La fisarmonica verde
martedì 8 Agosto, 2023
di Andrea Satta *
Dal campo di concentramento tedesco di Lengenfeld a Roma in bicicletta in venti tappe attraverso Germania, Austria e Italia sulle orme del padre Gavino e nel ricordo dei 650.000 soldati italiani deportati dopo l’8 settembre 1943. È il viaggio di Andrea Satta, cantante del gruppo musicale dei Têtes de Bois, insieme al figlio Lao e ai suoi musicisti, per ricordare l’epopea degli internati militari italiani (Imi). Il T quotidiano ha seguito giorno per giorno il viaggio attraverso un diario scritto da Satta. Questa è l’ultima puntata.
Caro Raniero, hai fatto una cosa bellissima. Abbiamo allestito una azione artistica e poetica sincera, dando fondo ognuno al proprio corpo, alcuni spremendosi in bicicletta e poi in scena, dando il massimo anche fisicamente, nello sforzo e nella stanchezza. Un po’ era necessario. Non potevamo fare il maquillage del dolore, non potevano non provare un po’ di disagio parlando del
martirio del deportati nei lager. Io sono un po’ stanco e sono felice di esserlo, è così che mi sento più vicino al dolore senza riparo che hanno dovuto sopportare i nostri padri e qualche volta quel dolore immenso, pur resistendo fino allo stremo, non è bastato a tenerli in vita.
Ma Raniero tu sei il tecnico migliore del mondo, sei un artista, un poeta ad alto voltaggio, uno che connette i cavi tra le parole che ascolta fra i gesti che vede e che intuisce la scena prima che si compia, che pensa la luce giusta anche se ha solo una lampadina domestica a disposizione. Ora che sono quasi trent’anni che ce ne andiamo insieme su tutti i palchi anche, laddove palchi non c’è n’è sono, inventandoli e portando li’ la nostra arte, devo dirti che tu non sei un tecnico come gli altri, bestemmi molto di più’ degli altri, minacci temporali prima di ogni serata, ma conosci la rima del verso che segue, e così sai fare ogni sera. Ieri al casale di Franco Lorenzoni in Umbria hai avuto bisogno del taumaturgo francese che era li per tenere un corso sul benessere per stare in piedi, ma il benessere quello che resta tu ce la hai dentro, c’è l’hai così tanto chiara questa cosa che il mondo che ti gira intorno ti riguarda poco, tanto si muove su altre rotte. Ma noi, Raniero mio, non siamo migliori rispetto al mondo, però il mondo lo possiamo migliorare. Non dobbiamo aver paura di pensarlo. Se c’è una cosa che vorrei ci restasse di questo viaggio incredibile è il male che è stato fatto agli indifesi, ma solo conoscendo il male possibile, si può amare la vita. Ti voglio bene, non hai potuto pedalare neanche per un metro, ma sei un grande anche con due menischi fuori uso.
Penultima tappa da Vallerano a Roma, una ottantina di chilometri verso la capitale fra le colline della
Tuscia, qui ci inventammo una ventina di anni fa La Ferrovia dell’Allume, non ho spazio qui per raccontarvene e si che anche quella fu una avventura surreale, allucinatoria di suo e senza preparati farmacologici. Al Grande Raccordo Anulare, al Gra, che si chiama così perché lo ha disegnato l’ingegner Gra e non per l’acronimo, come si potrebbe legittimamente ritenere, c’è una staffetta che ci aspetta per condurci, attraverso il centro storico di Roma, a San Lorenzo in piazza de Verano per l’ultima Fisarmonica Verde, atto finale di questa storia che nella nostra testa non finirà mai. Abbiamo attraversato Piazza del Popolo, Via del Corso, Piazza Venezia, Via dei Fori Imperiali, siamo passati davanti Colosseo, tutti passaggi proibiti e concessi a noi in bicicletta con alle spalle in 1600 chilometri da Dresda. Grazie all’Assessore alla Cultura del Secondo Municipio di Roma Fabrizio Rufo e all’Assessore alla Cultura della Capitale, Miguel Gotor.
Un viaggio d’amore, amore per i disperati, per i torturati, per gli impiccati, per i bruciati vivi, per gli sparati in bocca, per i suicidi che non hanno voluto far nomi, per chi sperava di tornare a casa, per chi amava la vita e gliel’hanno portata via. A tutti quelli che alzano teso il braccio inneggiando al nazifascismo come ad una fede onorevole, voglio dire andatevi a leggere cosa è successo in quegli anni, fatevi un viaggio in bicicletta da Lengefeld a Roma, raccogliete le lacrime di quel sindaco tedesco, passate per Dachau, per il muro del lager di Bolzano, parlate con l’avvocato che fece condannare Seifert, il boia di quel campo, passeggiate per Fossoli, leggetevi i nomi e le date di nascita e di morte dei trentamila ragazzi nazisti seppelliti al Passo della Futa, fermatevi davanti alla lapide dei cinque renitenti alla leva fucilati con divertimento da Maggiore Carità all’entrata dello stadio della Fiorentina, date uno sguardo a Villa Triste dove il Fanciullaci si gettò di sotto per non rivelare i nomi dei suoi compagni partigiani, torturato allo sfinimento, chiedetevi perché sono stati massacrati decine di ragazzi nella strage di San Pancrazio, vicino ad Arezzo, o a Vallarano vicino a Viterbo, dove un prigioniero lo impiccarono facendolo salire e scendere con la corda perché rivelasse i nomi dei suoi compagni di lotta. Ecco, ora, se ce la fate, alzate il braccio destro e gridate omaggi a Hitler, ma fatelo guardando negli occhi il vostro bambino se ne avete, uno, cosa bellissima avere un bambino e che vi auguro, alzate il braccio teso, guardandolo nei suoi occhi innamorati di voi.
Noi abbiamo attraversato la campagna bavarese che sa di latte e foraggio, di conifere e villaggi curati, ci siamo ristorati alla freschezza di quei ruscelli, con i panorami dopo le salite e le discese con il vento in faccia e le bellissime città attraversate, onorati di essere ricevuti da sindaci e assessori in fascia tricolore come fossimo una cometa d’estate, una stella cadente da accogliere e da far ripartire verso la tappa successiva. Ci siamo appassionati, e devo dirvi commossi, alle storie che tanti hanno voluto raccontare personalmente chiamandomi per nome, con la fiducia di chi finalmente pensa “stasera lo posso dire e te lo voglio dire”.
Impossibile dimenticare il bene, impossibile dimenticare il male. Nessuna nostalgia del passato, Raniero. Tutto il male che abbiamo attraversato in questi giorni è avvenuto nel passato. Tutto il bene è stata la bellezza di questo viaggio. Grazie, per essere salito a bordo tanti anni fa e grazie remare ancora oggi come allora.
E ora protesta, minaccia temporali, non è da questo che si giudica un fonico, ma dal pensare che c’è arte infinita che c’è anche nel posizionare un monitor sul palco per la serata che si sta per fare. Le magie nascono così.
* Cantante Têtes de Bois