dei sogni è arrivato al Festival dello Sport. Difficile pensare ad uno sportivo più grande di lui e forse quel titolo dall’alto effetto, «Nati per vincere», è stato pensato una volta ottenuta la certezza della sua presenza.
In un Auditorium Santa Chiara riempito in ogni ordine di posto, con un’inaspettata presenza di numerosi giovani in platea, il super campione dell’atletica leggera si è raccontato al pubblico con aneddoti e curiosità lontane da ogni minima immaginazione. In avvio, un video a racchiudere le sue imprese, poi un lungo, lunghissimo applauso ad accoglierlo sul palco, dove pochi istanti dopo, lo stesso Lewis, ha cominciato ad intrattenere la platea con la semplicità, la simpatia e la classica e genuina irriverenza americana di chi ha saputo toccare il cielo con un dito, restando impresso nella storia e nell’olimpo dello sport per l’eternità. Che si potesse trattare di un evento incredibile c’erano pochi dubbi fin dall’inizio, ma così a tal punto era difficile auspicarlo.
Tanto gli argomenti trattati, partendo inevitabilmente dai Giochi Olimpici di Los Angeles nel 1984: sono le prime Olimpiadi per Carl Lewis, dopo il boicottaggio di quattro anni prima ai danni degli States che lo vide assente, e lo spettacolo fu subito senza eguali. Quattro medaglie d’oro nella sua America: 100 e 200 metri, staffetta 4×100 e salto in lungo. Un portento di forza ed eleganza rimasta negli annali, un idolo che lo ha ispirato come Jesse Owens, altro campionissimo dell’atletica leggera, ed un amore per il salto in lungo che va oltre ogni altra disciplina: «Per me, saltare è un po’ come volare. È la specialità che ho provato per prima e quella che mi è entrata nel cuore».
Risponde alle domande sempre in maniera ineccepibile, mai banale, spiegando con gesti visivi ciò che vuole esprimere. Uomo concreto, uomo d’altri tempi con valori che al giorno d’oggi si rischiano di perdere. Non manca il messaggio dell’amico, nonché rivale Mike Powell: lo scorso anno, c’era lui sul palco del Festival. Poi ancora, la medaglia d’oro di Atlanta sempre nel salto in lungo: sofferta, ma quantomai gloriosa come tutta la sua carriera a decretare l’ultima danza, la fine di un’epoca fatta di successi e trionfi. Infine, non si sottrae nemmeno al giochino delle foto, con domande ed allusioni anche a tema politico: ha parole dolci sia per Usain Bolt che per Taylor Swift. Grande apprezzamento per la candidata Kamala Harris («Farà la storia, ce la faremo», ha detto ed un briciolo di emozione quando vede la foto di Martin Luther King, facendo scoppiare un fragoroso applauso. Non prova lo stesso sentimento quando appare l’immagine di Donald Trump: strappa la foto che gli è stata porta dall’organizzazione: «Così va meglio». Si arriva ai saluti e si presta ad un siparietto in italiano, dove dice: «Siete un pubblico meraviglioso». La chiosa finale è l’ennesima ovazione per un campione senza tempo.